martedì 13 novembre 2012

L'aiuto del Papa ai profughi siriani nel racconto dell'inviato in Libano il cardinale Sarah

L'aiuto del Papa ai profughi siriani nel racconto dell'inviato in Libano il cardinale Sarah 

E’ particolarmente colpito l’inviato del Papa in Libano, il cardinale Robert Sarah, per gli incontri avuti con le popolazioni siriane fuggite dal conflitto ed i responsabili della Chiesa locale. Nella sede della Caritas di Beirut, il presidente di Cor Unum ha anche coordinato l'incontro con circa 20 agenzie caritative cattoliche operanti in Libano, Siria, Giordania, Turchia e Iraq. Nel corso della riunione sono stati valutati i progetti che saranno finanziati con la donazione di un milione di dollari che Benedetto XVI ha destinato alle martoriate popolazioni siriane. Roberto Piermarini ha chiesto al cardinale Sarah - appena rientrato in Vaticano - come è stata accolta l’iniziativa del Papa dalle autorità religiose e civili che ha incontrato in Libano  

R. - Molto bene, molto bene. Ho incontrato il presidente della Repubblica libanese, che è stato molto contento di questa iniziativa del Santo Padre e che in questa iniziativa ha visto la continuazione della sua visita in Libano. Anche la Chiesa locale è rimasta molto toccata da questa missione voluta dal Santo Padre per studiare sul posto quello che possiamo fare per aiutare la popolazione della Siria che si trova in Libano in condizioni umane e sanitarie molto difficili.

D. - Eminenza, cosa l’ha impressionata di più nel suo incontro con i profughi siriani in Libano?

R. - Ciò che è molto toccante è che i campi sono senza acqua, senza luce, senza misure igieniche e la popolazione siriana presente è composta in gran parte da donne e bambini. Mi ha toccato veramente molto vedere una donna con un bambino nato quattro mesi fa, che mi ha detto “Prendetelo, prendetelo!”, solo per riuscire a salvarlo da questa situazione: vedere una donna, insieme al suo bambino, piangere è una cosa veramente tremenda! C’è stata poi un’altra donna, musulmana, tutta velata, che ci chiede un aiuto e quando lo riceve, piange: allora le abbiamo chiesto perché stesse piangendo e lei ci ha risposto: “Voi mi avete trattato come un essere umano; ho ritrovato così la mia dignità, quella dignità che non ho mai trovato nella mia comunità religiosa”. Il fatto che anche i musulmani siano toccati dal modo in cui la Chiesa tratta ogni essere umano che si trova nel bisogno.

D. - Queste persone di che cosa hanno concretamente bisogno oggi?

R. - Hanno bisogno soprattutto di cibo, di medicine, di acqua, di elettricità, perché quando fa buio non si vede niente. Tra poco sarà inverno e quindi hanno bisogno anche di vestiti e di riscaldamento: comunque hanno bisogno soprattutto di cibo, di medicine, di acqua e di vestiti. Abbiamo cercato con la Caritas Libano, almeno per i primi momenti, di dare qualcosa che possa essere utile per loro.

D. - Eminenza, lei ha quindi incontrato questi profughi siriani: temono una deriva integralista islamica nel loro Paese?

R. - I cristiani temono molto questa possibilità e proprio per questo preferiscono non registrarsi nei campi: preferiscono andare nelle famiglie o nella parrocchia. Alcuni mi hanno anche raccontato di essere stati maltrattati. Non sono soltanto i rifugiati ad avere paura: anche la Chiesa teme che fra poco non ci sarà più un cristiano nella regione.

D. - Un milione di dollari offerto dal Papa, che le ha consegnato prima di partire. Come è stato distribuito tra le varie agenzie caritative cattoliche della regione?

R. – E’ una piccola goccia, quando si vede la necessità. Però è stato un dono veramente apprezzato dalla popolazione. Abbiamo dato la priorità alla Siria perché all’interno del Paese sono più di due milioni le persone sfollate. Per la Siria abbiamo dato 700mila dollari e per le altre Caritas – Turchia, Libano, Giordania e Iraq – i restanti 300mila. Chiedendo anche a tante organizzazioni caritative della Chiesa di pensare di aumentare la loro generosità perché sappiamo che la guerra può provocare altri profughi e dunque ci sarà maggior bisogno di aiuto. Cerchiamo anche di raccogliere fondi, perché questa riunione che abbiamo fatto il 9 novembre è stata fatta per coordinare i nostri aiuti. Speriamo che arrivino altre donazioni per affrontare la possibilità dell’aumento del numero dei rifugiati, se la guerra continua così.

D. – Anche perché il conflitto non sembra risolversi in tempi brevi?

R. – Non sembra, non sembra, perché sia il governo che i ribelli sono determinati a vincere; ciascuno vuole vincere e, così, non si ferma la guerra. Speriamo che la comunità internazionale possa intervenire per discutere e portare la pace in questo Paese.

D. – Lei crede che questa unificazione dell’opposizione possa aiutare a trovare una risoluzione al conflitto?

R. – Ciò che posso dire è che, almeno, abbiamo una struttura con cui discutere, perché prima non si sapeva con chi sedersi e parlare. Però io non so rispondere se questa struttura sarà un evento positivo per portare la pace. Speriamo. Preghiano che il Signore dia più saggezza a queste persone che credono nella soluzione della guerra. Che il Signore possa far capire che solo nel dialogo e nella riconciliazione si può trovare più tranquillità, più pace, e soprattutto sollevare dalla sofferenza il popolo siriano.

D. – Annunciando la sua missione in Libano, il Papa ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinché faccia tutto il possibile per la Siria perché un giorno, ha detto, “potrebbe essere troppo tardi”. Crede che siamo ancora in tempo per mettere fine a questo sanguinoso conflitto?

R. – Io penso che se la Comunità internazionale ascolta la voce del Santo Padre e decide di sedersi per discutere, possiamo trovare una soluzione, però bisogna ascoltare la voce del Santo Padre, che cerca veramente di fermare le violenze e portare la pace in Siria. Questo vuol dire che non soltanto i siriani, ma la comunità internazionale è decisa ad aiutare questo popolo a trovare la pace nell’incontro, nella discussione, nel dialogo. Noi cristiani dobbiamo pregare, perché il Signore ha detto: senza di me non potrete fare niente. Non dobbiamo escludere Dio nella negoziazione e per questo la voce del Santo Padre, il richiamo quotidiano a pregare per la Siria, mi sembra una voce importante, non soltanto per questa situazione in Siria. Sappiamo che tanti conflitti nel mondo stanno portando sofferenza e morte a tante popolazioni. Io credo che la voce del Santo Padre sia ascoltata e, così, questa nuova struttura dell’opposizione potrà essere un momento di dialogo, con l’aiuto della comunità internazionale.

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