sabato 6 ottobre 2012

La Biblioteca Apostolica Vaticana tra storia e futuro. Gli articoli di Agostino Paravicini Bagliani Paolo Portoghesi e Paolo Vian

La Guida ai fondi manoscritti, numismatici e a stampa della Biblioteca Apostolica Vaticana

Per non perdersi nel mare del sapere

di Agostino Paravicini Bagliani

Quasi una parete intera di cataloghi e inventari di manoscritti, autografi, medaglie, documenti archivistici e libri a stampa è a disposizione degli studiosi nella Sala Barberini della Biblioteca Vaticana, a dimostrazione non solo della ricchezza ma anche della complessità dei fondi librari e documentari che la Biblioteca Apostolica Vaticana ha accolto nel suo quasi mezzo millennio di storia. La Biblioteca Apostolica Vaticana è di fatto un insieme di grandi biblioteche, da quelle antiche (i codici della regina Cristina di Svezia, la biblioteca dei principi del Palatinato) a quelle più recenti (le biblioteche Barberini, Borghese, Borgia, Capponi, Chigi, Ferrajoli, Ottoboni, Rospigliosi, o ancora la collezione libraria e documentaria di Federico Patetta). La Vaticana possiede anche interi archivi sia medievali (le pergamene dell'archivio del Capitolo di San Pietro, l'archivio di Sant'Angelo in Pescheria, Santa Maria in Cosmedin, Santa Maria in Via Lata) che moderni (archivio Barberini, archivio Chigi, archivio Salviati, archivi della Fuci), talvolta insoliti (Notai d'Orange), oltre che collezioni di stampe e di monete, curate rispettivamente dal Gabinetto delle Stampe e dal Gabinetto Numismatico. Cui va aggiunto, il che è ovvio, l'ingentissimo patrimonio di libri a stampa, diviso tra fondi che hanno mantenuto il loro nome (Capponi, Chigi) e sezioni che includono ambiti come le Scienze e così via. La Sala di consultazione è nota nel mondo degli studi come una fra le più importanti per dimensioni e varietà tematica nel campo degli studi eruditi.
L'accesso a questo ingentissimo patrimonio librario, documentario e museologico viene ora facilitato da una Guida ai fondi manoscritti, numismatici, a stampa della Biblioteca Vaticana, a cura di Francesco D'Aiuto e Paolo Vian, 2 volumi, Città del Vaticano, 2011 (Studi e testi, 466-467), pagine 1557, che è di fatto più di una Guida. Oltre a “guidare” lo studioso nell'intricato itinerario dei vari fondi, questi due volumi sono stati fortunatamente concepiti come uno strumento in grado di rendere conto e quindi di facilitare l'accesso alla ricerca più aggiornata. Le prime trecento pagine della sezione relativa ai manoscritti sono infatti una rassegna bibliografica che spazia dalla storia della Biblioteca Vaticana all'elenco dei facsimili di manoscritti e contiene sezioni inedite in opere di questo genere, come quelle che riportano i cataloghi tematici, per alfabeto e lingua, per autori e opere o per altri soggetti personali.
Insomma, chi vuole conoscere o trovare la bibliografia erudita sui grandi autori (da Crisostomo a Dioscoride, da Aristotele a Tolomeo e così via) i cui testi sono presenti in codici vaticani, troverà qui uno strumento di lavoro ineccepibile per qualità e chiarezza espositiva.
Che la sezione manoscritti occupi uno spazio notevole nella Guida (140 sottosezioni) segnala la diversità dei fondi vaticani che conservano codici latini e greci, ma anche armeni, ebraici, egiziani, etiopici, georgiani, illirici, indiani, persiani, siamesi, siriaci, turchi e così via.
La Guida è di fatto anche un'introduzione alla storia della Vaticana grazie a una serie di agili elenchi e prospetti sui principali eventi della storia della Vaticana e sulle denominazioni d'uso per manoscritti vaticani celebri.
Anche gli indici finali sono uno strumento per la ricerca. In 500 pagine troviamo riunite ed elencate informazioni su persone, fondi manoscritti, istituzioni, autori, tipologie di libri, possessori di manoscritti, temi ed eventi storici, ambiti linguistici e così via, la cui fruibilità è favorita anche dai numerosi rinVII. La sola voce «Città del Vaticano» copre un'ottantina di pagine. L'accesso ai codici, agli esemplari a stampa e agli oggetti numismatici citati nella Guida viene reso possibile da un apposito e indispensabile indice generale. Infine, il lungo indice degli autori delle voci della Guida ricorda come l'opera abbia potuto avvalersi della competenza di due dozzine di collaboratori della Vaticana, coordinati dai due curatori cui va il merito di avere posto una pietra miliare nella storia erudita della Biblioteca Apostolica Vaticana.

(©L'Osservatore Romano 5 ottobre 2012)

Tra storia e futuro


La recente ristrutturazione della Vaticana ha consegnato agli studiosi una Biblioteca profondamente rinnovata negli spazi, nella razionalizzazione dei percorsi interni e nelle strumentazioni informatiche. Per illustrarne la nuova realtà ma anche per approfondire la conoscenza della sua storia è stato pubblicato il libro La Biblioteca Apostolica Vaticana (Città del Vaticano - Milano, Libreria Editrice Vaticana - Musei Vaticani - Jaca Book, 2012, pagine 352, euro 130). Dal volume riportiamo, a destra, stralci del saggio storico di uno dei curatori e, qui sotto, il contributo dell'architetto che ha progettato il nuovo allestimento del Salone Sistino.

(©L'Osservatore Romano 5 ottobre 2012)

Il Salone Sistino oggi

La scelta di valorizzare un organismo vivo

di Paolo Portoghesi

Il compito di progettare la restituzione del Salone Sistino alla sua originaria funzione di biblioteca e sala di lettura non è stato per chi scrive soltanto un alto onore, ma anche la gradita occasione di contribuire all'affermazione di un principio di grande importanza nella tutela e conservazione della eredità culturale del passato: quello della opportunità, dove non ci siano ostacoli insuperabili, che un ambiente continui ad avere la funzione per la quale è stato costruito piuttosto che assumere quella «museale» di esibire se stesso nella sua integrità, privato però di una destinazione specifica. Certamente il Salone Sistino con la sua splendida decorazione e le immagini delle trasformazioni della città di Roma volute dal Pontefice Sisto v è un affascinante spettacolo di per sé e documenta un momento singolare della cultura figurativa romana, ma la possibilità di contemplare questa preziosa galleria di immagini da parte degli studiosi all'interno di un organismo vivo, pienamente funzionante, senza che questo privi i visitatori dei musei di una visione sintetica attraverso le ampie vetrate, giustifica in pieno una scelta che sancisce il grande significato di una istituzione come la Biblioteca Apostolica.
La Sala Sistina, dato lo splendore della decorazione policroma, potrebbe far pensare a un ambiente adatto a ogni uso contemplativo e celebrativo, ma costituisce invece un esempio altissimo di ambiente inscindibile dalla destinazione per cui fu costruita. L'apparato decorativo infatti corrisponde a un impianto iconologico mirato, che celebra l'invenzione umana della scrittura e del libro e la presenza del libro nelle vicende storiche della Chiesa. La presenza degli inventori degli alfabeti nella decorazione dei pilastri, delle immagini delle più famose biblioteche dell'antichità e dei concilii della Chiesa creano di fatto, intorno agli studiosi che consultano codici e libri, un'atmosfera unica, di carattere gioioso, che porta serenamente a vedere il proprio lavoro come qualcosa che si unisce a una grande costruzione umana, quella della conoscenza, priva di limiti temporali e qualitativi.
Non è escluso che in un primo tempo la sistemazione sistina, realizzata costruendo un corpo di fabbrica ortogonale alle due gallerie del Cortile del Belvedere, prevedesse la collocazione fissa dei codici nei banchi, come nella sala della Biblioteca Laurenziana di Firenze progettata da Michelangelo, ma presto vennero costruiti, lungo tutte le pareti e intorno ai pilastri, degli scaffali che, restaurati e rinnovati, sono giunti fino a noi. Durante il pontificato di Pio IX, gli sportelli delle librerie sono stati decorati nel gusto dell'epoca con motivi floreali che poco si armonizzano con la tavolozza dei dipinti cinquecenteschi.
Il progetto di trasformazione della destinazione d'uso prevede l'eliminazione parziale di questi sportelli per poter collocare all'interno delle preesistenti librerie i libri necessari per la consultazione diretta. Librerie supplementari della stessa altezza si aggiungeranno a quelle esistenti in modo da poter accogliere circa 30.000 volumi. Si avrà così, al posto dell'insistente e monotona veste decorativa dei vecchi sportelli, l'immagine dei libri che nella ricchezza e nell'accostamento casuale dei colori ben rappresenta l'infinita varietà delle conoscenze rese possibili dalla loro presenza.
Particolare attenzione è stata rivolta alla progettazione dei tavoli per la consultazione, optando per una soluzione a due posti con leggii incorporati, progettati in modo da potersi aprire in caso di necessità e inclinare secondo le preferenze dello studioso.
Il problema dell'inserimento di un nuovo arredo all'interno di un ambiente di grande valore architettonico e artistico ha influenzato tutte le scelte con l'intento, pienamente condiviso da committente e architetto, di minimizzare l'impatto visivo e nello stesso tempo dare all'inserimento un carattere di armoniosa consonanza con l'esistente.
Obiettivi nel disegno di tavoli, sedute e librerie sono stati perciò la leggerezza, la linearità, l'accordo proporzionale con i partiti architettonici. Come materiale è stato scelto il noce nostrano, l'essenza più usata e apprezzata nel periodo in cui il Salone Sistino venne realizzato. Nelle fiancate dei tavoli di lettura il compito statico di sorreggere il piano è scomposto in due ruoli differenziati: un elemento centrale rettilineo che scarica il peso su un sostegno orizzontale e due volute che rafforzano il sostegno e lo irrigidiscono. Viene così a crearsi, attraverso l'unione di quattro elementi distinti -- il ritto, le due volute e il «dormiente» orizzontale -- una sagoma mistilinea che ricorda quella del cuore. Prima di arrivare alla soluzione finale sono state individuate altre ipotesi, tutte verificate nel loro rapporto con la sala e i suoi colori, attraverso simulazioni della veduta d'insieme. È stato così possibile valutare il diverso grado d'impatto visivo, i rapporti proporzionali e i valori cromatici e operare, insieme al committente, le scelte più idonee al raggiungimento degli obiettivi prefissati.
Per accentuare la leggerezza dei nuovi inserti si è sperimentato il ricorso a materiali diversi, fino alla trasparenza assoluta ottenibile attraverso l'uso del vetro e del perspex, scegliendo poi un tipo di leggerezza non legata all'uso di materie particolari, ma dipendente dalle forme adottate, e quindi più adatta a creare un dialogo con le forme dell'ambiente architettonico e le sue smaglianti decorazioni pittoriche. Anche la forma dei banchi ha subito continue metamorfosi che hanno puntualmente seguito critiche e suggerimenti del committente.
Per l'illuminazione dei banchi si è suggerita la realizzazione di lampade spostabili in struttura lignea con un paralume cubico di pergamena. Uno o due banchi di forma diversa saranno a disposizione degli studiosi per la consultazione dei codici di dimensione eccezionale che debbono essere consultati rimanendo in piedi. Per le sedute si dovrà scegliere tra una seggiola imbottita che ripete nello schienale il motivo delle volute contrapposte e una soluzione più semplice con seduta e schienale in legno che reinterpreta un modello assai diffuso nel Cinquecento.

(©L'Osservatore Romano 5 ottobre 2012)

I nuovi spazi voluti da Leone XIII

Quel risveglio che sembrava una risurrezione

di Paolo Vian

Nel 1785, in una lettera al fratello Carlos, l'ex gesuita spagnolo Juan Andrés y Morell aveva descritto la Vaticana, ancora centrata sul Salone Sistino e sulle lunghe gallerie che da esso si dipartono, come una biblioteca senza libri, un luogo in cui manoscritti e stampati erano gelosamente chiusi negli armadi lungo le pareti e sfuggivano così alla vista del visitatore al punto di dargli l'impressione di non essere in una biblioteca ma in un «bibliotaphio», in una «tomba di libri». Se lo stesso personaggio fosse stato magicamente trasferito con la macchina del tempo agli inizi degli anni Novanta dell'Ottocento, negli ambienti rinnovati della Biblioteca Vaticana di Leone XIII, avrebbe sicuramente dubitato di trovarsi nella stessa biblioteca visitata un secolo prima. La svolta impressa alla vita dell'istituzione da Papa Pecci fu infatti radicale e profonda (the awakening [...] after a long sleep -- almost a resurrection, come si espresse in modo forse troppo perentorio un protagonista della Vaticana del XX secolo, Eugène Tisserant) e si tradusse in una politica biblioteconomica e spaziale del tutto nuova rispetto ai secoli precedenti. Essa in pochi anni rinnovò volto e ambienti della Vaticana costituendo il primo passo di un processo proseguito con coerenza e continuità nei pontificati successivi.
La Vaticana di Leone XIII (1878-1903) cerca dunque nuovi ambienti nei quali il libro divenga familiare strumento di lavoro messo a disposizione degli studiosi in scaffali aperti alla consultazione, esibito a un contatto costante e funzionale. Quasi al termine del «secolo della storia», dopo avere traumaticamente perduto il potere temporale, il pontificato romano apre con coraggio e lungimiranza il suo Archivio e la sua Biblioteca a una più ampia consultazione degli studiosi. Fu allora che una biblioteca di palazzo di difficile (ma non impossibile) accesso incominciò a trasformarsi in un centro di ricerche per studiosi di ogni confessione e ideologia, nella certezza che la Chiesa non avrebbe avuto nulla da temere dall'onesta e disinteressata ricerca del vero. Così, mentre la città di Roma si riempiva di monumenti che esaltavano polemicamente il libero pensiero contro l'oscurantismo ecclesiastico, la Chiesa di Roma, non senza interne resistenze e sofferenze, apriva i suoi tesori eruditi e letterari ai ricercatori di tutto il mondo.
Il problema di una nuova organizzazione degli spazi non era posto con insistenza solo dalla riconversione di ruolo e di indirizzo della biblioteca papale; alla ricerca di nuove soluzioni spingeva l'accumulo degli stampati che progressivamente si erano estesi a occupare le gallerie, con una particolare accelerazione a partire dalla prima Repubblica Romana (1798-1799) e nell'epoca delle requisizioni napoleoniche che, nei primi anni dell'Ottocento, convogliarono in Biblioteca cospicue raccolte di manoscritti e stampati di monasteri e conventi soppressi che finirono per contendere gli spazi ai Musei Sacro e Profano pertinenti alla Biblioteca, di origine settecentesca. Alla ricerca di altri ambienti, negli anni Trenta del XIX secolo Gregorio XVI (1831-1846) aveva deciso di spostare buona parte degli stampati nell'Appartamento Borgia, all'estremità meridionale del Cortile del Belvedere, accanto alla Torre Borgia, a non grande distanza dalla prima sede niccolino-sistina della Vaticana. Si trattava di un'ulteriore estensione che occupava gli ultimi spazi ancora disponibili al livello del Salone Sistino. Ma la soluzione era avvertita come infelice e precaria per una molteplicità di ragioni: perché impediva la fruizione artistica degli ambienti affrescati dal Pinturicchio, perché allontanava gli stampati dal luogo di consultazione dei manoscritti (allora localizzato nel Vestibolo del Salone Sistino, in un ambiente illuminato da una sola finestra intorno alla quale si accalcavano, alla ricerca di luce, gli studiosi ammessi) e infine perché lo spazio era ridotto e l'ulteriore aumento degli stampati lo avrebbe presto esaurito. Era poi diffusa la consapevolezza che questi continui spostamenti degli stampati, che comportavano cambiamenti di segnature condizionate dagli ambienti di deposito dei volumi, erano esiziali per l'ordine e l'amministrazione del patrimonio degli stampati, a differenza di quanto accadeva nell'ambito dei manoscritti, contraddistinti da accessioni meno numerose e soprattutto legati a collocazioni stabili, negli armadi del Salone Sistino e delle gallerie adiacenti, che non ne modificavano periodicamente le segnature, e quindi con indici e inventari in qualche modo definitivi.
Certo spinto da queste riflessioni Giovanni Battista De Rossi, il pioniere dell'archeologia cristiana, l'esponente più rappresentativo della Vaticana di Pio IX (1846-1878), stese nel maggio 1885 un progetto per la costruzione di un nuovo edificio, al di là del cosiddetto Stradone dei Musei, «dal lato del giardino pontificio», all'altezza del Salone Sistino e a esso collegato da un «ponte o cavalcavia» che avrebbe ospitato anche una sala di studio. La proposta di De Rossi, che si diceva interprete anche delle vedute del cardinale bibliotecario Jean-Baptiste Pitra (notoriamente in difficoltà nei suoi rapporti con Leone XIII anche in merito al nuovo indirizzo impresso alla Vaticana), ci appare oggi l'espressione di un partito perdente nella più o meno sotterranea lotta tra i fautori del nuovo corso e gli eredi della Vaticana ottocentesca, la «vecchia guardia» destinata a soccombere nelle grandi trasformazioni innescate dalle decisioni di Leone XIII. Di fatto la proposta di De Rossi non ebbe seguito e, per quanto promuovesse princìpi che sarebbero stati in seguito applicati a proposito dell'integrità dei fondi e della necessità di conservare il nesso fra la consultazione dei manoscritti e la disponibilità degli stampati, le scelte immediatamente successive si mossero in direzione diversa. Il 20 aprile 1889, a poche settimane dalla morte di Pitra, dopo un sopralluogo del segretario di Stato Mariano Rampolla del Tindaro e del nuovo cardinale bibliotecario Placido Schiaffino, si decise di occupare gli ampi spazi dell'armeria sottostante al Salone Sistino per trasferirvi gli stampati dalla sede dell'Appartamento Borgia. La scelta compiuta fu decisiva per i futuri sviluppi dell'occupazione degli spazi della Biblioteca Apostolica: per la prima volta, dal Cinquecento, l'estensione non avveniva più allo stesso livello del Salone Sistino ma nei livelli inferiori, verso il basso e verso il già esistente, scartando l'ipotesi di nuovi edifici. Si inaugurava così la terza fase della storia della Vaticana, quella «Leonina» appunto (dopo la «prima Sistina», di Niccolò v e di Sisto iv, e la «seconda Sistina», di Sisto v), caratterizzata dalla progressiva occupazione, proseguita lungo tutto il XX secolo, dei piani inferiori dell'edificio costruito da Domenico Fontana negli anni 1587-1589.

(©L'Osservatore Romano 5 ottobre 2012)

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