domenica 21 ottobre 2012

Nuovi Santi: Caterina Tekakwitha, la pellerossa di Dio. Le prostitute cambiarono la vita di Maria Carmen. Giovanni Piamarta voleva morire per gli artigianelli. La Superiora Generale che scelse il lebbrosario (Izzo)

NUOVI SANTI: CATERINA TEKAKWITHA, LA PELLEROSSE DI DIO

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 21 ott. 

"Anche se noi indiani siamo molto poveri e miserevoli, tuttavia il nostro Creatore ha avuto grande compassione di
 noi e ci ha dato la religione cattolica. Oltre a cio' Egli ha avuto pieta' di noi e ci ha dato Caterina Tekakwitha la nostra piccola sorella. E adesso speriamo che anche Tu, nostro Padre, che sei il Vicario di Gesu' Cristo, vorrai pure concederci un favore; ti supplichiamo con tutto il nostro cuore di parlare e di dire: 'Voi indiani, miei figli, prendete Caterina come oggetto della vostra venerazione nelle chiese, perche' lei e' santa ed e' in cielo'".
Il 13 marzo 1885 il capo di una tribu' di indiani del Nord America, di nome Meshkiassang, indirizzo' questa richiesta a Leone XIII da Fort William, Lake Superior, Ontario. Nei giorni scorsi il testo della lettera e' stato pubblicato dall'Osservatore Romano ed oggi, finalmente, Benedetto XVI ha accolto quella supplica, proclamando in piazza San Pietro la prima santa pellerossa della storia. 
Nata nel 1656 a Ossernenon (nell'attuale Stato di New York) da un indiano irochese pagano e da una algonchina di nome Kahontake (che dopo aver ricevuto il battesimo era stata fatta prigioniera dagli irochesi e, nonostante le difficolta' di vivere fra pagani, era riuscita a preservare la sua fede) Santa Caterina Tekakwitha aveva ricevuto alla nascita il nome di Ioragode che significa Splendore del sole, ma a causa del vaiolo (che quando aveva 4 anni gli aveva anche ucciso la madre) ebbe il viso sfigurato e perse la vista, tanto che era costretta a camminare tenendo le mani protese in avanti per rendersi conto se c'era dinanzi a lei qualche ostacolo: da cio' il soprannome di "Tekakwi­tha", che nel linguaggio indiano Mohawk significa appunto "una persona che procede con le mani in avanti" per allontanare gli ostacoli, ovvero, analogamente, "una persona che con le sue mani mette tutte le cose in ordine". Eppure, ricorda il postulatore, padre Paolo Molinari, "nonostante questi suoi limiti era sempre gioiosa, dolce, gentile e docile, industriosa e incline alla virtu'. Aveva ricevuto segretamente dalla madre i rudimenti della vita cristiana che, con l'andare del tempo e grazie all'azione di Dio in lei, maturarono facendone una ragazza singolare per la sua grande bontà nei confronti di tutti.
Nel giorno di Pasqua 1676 venne battezzata e ricevette il nome di Kateri (Caterina). Una volta ricevuto il sacramento dell'iniziazione cristiana, la giovane pellerossa divenne in modo sempre crescente una fervente "figlia di Dio": la sua sollecitudine per i malati, i sofferenti, i più poveri; la sua umile dolcezza e la carità verso tutti,
 resa ancor piu' trasparente dalla sua purezza, non poterono rimanere nascoste. 
Non pochi, non potendo accettare la sfida che loro veniva dalla virtù e dalla bontà di una giovane della loro tribu', la schernivano, la maltrattavano e la minacciavano in molti modi. Kateri riusci' a sopportare tutto con ammirevole serenita', perdonando chi le faceva del male.
 Per togliere la giovane neofita da quell'ambiente a lei ostile venne trasferita nella colonia di indiani cristiani, conosciuta come missione di San Francesco Saverio, alla prairie de la Madeleine, nel Canada, di fronte alla citta' di Montreal, al di la' del grande fiume Saint Laurence.
 I gesuiti della missione considerarono l'arrivo della Tekakwitha come quello di un'inviata da Dio per edificare tutti con la sua vita esemplare e le permisero, dopo averle dato la comunione, di fare voto di verginita', che per una squaw significava condannarsi a vivere nella misera. Quando aveva appena 24 anni, mori' di malattia, lodando il Signore fino all'ultimo, nonostante fosse afflitta da grandissimi dolori. 

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NUOVI SANTI: LE PROSTITUTE CAMBIARONO LA VITA DI MARIA CARMEN 

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 21 ott. 

Santa Maria Carmen Salles y Barangueras ha speso la vita operando concretamente per l'autentica promozione umana e spirituale delle donne, in Spagna e poi - attraverso le sue discepole - in tutti i 5 Continenti. Davanti alla realta' delle prostitute e delle detenute, nel 1892 nacque in lei l'idea che per salvare le giovani da questi sventurati destini avrebbe dovuto prepararle sin dal principio, come dal principio era era stata preservata dal peccato Maria Immacolata. 
Cosi' diede vita alle suore Concezioniste Missionarie dell'Insegnamento, la cui vocazione e' contribuire a realizzare quel "sogno di donna che - spiego' - Dio aveva nel preparare Maria". E cioe', in concreto, aiutare le ragazze a crescere nel mondo, nella societa', nel lavoro e nella famiglia. 
Madre Maria Carmen sognava infatti delle giovani che grazie all'armonioso equilibrio fra pieta' e cultura, fossero il motore propulsore della famiglia e della societa'. Per questo nel 1892 lascio' le suore Domenicane, delle quali faceva parte, e otto mesi dopo, il 15 ottobre, fondo' la Congregazione delle Religiose Concezioniste di S. Domenico, sotto la dipendenza e l'appoggio dell'arcivescovo di Burgos, Gomez Salazar. Proprio questa citta' divenne dunque sede della nuova fondazione.
Per 19 anni madre Maria Carmen percorse pero' le strade della Spagna intera, fondando 13 comunita' e scuole, superando ogni difficolta' con la fiducia nella Divina Provvidenza. Santa Maria Carmen Salles y Barangueras mori' a Madrid il 25 luglio 1911 lasciando 166 suore nella nuova Congregazione, con il compito di esaudire il suo desiderio di espansione missionaria dell'Istituto.
E le sue suore si sono gradualmente sparse in moltissimi paesi, andando dovunque le ragazze rischiavano di essere spinte verso il peccato; il loro scopo e' ancora oggi la formazione integrale della donna, secondo il modello appreso da Maria Immacolata.
Attualmente le Concezioniste Missionarie dell'Insegnamento sono presenti nei Paesi dell'Estremo Oriente, in cinque Stati americani, in Africa e in Italia, oltre che in Spagna. Il sito internet "santiebeati.it" riporta cio' che disse di Maria Carmen un religioso scolopio, che la conobbe bene, riguardo la sua fiducia in Dio: "Quanto piu' movimento vi era, quanto piu' rumore si emetteva, piu' gli uomini si agitavano, piu' madre Maria Carmen rimaneva tranquilla". Il motivo? 
"Non mi aspetto nulla dalle creature, ma da Dio, datore di ogni bene".
Papa Giovanni Paolo II l'ha beatificata a Roma il 15 marzo 1998 e Benedetto XVI l'ha proclamata santa questa mattina in piazza San Pietro.
 
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NUOVI SANTI: GIOVANNI PIAMARTA VOLEVA MORIRE PER GLI ARTIGIANELLI

Salvatore Izzo

 (AGI) - CdV, 21 ott. 

Era un sacerdote colto e brillante, ma fu capace di rinunciare a una brillante carriera ecclesiastica sfidando i
 superiori per difendere i suoi "artigianelli", cioe' gli ospiti delle opere da lui dedicate alla gioventu' bisognosa della Lombardia di fine '800. Davanti ai gravi problemi economici delle sue case, il vescovo infatti ordino' a don Giovanni Piamarta di rinunciare. 
Lui rispose che avrebbe preferito morire in mezzo ai suoi ragazzi piuttosto che abbandonarli.
Come il beato Lodovico Pavoni, che fu il suo maestro, il sacerdote bresciano proclamato santo oggi da Benedetto XVI in piazza San Pietro, era impegnato nella predicazione e l'editoria. Ma fu l'amore per i poveri e il suo impegno in difesa dei ragazzi a farlo davvero grande.
Giovanni Paolo II il 12 ottobre 1997, nell'omelia della beatificazione, disse che don Piamarta "seguendo l'esempio di Cristo, seppe portare tanti fanciulli e giovani ad incontrare lo sguardo amoroso ed esigente del Signore. Quanti, grazie alla sua opera pastorale, poterono avviarsi con gioia nella vita avendo appreso un mestiere e soprattutto avendo potuto incontrare Gesù ed il suo messaggio di salvezza! Dal mondo del lavoro a quello agricolo, dall'educazione scolastica al settore dell'editoria. Egli ha lasciato una grande impronta di se' nella Diocesi di Brescia e nell'intera Chiesa". 
"Padre Piamarta e' stato - afferma l'Osservatore Romano - la personalita' piu' popolare di Brescia a cavallo tra il 1800 e il 1900". Educatore, benefattore, editore, promosse la vita consacrata con la fondazione di congregazioni religiose - in particolare la Sacra Famiglia di Nazareth, con il fine speciale della cristiana educazione dei figli del popolo al mondo del lavoro, e della Congregazione delle Suore Umili Serve del Signore - dimostrando, sottolinea il giornale della Santa Sede, "una acuta sensibilita' nel confronto con le domande del suo tempo, alle quali ha dato delle risposte evangeliche creative e in gran parte valide anche per il nostro tempo". 
Era nato suddito dell'Austria, nel 1841, cioe' fra il terribile colera del 1836 e le drammatiche dieci giornate del 1849, dunque fu testimone del passaggio della Lombardia alla nuova Italia, ed entro' in quel periodo in contatto
 con le grandi personalita' del movimento cattolico bresciano, quali Giuseppe Tovini e Giorgio Montini, che vedono nelle nuove situazioni non solo delle crisi, ma anche delle opportunita' per la presenza cristiana.
Dopo aver dato inizio alla celebre colonia agricola di Remedello, constatando che la poverta' piu' insidiosa e' quella del sottosviluppo culturale, specie in materia religiosa, fondo' anche l'Editrice Queriniana. "Quello che colpiva e colpisce di piu' in lui - sottolinea il suo successore di oggi alla guida dei religiosi della Santa Famiglia,  padre Pier Giordano Cabra - era il tempo dedicato alla preghiera, tempo strappato al sonno delle ore mattutine, poco meno o poco piu' di tre ore, prima di iniziare l'intenso lavoro della lunga giornata, nella quale doveva interessarsi di tutto: dai problemi economici a quelli organizzativi, dall'educazione alla direzione spirituale, dalle officine all'agricoltura, dal vitto dei suoi ragazzi alla copiosa corrispondenza,  dall'aggiornamento alla predicazione, dalla scuola ai creditori".
Secondo padre Cabra, "non e' che Piamarta fosse di natura molto dolce, ma lavoro' assai per ordinare e orientare il suo carattere piuttosto impetuoso". A chi gli chiedeva quale fosse il fondamento della sua famiglia religiosa, il padre rispondeva senza tentennamenti: la carita'.
 E aggiungeva di aver fatto suo il programma di sant'Agostino: "In dubiis  libertas, in necessariis unitas, in omnibus caritas". Lo spirito di famiglia - cioe' - deve caratterizzare non solo la convivenza dei religiosi, ma anche lo stile dell'educazione. 

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NUOVI SANTI: LA SUPERIORA GENERALE CHE SCELSE IL LEBBROSARIO

Salvatore Izzo

 (AGI) - CdV, 21 ott. 

San Damiano de Veuster, il religioso fiammingo che aveva scelto di vivere tra i piu' reietti, i lebbrosi di Molokai,  considerata l'inferno delle isole Hawai, sentiva che senza un aiuto non gli sarebbe stato possibile provvedere a un ospedale, assicurare l'igiene e l'educazione dei figli dei malati hanseniani. 
Tramite il vescovo di Honolulu nel 1883 fece appello alle terziarie francescane di Syracuse, e la madre generale, Marianna Cope (nata ad Heppenheim in Germania nel 1838 e battezzata col nome di Barbara, emigrata solo 2 anni dopo con i genitori nello Stato di New York, entrata tra le suore a 19 anni ed eletta alla guida dell'Istituto ad appena 38), rispose immediatamente all'appello. Accompagno' lei stessa sei suore della sua congregazione scelte tra le tante che si erano offerte volontarie. La situazione era tale che le religiose si lasciarono prendere dallo scoramento e solo la vicinanza della loro madre generale dava loro la forza di resistere. Cosi' madre Cope decise di restare nell'isola, dove tra difficolta' di ogni genere servi' i lebbrosi fino alla morte, avvenuta il 9 agosto 1918. 
La situazione in cui dovette operare fu difficilissima, per la mancanza di medicinali, di cibo e di ogni sorta di altri sussidi assistenziali. Madre Marianna cerco', insieme al suo gruppo di suore, di ridare speranza e dignita' umana a quegli uomini spesso in preda all'alcool, al vizio, alla disperazione piu' nera, oltre al dolore fisico. 
La loro presenza fu veramente provvidenziale. Insieme a padre Damiano, per impedire che i ragazzi e le ragazze, figli di lebbrosi, contraessero la lebbra, stabilirono la costruzione di due case separate in modo che questi appena divenuti adulti potessero essere inseriti nella societa'. 
"Madre Marianna - si legge nella Cronaca di Molokai scritta da suor Leopoldina Burns, pubblicata nei giorni scorsi dall'Osservatore Romano - ha rivoluzionato la vita a Molokai, ha portato l'igiene, l'orgoglio e la gioia di vivere nel lebbrosario". Alle sue suore ripeteva che era stato Dio a chiamarle a quel servizio di carita' e di amore e dunque egli non avrebbe mai permesso che fossero contagiate dalla malattia. Anzi predisse che nessuna delle suore dell'ordine chiamate anche in futuro a quel servizio sarebbero mai state contagiate.
 "A tutt'oggi - sottolinea il giornale vaticano - che nessuna delle suore in missione nel lebbrosario di Molokai, ne' in quello aperto nell'isola di Maui, furono mai contagiate dal morbo di Hansen".
Per Benedetto XVI, elevarla al gradino piu' alto della santita', questa mattina, e' stato come tornare ai primi passi del suo Pontificato: madre Cope,  infatti, insieme a Ascension Nicol Goni, fu infatti la prima serva di Dio a essere beatificata da Papa Ratzinger. Era il 15 maggio 2005. Anche allora come oggi venne esaltato il valore della sua  testimonianza tra quanti avevano perso, con la salute, il senso della loro vita.

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