mercoledì 17 ottobre 2012

Un solo atto di culto. Il Concilio Vaticano II raccomanda solo quattro riti all'interno della celebrazione eucaristica (Miralles)

Il concilio Vaticano II raccomanda solo quattro riti all'interno della celebrazione eucaristica

Un solo atto di culto


di Antonio Miralles


Il concilio Vaticano II, nella costituzione sulla sacra liturgia, raccomanda l'integrazione nella messa, in circostanze speciali, di quattro riti aventi in se stessi una compiutezza celebrativa: battesimo degli adulti, confermazione, matrimonio e professione religiosa.

Altri riti, che si collocavano entro la prima parte della celebrazione, erano già integrati nella messa: le ordinazioni dei sacri ministri, le benedizioni dell'abate e della badessa e la benedizione e consacrazione delle vergini.
Come giustificare tale integrazione, che a prima vista sembrerebbe disarticolare la liturgia della Parola e intralciarne il collegamento con la liturgia eucaristica, danneggiando l'unità della messa?
Lo stesso concilio enuncia un principio dottrinale che costituisce uno dei capisaldi della sua opera di promozione del rinnovamento liturgico: «Le due parti che costituiscono in certo modo la messa, cioè la liturgia della Parola e la liturgia eucaristica, sono congiunte tra di loro così strettamente da formare un solo atto di culto» (Sacrosanctum concilium, n. 56). In poche parole: la messa è indivisibile.
La celebrazione entro la messa dei sacramenti del battesimo, della cresima e dell'ordine è ben giustificata, perché sono specificamente ordinati alla partecipazione all'Eucaristia. Nel caso del sacramento dell'ordine, la celebrazione entro la messa è perfino obbligata, perché l'Eucaristia «è la principale e centrale ragion d'essere del Sacramento del sacerdozio, nato effettivamente nel momento dell'istituzione dell'Eucaristia e insieme con essa» (Dominicae cenae, n. 2). La varietà di circostanze in cui può avvenire la celebrazione del battesimo o della confermazione è talmente estesa da consigliarne non di rado la celebrazione fuori della messa, ma spesso non è così e, invece, è opportuna la celebrazione insieme per la dinamica intrinseca dell'iniziazione cristiana.
Il concilio includeva nella sua raccomandazione anche il matrimonio, ma non spiegava perché. Comunque lo si può capire dalle parole del beato Giovanni Paolo II: «L'Eucaristia è la fonte stessa del matrimonio cristiano. Il Sacrificio eucaristico, infatti, ripresenta l'alleanza di amore di Cristo con la Chiesa, in quanto sigillata con il sangue della sua Croce (cfr. Gv 19, 34). È in questo sacrificio della Nuova ed Eterna Alleanza che i coniugi cristiani trovano la radice dalla quale scaturisce, è interiormente plasmata e continuamente vivificata la loro alleanza coniugale» (Familiaris consortio, n. 57).
La benedizione dell'abate e della badessa e la benedizione e consacrazione delle vergini hanno una secolare tradizione di celebrazione entro la messa. Il loro rapporto col sacrificio eucaristico non è così stretto come quello dei tre sacramenti consacratori, tuttavia si può ragionevolmente affermare che la tradizione ne ha tratto ispirazione.
Il concilio volle estendere questa prassi anche alla professione religiosa, seguendo la prassi liturgica sui riti consacratori delle persone. In seguito, nella riforma dei libri liturgici, concretamente nel De benedictionibus del 1984, si è prevista la possibilità di inserire la benedizione dei missionari entro la celebrazione della messa con un rito in qualche modo analogo.
Il concilio non fece riferimento ad altri riti entro la messa, sebbene alcuni fossero uniti a essa, come la dedicazione della chiesa e la sua semplice benedizione, ma non vi erano integrati. Infatti la messa era celebrata alla fine della dedicazione o della benedizione.
Invece entro la Missa Chrismatis, il giovedì della Settimana santa, aveva luogo la benedizione dell'olio degli infermi, alla fine del Canone, e la benedizione dell'olio dei catecumeni e la confezione del crisma, dopo la Comunione; questa era una prassi plurisecolare. Dopo la riforma liturgica promossa dal concilio, non è cambiata la collocazione di questi riti, tuttavia si è data la possibilità di collocare l'insieme di questi riti di benedizione alla fine della liturgia della Parola.
Da tutto ciò emerge chiaramente quanto i padri conciliari bene avessero in mente l'unità della messa. Le loro raccomandazioni erano molto delimitate e si muovevano entro la logica della tradizione liturgica plurisecolare. Non costituivano un invito a introdurre molti riti entro la messa.

(©L'Osservatore Romano 17 ottobre 2012)

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