lunedì 15 ottobre 2012

Sinodo, i greco-cattolici dell'Ucraina sperano in una visita del Papa e nell'apertura della Cei ai preti sposati. Card. Dolan: non abbiamo paura di riconoscere gli errori (Izzo)

SINODO: SEVCUK, SPERIAMO VISITA PAPA E APERTURA CEI PRETI SPOSATI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 15 ott. 


I greco-cattolici dell'Ucraina sperano con tutto il cuore in una visita di Benedetto XVI e in una apertura degli episcopati italiano, spagnolo e portoghese verso il proprio clero sposato - ad oggi impedito a prestare assistenza religiosa agli immigrati ucraini in questi paesi di antica tradizione cristiana. 
Lo afferma l'arcivescovo maggiore di Kiev, Svjatoslav Sevcuk, che ha incontrato i giornalisti in una pausa dei lavori del Sinodo
La comunita' uniate, che secondo la tradizione orientale consente i preti sposati, nel paese ex sovietico e' quella con il maggior numero di fedeli e a livello mondiale il rito piu' numeroso nella Chiesa Cattolica dopo quello latino.
"In Italia - sottolinea l'arcivescovo maggiore di Kiev - i nostri immigrati che arrivano per cercare lavoro sono gente onesta che avrebbe bisogno di un aiuto anche spirituale per restarlo. Si tratta di 500mila fedeli, ma i vostri vescovi non capiscono il dinamismo della Chiesa Ucraina e delle sue famiglie sacerdotali (da noi il 90 per cento del clero e' sposato) e cosi' ci propongono una assimilazione al rito latino attraverso le cappellanie etniche, mentre la presenza dei greco-cattolici ucraini rappresenterebbe una forza da mettere in campo per la Nuova Evangelizzazione: pensate solo alle migliaia di badanti ucraine che testimoniano la fede in modo spesso edificante accanto ai vostri anziani". In Italia, segnala Sevcuk, "vengono ritenuti non ancora maturi i tempi per un ordinariato orientale nel vostro Paese, mentre negli Stati Uniti e in Canada esistono queste diocesi non territoriali e la presenza dei sacerdoti sposati viene recepita con tranquillita'". "Personalmente - confida il capo dei greco cattolici ucraini, che ha appena 42 anni - mi sento in dovere di rispettare la sensibilita' delle chiese locali, perche' solo se si comincia con il rispetto reciproco puo' essere avviato il dialogo. Ma spero che con il tempo - scandisce - ci sara' consentito di vivere in pienezza la nostra tradizione anche qui da voi".
"La vocazione sacerdotale - ricorda sua beatitudine Sevcuk ai cronisti - e' un dono di Dio, ed e' il Signore poi che da' un segno riguardo allo stato in cui vivra' chi e' chiamato: ad alcuni da' la vocazione al celibato, ad altri alla vita familiare e c'e' una bella tradizioni di sacerdoti figli di preti sposati, coniugati felicemente con le figlie di altri confratelli: prima della guerra anzi i futuri preti si sposavano con le figlie dei sacerdoti; oggi e' diverso ed e' per questo molto importante una formazione rivolta anche alle mogli dei preti". Per l'arcivescovo di Kiev, "la famiglia sacerdotale e' un veicolo dei valori cristiani, e quella del prete sposato e' una missione grandissima, alla quale la moglie e i figli sono chiamati a cooperare, comportandosi ad esempio sempre da cristiani esemplari". In proposito, il capo della Chiesa Ucraina cita il martirio affrontato insieme da sacerdoti sposati e dai loro familiari durante gli anni della persecuzione staliniana: "insieme - scandisce - avevano accettato di essere esiliati in Siberia, per non tradire la fedelta' alla Chiesa Cattolica". 

Oggi, aggiunge, "la crisi familiare tocca ovviamente anche alcune coppie sacerdotali, in questi casi se si arriva alla separazione e al divorzio si fa un discernimento per capire se il sacerdote possa continuare o no il suo ministero. E' un momento drammatico ma non abbiamo una casistica prestabilita perche' la vita di una famiglia e' un mondo complicato. Ad esempio negli anni '90 colpiva il dato che le prime donne ucraine a venire in Italia per inviare denaro alle famiglie erano le mogli dei preti: questo ci ha fatto riflettere sulla necessita' di un sostegno al ministero nelle comunita' piu' piccole e povere".
Anche se di fatto ancora oggi in molti paesi il prete orientale sposato non e' ben visto dalle comunita' latine, al contrario, rivela il presule, "nella nostra Chiesa il celibato sacerdotale e' molto stimato e inoltre molti preti celibi scelgono la vita consacrata nella tradizione del monachesimo orientale; tanto che in Austria proprio i sacerdoti uxorati di rito uniate giunti nel Paese a seguito degli immigrati hanno scritto una lettera a sostegno di questa santa istituzione che veniva contestata da una parte dei sacerdoti locali". Secondo monsignor Sevcuk, il cattolicesimo orientale, con tutte le sue specificita', rappresenta davvero un ponte verso le altre Chiese e puo' fare molto per il dialogo ecumenico: "in Ucraina - racconta - oltre al Patriarcato Ortodosso Russo sono state create due chiese autocefale che pur essendo molto rappresentative per il numero dei fedeli e rappresentando di fatto una attuazione della tradizione delle chiese ortodosse nazionali, non hanno hanno relazioni istituzionali se non con noi: questi contatti vengono visti dagli ortodossi russi come una minaccia contro di loro, ma noi non vogliamo fare male a nessuno, solo essere un po' cristiani con tutti". Per l'arcivescovo maggiore di Kiev, del resto, "un grosso impedimento al cammino verso l'unita' dei cristiani e' rappresentato proprio dalla strumentalizzazione delle chiese da parte del potere politico, e oggi il confronto diventa geo-politico nel caso di chiese che abbiano il loro riferimento gerarchico all'esterno del Paese".
Tutto questo, rileva l'arcivescovo maggiore di Kiev e capo del rito ucraino, "rappresenta una situazione delicata in vista di una possibile visita in Ucraina di Benedetto XVI a dodici anni da quella storica compiuta da Giovanni Paolo II. Ma noi ugualmente - assicura - pensiamo che sia possibile e aspettiamo il Papa nel nostro Paese". Il prezzo pagato nel 2001 fu il rinvio dell'istituzione del Patriarcato Greco-cattolico che spaventa gli ortodossi russi, e sua beatitudine Sevcuk e' disposto a aspettare ancora per questo riconoscimento: "di fatto - osserva - abbiamo tutti i diritti delle chiese sui iuris, manca solo il titolo di patriarca e siamo coscienti che un eventuale riconoscimento avrebbe una dimensione ecumenica". "Non dobbiamo lottare - dice - per i titoli". Secondo il capo degli uniati dell'Ucraina, infine, sarebbe possibile in futuro un Papa proveniente dai greco-cattolici, "perche' la Chiesa Cattolica non e' solo latino-romana ed il fatto che esistano varie comunita' sui iuris e' un segno della cattolicita' della Chiesa", e la spiritualita' orientale ha molto da dire anche in Occidente ad esempio stimolando un rilancio della direzione spirituale della quale il monachesimo orientale e' custode. 


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SINODO: CARDINALE DOLAN, NON ABBIAMO PAURA DI RICONOSCERE ERRORI

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 15 ott. 

"Come facciamo a difendere la Chiesa con storie come quella di Alessandro VI che aveva un'amante?". 
A questa domanda, durante un dibattito televisivo, il presidente dei vescovi Usa, cardinale Timothy Dolan ha ribattuto: "Quel Papa non aveva una sola amante, ne aveva molte. 
La Chiesa non ha paura di riconoscere i propri errori". L'episodio e' stato raccontato dallo stesso porporato nel briefing tenuto oggi per i giornalisti di lingua inglese che seguono i lavori del Sinodo
"La nuova evangelizzazione ha a che fare con il rinnovamento spirituale e la conversione dei cuori", ha spiegato Dolan insistendo sul fatto che "essere umili non e' solo una strategia pastorale, ma il giusto atteggiamento".
In proposito, Dolan ha ricordato il 'mea culpa' per gli abusi sessuali dei preti sui bambini pronunciato in Irlanda dal cardinale Marc Ouellet, prefetto della Congregazione per i vescovi, che rappresentava il Papa in occasione del Congresso Eucaristico Internazionale. "Il gesto, fatto genuinamente, e' stato molto beneaccolto". Secondo Dolan, accanto alle infedelta' ci sono poi difficolta' pastorali che occorre superare: ad esempio in tema di omelie, che "sono spesso troppo lunghe e noiose", e del sacramento della confessione sempre piu' disertato da preti e fedeli: "Temo - ha detto in proposito - che abbiamo un po' gettato la spugna". E tuttavia il presidente dei vescovi Usa ha voluto chiudere la sua riflessione con una nota di ottimismo: nonostante tutto, ha assicurato, "gli Stati Uniti rimangono profondamente religiosi". 


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3 commenti:

Anonimo ha detto...

Preghiamo perché questa apertura della CEI ai preti sposati ci sia e perché si traduca in una più attenta considerazione dei Viri probati quali responsabili delle piccole comunità così come auspicato da Mons. Casale...

Anonimo ha detto...

Ma che c'entrano i Viri Probati per i latini con i Sacerdoti uxorati dei bizantini??

Anonimo ha detto...

Il tema dei "Viri probati" di cui parla Mons. casale è qualcosa di molto importante così come, e questo lo aggiungo io, che si proceda ad utilizzare i diaconi permanenti quali responsabili delle piccole comunità...