mercoledì 14 novembre 2012

Anche la Chiesa ha un suo sistema immunitario. Il tema del «consenso dei fedeli» negli scritti di John Henry Newman (Hermann Geissler)

Il tema del «consenso dei fedeli» negli scritti di John Henry Newman

Anche la Chiesa ha un suo sistema immunitario


Anticipiamo alcuni stralci di un articolo pubblicato nel numero in uscita della rivista «Vita e Pensiero».


di Hermann Geissler


Tra gli scritti del beato John Henry Newman (1801-1890) lo studio Sulla consultazione dei fedeli in materia di dottrina, pubblicato anche in italiano nel 1991 con una lunga Introduzione di John Coulson, ha suscitato, fin dalla sua pubblicazione -- nel 1859 su «The Rambler», un'importante rivista per i cattolici colti dell'Inghilterra di allora -- aspri dibattiti. Anche se nessuno era in grado di respingere le argomentazioni di Newman, furono presto sollevate obiezioni assai gravi. Il professor Gillow lo accusò persino di aver negato la dottrina dell'infallibilità della Chiesa. Per alcuni anni un'ombra di sfiducia circondò la persona di Newman che, dal canto suo, non pubblicò alcuno scritto. Solo nel 1864, quando nell'Apologia pro vita sua cominciò a illustrare lo sviluppo del suo pensiero e il suo cammino verso la Chiesa cattolica, le accuse nei suoi confronti si rivelarono senza alcun fondamento. Newman fu un precursore dei tempi successivi. I suoi pensieri -- anche sulla missione dei fedeli laici nella Chiesa -- furono pienamente accolti cento anni dopo. La tradizione si manifesta diversamente a seconda dei tempi, scrive Newman, «talvolta per bocca dell'episcopato, altre volte attraverso i dottori, altre ancora attraverso il popolo, le liturgie, i riti, le cerimonie, le dispute e tutti quegli eventi che vanno sotto il nome di storia».

Da questo fatto Newman conclude «che nessuno dei canali di quella tradizione può essere trascurato», aggiungendo però subito «che il dono di discernere, di discriminare, di definire e di promulgare una parte della tradizione risiede soltanto nella Ecclesia docens».
La tradizione della Chiesa, infatti, non è da intendere come trasmissione meccanica dei contenuti della fede, ma come processo vitale.
Tale processo è oggettivamente verificabile attraverso le testimonianze storiche. Ma la tradizione ha anche un significato soggettivo: tutti i membri della Chiesa in forza dello Spirito Santo ne sono portatori. Quando parla di «consultazione dei fedeli» non intende quindi dire che i vescovi dovrebbero chiedere il consiglio dei fedeli laici prima di poter intervenire autorevolmente in una materia di dottrina. «Consultare» può significare anche, specialmente nell'inglese parlato, verificare un dato di fatto. «Si prende, ad esempio, l'espressione “consultare un barometro” in materia di tempo atmosferico: un barometro attesta semplicemente una situazione di fatto».
Solo in questo senso Newman intende parlare di consultazione dei fedeli: «Non c'è dubbio che in questo caso non si chiedevano loro consigli, opinioni e giudizi, ma si voleva soltanto accertare una situazione di fatto, si faceva cioè ricorso alle loro credenze come a una testimonianza di quella tradizione apostolica sulla quale soltanto si può fondare qualunque definizione dottrinale».
Ma il consenso dei fedeli è più di una testimonianza per la tradizione apostolica. Con Johann Adam Möhler, grande teologo di Tubinga, Newman lo descrive anche come «una specie d'istinto» nel seno del corpo mistico di Cristo, che è frutto della comunione dei fedeli con Dio e forma per così dire la «coscienza della Chiesa» e conduce i fedeli ad abbracciare la vera dottrina.
Una particolare importanza riveste per Newman la funzione del consensus fidelium quale sistema immunitario della Chiesa: «Deponi un ramo sul letto di un fiume e saprai subito la direzione della corrente e la sua velocità; getta una pagliuzza in aria e saprai all'istante dove soffia il vento; confronta i tuoi principi ereticali o cattolici con la prassi della moltitudine e saprai subito se essa è imbevuta di verità cattoliche o di falsità ereticali».
Al fine di illustrare la rilevanza della dottrina sul consenso dei fedeli, Newman tratta poi ampiamente del tempo degli ariani. Quel periodo del iv secolo è stata «un'epoca di grandi dottori, quali i santi Atanasio, Ilario, i due Gregori, Basilio, Crisostomo, Ambrogio, Gerolamo, Agostino», ma «in quel tempo di grande confusione teologica il dogma della divinità di Nostro Signore fu proclamato, difeso e preservato, umanamente parlando, anche con maggior forza dalla Ecclesia docta che non dalla Ecclesia docens». Per Newman è di grande rilevanza la convinzione che la Chiesa, oltre alla sua struttura giuridica, sia anche intesa come il corpo di Cristo nel quale tutti i membri hanno un posto insostituibile. Così come criticò, nel XIX secolo, la riduzione della Chiesa alla sua struttura istituzionale, oggi probabilmente noterebbe con tristezza la tendenza che mira, in certi ambienti, a negare le differenze tra fedeli laici e ministri sacri. Come ai suoi tempi fece presente che non si valorizzava il consenso dei fedeli, ai nostri giorni ribadirebbe forse che alcuni nella Chiesa hanno dimenticato che la decisione in questioni di fede e di costumi spetta soltanto alla gerarchia.
La testimonianza della fede vissuta è quasi l'eco dei predicatori e costituisce un sostegno prezioso e una fonte di ispirazione per la gerarchia. In questo contesto Newman parla più volte della conspiratio pastorum et fidelium, che non deve significare soltanto una collaborazione tra pastori e fedeli laici, ma anche un mutuo incoraggiarsi e ispirarsi. Le iniziative dei fedeli, che rivendicano dai pastori e dalla Santa Sede modifiche nella dottrina o nella disciplina della Chiesa oppure minacciano atti di disobbedienza, non hanno nulla a che fare con l'autentico senso di fede del popolo di Dio, ma sono espressione di un malinteso politico o di una visione mondana della Chiesa, che può condurre soltanto alla delusione e alla confusione.
In una lettera, Newman parla dei problemi che sorgono «quando un numero di piccoli “papi”, spesso laici, si alza, predicando contro i vescovi e i sacerdoti, elevando le proprie idee a verità di fede, spaventando la gente pia e semplice e allontanando coloro che sono in ricerca». Ricorda la storia del iv secolo nel quale vissero grandi figure di vescovi e dottori, ma anche molti pastori che, in quanto vittime dell'eresia, del compromesso o dell'inerzia, non compirono la loro missione. Forse, il iv secolo può insegnarci che la collaborazione e il mutuo sostegno tra vescovi coraggiosi e laici impegnati sono di grande importanza per la trasmissione della fede alle giovani generazioni.
In questo senso, la Chiesa oggi ha bisogno più che mai di pastori che proclamino e difendano la fede senza paura: confessori che sulla scia di un Atanasio, un Ilario o un Agostino siano capaci di orientare e di entusiasmare i fedeli.
Il consenso dei fedeli (consensus fidelium) può essere compreso come frutto e manifestazione convergente del senso dei fedeli (sensus fidelium), un dono di Dio che abilita chi è profondamente unito alla Chiesa e guidato dal suo Magistero ad aderire alla Verità e ad applicarla nella vita quotidiana. Con Möhler, Newman definisce il sensus fidelium come sentimento comune o coscienza della Chiesa. Come la coscienza del singolo può distinguere spontaneamente tra bene e male, così la coscienza della Chiesa aiuta il popolo di Dio ad abbracciare quasi istintivamente la verità, respingendo l'errore. Al fine di giungere a questo discernimento istintivo, suscitato dallo Spirito, tra verità ed errore, la coscienza della Chiesa deve essere retta: deve includere il consenso dei fedeli, dal Papa ai semplici laici, di tutto il mondo, la continuità con la tradizione ecclesiale dei secoli, l'accordo con la Chiesa del cielo, con i grandi santi, i martiri e i confessori, i pastori e i dottori, i fedeli noti e ignoti che hanno conservato integra la fede apostolica fino alla fine. Come la coscienza del singolo deve essere formata, anche la coscienza ecclesiale del popolo di Dio ha bisogno di un'educazione permanente: attraverso i pastori, che trasmettono ai fedeli la verità in tutta la sua integrità e bellezza, i fedeli ascoltano la voce del Maestro e vengono introdotti alla gioia della fede che conferisce al cristianesimo la sua bellezza e forza attraente. Uno dei grandi compiti, oggi, consiste nell'impegno di affinare questa coscienza ecclesiale nei fedeli. Con Newman, possiamo ribadire, infatti, che la Chiesa può compiere la sua missione nel mondo contemporaneo soltanto se i laici sono maturi nella fede, se hanno una coscienza ecclesiale non deformata dallo spirito del mondo. Il timore di Newman che i cristiani non sufficientemente istruiti nella fede finiscano o nell'indifferenza o nella superstizione si è purtroppo dimostrato vero.

(©L'Osservatore Romano 14 novembre 2012)

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