domenica 21 ottobre 2012

Nuovi Santi: un incidente domestico e la missione della sofferenza. Il catechista gettato nella fossa delle Marianne. Il Gesuita che non temeva i caimani (Izzo)

NUOVI SANTI: UN INCIDENTE DOMESTICO E LA MISSIONE DELLA SOFFERENZA

Salvatore Izzo

 (AGI) - CdV, 21 ott. 


Da bambina, Santa Anna Schaffer desiderava entrare in un ordine religioso come suora missionaria, seguendo una vocazione che nella Baviera di fine '800 era molto diffusa. Nel 1898, in un sogno ebbe sentore di quella che sarebbe diventata invece la sua reale "missione", e il "sogno" si concretizzo' 2 anni dopo. 
Mentre svolgeva le faccende di casa scivolo' con entrambe le gambe in una vasca di lisciva bollente; ad appena 18 anni di eta' rimase cosi' paralizzata e priva di mezzi economici per un dignitoso sostentamento. 
Lentamente le si rivelo' il senso del suo dolore e della sua vera vocazione, ovvero la  "missione della sofferenza".
In questa dura scuola Anna Schaffer - che e' stata proclamata santa questa mattina da Benedetto XVI in piazza San Pietro - imparo' ad  illuminare la propria vita e quella di chi entrava in contatto con lei con i "raggi" del suo profondo amore verso Dio e il prossimo.  

"L'infermita' e la poverta' - scrive sull'Osservatore Romano Georg Schwager, postulatore delle diocesi di Ratisbona - si trasformarono per lei nell'amorevole invito del Crocifisso a diventare simile a lui su questo cammino. Con il termine poverta' lei non intendeva solo la miseria materiale, ma anche l'esperienza di abbandono e di vuoto interiore, l'esperienza della debolezza umana".
"Non servono forse anche il vento e la pioggia - confido' -  per generare e far maturare il frutto? Allo stesso modo, nella nostra vita spirituale non possiamo raggiungere la giusta maturazione se non possiamo provare aridita' dello spirito, freddo, siccita', abbandono".
Sant'Anna Schaffer  approfitto' del tempo e della forza che le rimanevano nel suo letto d'inferma per un ricco apostolato di preghiera e di consolazione con scritti e parole. 

Stilo' un vero e proprio ordine del giorno, e lo riempi' con la contemplazione di letture spirituali e con attivita' manuali, come il lavoro a maglia. Animata dal pensiero  dell'espiazione, intese la sua sofferenza e quanto sarebbe riuscita comunque a fare per gli altri, come "chiave" capace di aprirle le porte dei cieli. Il 5 ottobre 1925 Dio la chiamo' a se' dopo decenni di sofferenze che, come testimonio' il medico, sopporto' con ammirevole pazienza. 

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NUOVI SANTI: IL CATECHISTA GETTATO NELLA FOSSA DELLE MARIANNE


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 21 ott. 

Avrebbe avuto la meglio nei confronti dei suoi aggressori se solo avesse avuto a disposizione un'arma con cui difendersi, ha scritto nei giorni scorsi l'Osservatore Romano. Ma al 17enne catechista filippino, da oggi San Pedro Calungsod, e ai suoi compagni, era stato chiesto dai missionari di non andare in giro armati.
E il gesuita spagnolo con cui viaggiava per aiutarlo ad annunciare il Vangelo tra le popolazioni dei Chamorros, nell'Oceano Pacifico occidentale, padre Diego Luis de San Vitores, beatificato da Giovanni Paolo II il 6 ottobre 1985, fece appena in tempo a dargli l'assoluzione prima di condividere, il 2 aprile 1672, la sua stessa sorte: dopo averli trafitti con le frecce e decapitati con le scimitarre, i carnefici li spogliarono, li trascinarono fino alla riva del mare, legarono ai loro piedi dei grandi massi, li portarono al largo su una barca e li gettarono nell'Oceano, proprio nella Fossa delle Marianne. I resti mortali dei martiri non furono mai recuperati. 

Erano stati gli stessi gesuiti a ribattezzare le  Isole Ladroni con il nome di Marianne, in onore della Madonna e della regina reggente di Spagna, Maria Anna, che fu la benefattrice della missione per evangelizzare quelle terre dove la giungla era troppo fitta per essere attraversata; le scogliere si scalavano con molta difficolta' e le coste venivano frequentemente flagellate da devastanti tifoni.
Pedro Calungsod, era nato invece nel territorio dell'arcidiocesi di Cebu, nel 1655. Di lui si sa ben poco. E' certo che fu uno dei giovani catechisti che, insieme ai missionari gesuiti spagnoli, dalle Filippine si spinsero nell'Oceano Pacifico occidentale, per evangelizzare i Chamorros. Ma quell'impresa si rivelo' ardua: i guaritori cinesi che prosperavano sull'ignoranza degli indigeni iniziarono a denigrare sistematicamente l'azione dei gesuiti. Le calunnie nei confronti dei religiosi cominciarono a diffondersi, creando difficolta' alla missione e allontanando da essa le popolazioni. In questo clima di tensione ebbe inizio una vera e propria persecuzione contro i missionari.
In quello che fu il loro ultimo giorno di vita terrena, San Pedro Calungsod e il beato Diego Luis de San Vitores, erano al villagio di Tomhom, nell'isola di Guam, dove riunirono i bambini e gli adulti per parlare delle verita' della fede. Chiesero poi di battezzare una neonata, ma il padre della bambina, Matapang, reagi' scagliando contro di loro lance e frecce. I testimoni raccontarono che il ragazzo avrebbe avuto la possibilita' di scappare, ma non volle lasciare solo padre Diego. 

Giovanni Paolo II ha beatificato il catechista Pedro il 5 marzo 2000 indicando nella sua testimonianza un esempio per tutti i giovani.
Il martire, disse Papa Wojtyla nell'omelia, "oggi intercede per i giovani, in particolare quelli della sua terra filippina e li sfida: giovani amici, non esitate a seguire l'esempio di Pedro". 


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NUOVI SANTI: IL GESUITA CHE NON TEMEVA I CAIMANI


Salvatore Izzo


 (AGI) - CdV, 21 ott. 

"Anche se foste divorati da un caimano, risuscitereste". Sono parole che il gesuita francese Giacomo Berthieu
 ripeteva nelle sue catechesi agli indigeni malgasci e che si avverarono nel 1896 quando i suoi carnefici ne gettarono il cadavere nel vicino fiume Mananara infestato dai grossi rettili. Lo racconta padre Marc Lindeijer, assistente della postulazione della Compagnia di Gesu', commentando sull'Osservatore Romano la decisione di Benedetto XVI di proclamare santo il religioso francese che fu missionario e martire in Mdagascar. Nato a Monlogis (Alvernia) nel 1838 e ordinato sacerdote nel 1864, era stato viceparroco per ben nove anni, prima di entrare nella Compagnia di Gesu'. L'inizio della vita missionaria in Madagascar non fu facile: il clima, la lingua, la cultura, erano per lui tutte cose nuove.
Per piu' di 2 decenni quello che da oggi e' San Giacomo Berthieu si dedico' totalmente all'insegnamento del catechismo, alle visite ai poveri e ai lebbrosi, ai battesimi, alla preparazione alle prime comunioni e alla celebrazione e regolarizzazione dei matrimoni, assistendo nel contempo gli indigeni e curando la scuola dei bambini. E quando, alla fine degli anni '80, i decreti di espulsione dei religiosi emanati dal Governo francese lo costrinsero a ripetuti spostamenti, con diciotto stazioni missionarie da accudire, situate nei luoghi piu' remoti e meno accessibili, i fedeli dissero di lui: "E' un padre che non abbandona i suoi figli".
Nel marzo 1896 il villaggio in cui si trovava fu sgomberato dall'armata francese, ma il gesuita quasi sessantenne rimase in mezzo ai suoi "buoni cristiani" cercando di incoraggiarli. I ribelli invasero il villaggio e catturarono il missionario, colpendolo ripetutamente con un'accetta. 

Si fecero beffe di lui e dei suoi amuleti: quando disse che il crocifisso rappresentava il Salvatore degli uomini, lo percossero con il calcio dei fucili. "Rinuncia alla tua cattiva religione  non ingannare piu' la gente e noi ti porteremo con noi e ti faremo nostro capo", gli dissero. E lui: "Io non posso assolutamente acconsentire a cio', figlio mio; preferisco morire". Fu fucilato e il capitano gli diede il colpo di grazia alla nuca. Poi, per timore della reazione dei soldati francesi, il cadavere fu gettato nel fiume, nel quale scomparve per sempre. 

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