mercoledì 31 ottobre 2012

Nuovi orizzonti di comunione per la vita consacrata. Il cardinale João Braz de Aviz inaugura l'anno accademico dello Studium del dicastero per i religiosi

Il cardinale João Braz de Aviz inaugura l'anno accademico dello Studium del dicastero per i religiosi

Nuovi orizzonti di comunione per la vita consacrata


Con un duplice invito ad approfondire «la co-essenzialità tra la dimensione magisteriale-petrina e quella carismatico-mariana della Chiesa» e a rilanciare «la spiritualità di comunione», il cardinale João Braz de Aviz, prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, ha inaugurato il 24 ottobre l'anno accademico 2012-2013 del rinnovato Studium del dicastero.

Il porporato brasiliano ha infatti colto «molti segnali» che indicano come entrambe queste dimensioni non siano ancora diffusamente condivise e attuate a tutti i livelli della vita della Chiesa. Da qui l'appello affinché la scuola della Congregazione possa divenire uno di quei luoghi di formazione e di educazione alla comunione di cui parla Novo millennio ineunte.
Chiedendosi «come si attua in concreto la comunione, quali sono gli strumenti per apprenderla, quali cambiamenti ne conseguono per l'agire ecclesiale, per i rapporti tra struttura gerarchica e dimensione carismatica, per la vita concreta delle comunità dei consacrati», il relatore ha esortato gli iscritti allo Studium ad approfondire entrambe le tematiche e magari a dedicare loro «uno studio particolare o farne oggetto dell'esercitazione scritta che verrà richiesta alla fine del biennio».
Laboratorio di studio e di approfondimento dell'identità carismatica e istituzionale della vita consacrata, la scuola è diretta dai due sotto-segretari della Congregazione, suor Nicla Spezzati, delle Adoratrices Sanguinis Christi, e padre Sebastiano Paciolla, cistercense. Ambedue, nel ripensarla a sessant'anni dal suo inizio, hanno voluto renderla più idonea a rispondere alle istanze ecclesiali e culturali contemporanee, trasformando la vecchia «scuola pratica» nell'attuale «scuola interdisciplinare per la formazione al magistero ecclesiale e alla normativa canonica sulla vita consacrata nella Chiesa». E se in questi sessant'anni «migliaia di persone, soprattutto consacrate e consacrati, ne hanno fruito -- ha ricordato il cardinale prefetto -- per utilità propria e dei rispettivi istituti», quest'anno il programma dello Studium è stato riformulato e aggiornato, per cui «allo studio delle implicazioni più strettamente giuridiche dello stato di vita dei consacrati, si aggiunge una più esplicita attenzione alle indicazioni provenienti dal magistero della Chiesa (documenti del Vaticano II e magistero ordinario del Sommo Pontefice) e al più generale quadro di riflessione della teologia e della spiritualità sulla vita consacrata». Anche perché -- ha assicurato -- i nomi dei professori che integrano il corpo docente dello Studium, tra i quali molti officiali della Congregazione, «garantiscono solidità dottrinale e consolidata conoscenza anche pratica delle materie di insegnamento».
Il porporato brasiliano ha sviluppato i due orizzonti entro i quali ritiene opportuno collocare oggi ogni riflessione sulla vita consacrata, come egli stesso ha fatto di recente parlando in diversi contesti: capitoli generali, convegni di vescovi e celebrazioni varie.
Riguardo al primo -- la co-essenzialità fra dimensione istituzionale e dimensione carismatica della Chiesa -- ha sottolineato come uno dei punti qualificanti dell'approfondimento del concilio Vaticano II sulla Chiesa sia stato proprio il recupero della sua natura carismatica, rimasta fino ad allora un po' in ombra. Specialmente la Lumen gentium mostra che il grande “attore protagonista” è lo Spirito Santo, indicando «inequivocabilmente come i consacrati appartengano alla Chiesa e come il loro stato di vita ne esprima una dimensione fondamentale». Così «grazie al recupero del ruolo primario e dinamico dello Spirito Santo -- ha spiegato il cardinale Braz de Aviz -- è stato possibile riscoprire la presenza e la funzione dei carismi, fino a riconoscere la dimensione carismatica della Chiesa come co-essenziale accanto a quella istituzionale, che storicamente aveva preso il sopravvento fino quasi a oscurare l'altra». E se il cardinale belga Leo Suenens ha dato un contributo decisivo a questa riscoperta, già san Paolo In Efesini 2, 20 aveva affermato che «la Chiesa di Cristo è fondata sugli apostoli e sui profeti: solo l'unità nell'amore le restituisce interamente la sua fisionomia. Ministeri e carismi dunque sono entrambi co-essenziali alla identità umano-divina della Chiesa nella sua ricca molteplice unità».
Successivamente la co-essenzialità è stata espressamente affermata nel 1987 da Giovanni Paolo II, che parlando dei nuovi movimenti ecclesiali, li ha riconosciuti come fondati su quei “doni carismatici” che, insieme ai “doni gerarchici”, provengono dall'unico Spirito per l'utilità della Chiesa; e che, nel contesto del congresso mondiale dei movimenti ecclesiali preparatorio alla grande veglia di Pentecoste del 30 maggio 1998, ha ripetuto che tra dimensione istituzionale e dimensione carismatica nella Chiesa non esiste contrapposizione.
Inoltre -- ha proseguito il relatore -- «l'accostamento della dimensione istituzionale e di quella carismatica come co-essenziali all'identità e alla missione della Chiesa rimanda a un altro binomio messo in luce sempre dal beato Giovanni Paolo II: quello del rapporto tra profilo petrino e profilo mariano». Lo testimonia il suo discorso alla Curia romana del 22 dicembre 1987, in cui Papa Wojtyła si rifaceva a un'idea proposta dal teologo svizzero Hans Urs von Balthasar, «secondo il quale l'aspetto istituzionale e ministeriale della Chiesa ne rappresenta il principio (o profilo) petrino, mentre quello profetico/carismatico può essere definito come il principio (o profilo) mariano. Maria, la prima credente e quindi modello di ogni cristiano e dell'intera Chiesa, non ha nella comunità dei credenti un compito istituzionale; solo rivestita di Spirito santo, sintetizza in sé tutti i doni di grazia che la Chiesa riceve da Dio per essere santa. Il carisma di Maria, spiega von Balthasar, è come il carisma onnicomprensivo nel quale ciascun carisma si scopre. Questi due principi sono “coestentivi con la Chiesa” tanto da poter dire che “tutta la Chiesa è petrina; tutta la Chiesa è mariana” e sono tra loro in relazione dinamica di amore reciproco: si necessitano mutuamente e si articolano fino al punto da poter parlare di una relazione animata dalla legge trinitaria dell'amore vicendevole».
In pratica il Pontefice polacco affermava che il profilo mariano -- cioè la dimensione carismatica -- «è altrettanto fondamentale e caratterizzante la Chiesa di quello petrino, se non di più. Essi sono fra loro strettamente uniti e complementari, e addirittura il principio mariano precede quello petrino (perché Maria viene prima di Pietro e degli apostoli) ed è di esso più alto e preminente».
A sostegno di questa tesi il cardinale ha anche citato l'esortazione apostolica Vita consecrata, che ha raccolto la ricca elaborazione dottrinale del Sinodo speciale del 1994 sui religiosi e la loro missione nella Chiesa e nel mondo, per ribadire «il carattere divino della fondazione della vita consacrata e carismatica e al contempo la co-essenzialità del carisma rispetto al ministero».
Quanto alla seconda tematica -- i religiosi e la comunione nella Chiesa -- è ancora Giovanni Paolo II a indicarla nella Lettera apostolica Novo millennio ineunte (2001) come compito a tutta la Chiesa. «Fonte e modello della comunione tra coloro che formano l'unico popolo di Dio -- ha detto il cardinale citando il numero 4 della Lumen gentium, che riprende la celebre espressione di san Cipriano -- è la Trinità, tanto da poter definire la Chiesa “un popolo che deriva la sua unità dall'unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo”». E se tutta la Chiesa deve vivere la comunione sul modello trinitario, i consacrati ne sono gli “specialisti”, perché «questa è l'essenza della loro scelta di vita: l'unione con Dio e l'unione fra loro nella vita fraterna». Infatti, «pur nella varietà delle ispirazioni e delle forme in cui si è storicamente espressa, la vita consacrata è sempre stata consapevole di dover guardare non solo all'esempio di comunione indicato dagli Atti degli apostoli fra la primitiva comunità cristiana di Gerusalemme -- dove tutti erano “un cuore solo e un'anima sola” (4, 32) -- ma ancor più radicalmente al suo modello originale, al prototipo di comunione delle tre divine persone nella Trinità». E a tale proposito il porporato ha precisato «che la vita di comunione di impronta trinitaria che costituisce l'identità e la missione della Chiesa prima, e poi della vita consacrata, è anzitutto un dono; diversamente sarebbe una pretesa sovrumana e resterebbe un ideale impossibile da raggiungere».
Infine, a conclusione del suo intervento, il prefetto della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica ha augurato ai presenti, studenti e docenti, un anno ricco di studio e di apprendimento, che possa essere di giovamento alla vita dei religiosi e degli istituti di appartenenza, «cominciando fin d'ora a sperimentare quello stile di amore reciproco e di comunione che rende così affascinante e attraente» la vita dei consacrati.

(©L'Osservatore Romano 31 ottobre 2012)

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