martedì 2 ottobre 2012

Radici cristiane e identità comunitaria. Il federalismo religioso dei santi patroni (Ernesto Vecchi)

Radici cristiane e identità comunitaria 

Il federalismo religioso dei santi patroni

Il 3 ottobre all'Istituto Veritatis splendor di Bologna, il cardinale Carlo Caffarra, arcivescovo di Bologna, e il direttore del nostro giornale presentano il volume Le chiese dei santi patroni (Bologna, Fmr-Art'è, 2012, pagine 480, «Italia della fede», i). Pubblichiamo stralci dell'introduzione al volume scritta dal vescovo titolare di Lemellefa, già ausiliare di Bologna.

di Ernesto Vecchi

Giovanni Paolo II, nella lettera apostolica Dies Domini (1998), colloca la festa cristiana al centro del mistero del tempo, in quanto è innestata sull'evento originario e centrale della fede: la risurrezione di Cristo, avvenuta «il primo giorno della settimana» (Giovanni, 20, 1). Pertanto, fin dalle origini, la Chiesa celebra la domenica come «festa primordiale», fondamento e nucleo di tutto l'anno liturgico che pervade l'anno solare e, mediante i sacramenti, rende Cristo nostro contemporaneo. Ne consegue che le articolazioni del tempo si sono caricate di un peso salvifico e i valori autentici espressi nella vita non vengono dispersi, ma recuperati e introdotti nell'eternità (cfr. Hans Urs von Balthasar, Il tutto nel frammento, Milano, Jaka Book, 1970, pp. 34-35). Così, la Pasqua settimanale, di domenica in domenica, diventa l'«asse portante della storia» (cfr. Dies Domini, n. 2). Le feste dei santi patroni sono esplicitazioni di questo dinamismo pasquale, vissuto in eventi particolari, che rischiarano il mistero del tempo nel contesto concreto della vita sociale, dove trova applicazione il principio divino-umano. Infatti, in Gesù Cristo, Verbo incarnato, il tempo diventa una dimensione di Dio che in se stesso è eterno (cfr. Giovanni Paolo II, Tertio millennio adveniente, n. 10). Con l'incarnazione, il Figlio di Dio si è unito in certo modo a ogni uomo, lo aiuta a conoscere il mistero di se stesso e lo conduce a scoprire la sua altissima vocazione (Gaudium et spes, n. 22): amare Dio e il prossimo, dentro le alterne vicende della vita quotidiana, sempre alle prese con mille contraddizioni, perciò bisognosa di protezione dall'alto.

I santi sono in grado di soddisfare questo bisogno, perché nella loro vita hanno imitato Cristo, rispondendo alla vocazione di tutti i battezzati alla santità, mediante la testimonianza dell'amore incondizionato verso Dio e il prossimo (cfr. Lumen gentium, n. 40). Anche loro come Cristo hanno congiunto il tempo con l'eternità, perché, in stretta unione con lui, hanno vissuto in modo perfetto le virtù della fede, della speranza e della carità, fino a uscire dai confini del tempo e raggiungere la sua “pienezza”, cioè l'eternità (cfr. Giovanni Paolo II, Tertio millennio adveniente, n. 9). Come membri della Corte Celeste e protagonisti attivi nell'eterno dinamismo trinitario, i santi sono in grado di intercedere per noi, ancora pellegrini nel tempo, ma chiamati a seguirne le orme.
Secondo l'antropologo culturale Marino Niola (cfr. I santi patroni, Bologna, il Mulino, 2007), il cristianesimo rimodella l'antica struttura della relazione tra il patronus (l'avvocato, il difensore) e il cliens (il servo, il bisognoso) e la trasforma in una sorta di “patto devozionale” (un do ut des) tra il patrocinante e il patrocinato. In questo modo entrano nella prassi ecclesiale alcune forme di relazioni politico-sociali tipiche del modello romano.
Ma il patronato cristiano trae la sua forza dal rapporto con Cristo, particolarmente vivo ed efficace nei membri della Sacra Famiglia, Maria e Giuseppe, con gli apostoli, Giovanni Battista e altri, che possono essere considerati i traghettatori dell'umanità dal paganesimo al cristianesimo. A Roma, Pietro e Paolo diventano i simboli supremi dello storico intreccio tra l'eredità latina e quella cristiana, destinata a conferire all'identità italiana il suo tratto decisivo, il suo carattere unificante.
Dante Alighieri nel vi canto del Paradiso sintetizza in alcuni versi l'intrecciarsi del diritto romano e della civiltà cristiana, attraverso le parole dell'imperatore Giustiniano, che illustra al poeta il suo “alto lavoro” affidatogli da Dio, cioè l'ordinamento dell'immenso patrimonio giuridico romano nel Corpus iuris civilis, ponendo così il sigillo del cristianesimo non solo sul diritto, ma sull'intera storia di Roma, sigillo visto dal Sommo Poeta come lo svolgersi di un destino provvidenziale (cfr. Paradiso, vi, 10-27).
I santi Pietro e Paolo -- sottolinea ancora Marino Niola -- non sono semplicemente i patroni della città caput mundi, ma della comunità universale dei credenti. Pietro, il principe degli apostoli è la pietra su cui Cristo fonda la sua Chiesa, Paolo, l'apostolo delle genti, è colui che porta l'Oriente in Occidente. Entrambi sono esecutori di un disegno provvidenziale, che sceglie come emblema della cristianizzazione del mondo la città che del mondo è capitale e sintesi suprema (cfr. Marino Niola, I santi patroni, pp. 17-19). 
Poi, con la caduta dell'Impero d'Occidente e il conseguente vuoto di potere, è rimasta la Chiesa il principale referente per l'attività di governo e la difesa dei centri urbani di fronte al flagello delle invasioni barbariche. Così le nostre città -- scrive Ernesto Galli della Loggia -- hanno trovato nella figura del vescovo il defensor civitatis, divenuto nel tempo, il naturale depositario della “romanità” e delle sue consuetudini giuridiche civili e canoniche. In tale contesto, la figura del vescovo è penetrata in profondità nell'immaginario popolare e nella cultura civile, aprendo la strada al patronato vescovile. Specialmente al fiorire della vita comunale, nella maggior parte delle città italiane è proprio il primo vescovo o uno dei suoi immediati successori a divenire il patrono della città. 
La festa del santo patrono, allora, e il culto delle sue reliquie -- custodite nelle cattedrali o nelle basiliche a loro dedicate -- diventano un elemento centrale dell'identità comunitaria, un fattore primario della nascita di una coscienza civile urbana. Nell'esperienza comunale italiana, infatti, il cristianesimo assume valore e significato di religione civica e l'identità urbana ha assunto per molti aspetti un'identità religiosa, e viceversa (cfr. L'identità italiana, Bologna, il Mulino, pp. 50-52).
In tale prospettiva -- secondo la visione storica di Marino Niola -- i patroni (la Madonna e i santi) entrano nella trama viva della storia di un popolo, per il quale la religiosità diviene al tempo stesso principio territoriale e politico-sociale, ma anche orientamento delle coscienze. Inoltre, ogni patrono si configura come campione della collettività e diviene un emblema civico che incarna i caratteri della città e ne diviene come il logo soprannaturale. In questo senso, i patroni d'Italia formano una sorta di “federalismo religioso”, in cui le istanze localistiche -- spesso trascurate -- trovano spontanea integrazione nella struttura centrale della Nazione, quando a prevalere è la ricerca del bene comune (cfr. Marino Niola, I santi patroni, pp. 9-10).
Oggi tutto questo può apparire addirittura anacronistico in una società globalizzata e secolarizzata, dove l'appartenenza civica sembra avere un ruolo molto secondario nella vita sociale. In sostanza, “le piccole patrie” sono, di fatto, rimosse dall'agenda delle preoccupazioni di chi -- a tutti i livelli -- muove le leve del potere. Ma questa tendenza si è rivelata poco lungimirante. La situazione di grande crisi globale in cui ci troviamo lo dimostra. Non possiamo certamente trascurare l'importanza di una visione complessiva della realtà, ma la complessità spesso favorisce l'opera dei «lupi rapaci» (cfr. Matteo, 7, 15).
Pertanto, l'«autocritica dell'età moderna», auspicata da Benedetto XVI, suggerisce un cambiamento di rotta: riscoprire le nostre radici cristiane come un fattore di crescita integrale. A tale scopo è certamente utile riavvalorare l'opera -- per tanti aspetti ancora emblematica -- di Giustiniano, che ha gettato un ponte tra la civiltà antica e la civiltà moderna, grazie proprio alla «rinascenza giuridica bolognese» (cfr. Emilio Albertario, Corpus iuris civilis, Enciclopedia Cattolica, 630).
L'università di Bologna, che ha le sue radici nella cultura cristiana, nel Duecento era ormai diventata l'Alma Mater Studiorum, poiché da essa trassero origine e ispirazione le altre università che venivano sorgendo in Europa. Ciò grazie allo studio del Corpus iuris civilis da parte dei suoi glossatori, a partire da Irnerio (1100), fax iuris di una prassi confluita nella Littera Bononiensis, base dell'educazione giuridica in tutta Europa. Ovunque si parlava del mos italicus iuris docendi, il metodo italiano di insegnare il diritto civile e canonico, un metodo che esprimeva -- anche nei sigilli ufficiali -- la felice sintesi dell'eredità romano-cristiana, come tratto essenziale dell'identità italiana: Legum Bononia mater, Petrus ubique Pater.
Giovanni Paolo II, in occasione del nono centenario dell'Università, il 7 giugno 1988, venne a Bologna per fare memoria dell'originario legame esistente tra l'Ateneo e il successore del Principe degli Apostoli. In tale circostanza, consegnò al corpo accademico -- secondo un'antica consuetudine -- il Codex Iuris Canonici del 1983 e la Costituzione Apostolica Sacræ disciplinæ leges, che pone l'insegnamento del concilio Vaticano II come elemento caratterizzante la nuova revisione della legislazione canonica. Il Papa, nel chiedere all'Alma Mater di applicare alle nuove leggi della Chiesa latina il rigore disciplinare e la creatività culturale che l'ha sempre contraddistinta, auspicava che la comunità universitaria desse il proprio contributo nella promozione dei valori più «alti» dell'uomo e della società. Ciò può avvenire se saremo capaci di produrre un nuovo pensiero e di esprimere nuove energie a servizio di un vero umanesimo integrale, aperto alla verità e all'amore trascendente di Dio. Ma una misura così «alta» dello sviluppo umano ha bisogno della santità, che porta l'uomo e la donna alle più alte vette della spiritualità (cfr. Caritas in veritate, nn. 78-79).

(©L'Osservatore Romano 2 ottobre 2012)


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