mercoledì 17 ottobre 2012

Il soffio della speranza. Mons. Jeanbart (Aleppo) sulla visita della delegazione inviata da Benedetto XVI (Sir)


Il soffio della speranza

Mons. Jeanbart (Aleppo) sulla visita della delegazione inviata da Benedetto XVI

“Non possiamo essere semplici spettatori di una tragedia come quella che si sta consumando in Siria: alcuni interventi sentiti in aula ne sono la prova”. Lo ha detto il card. Tarcisio Bertone, segretario di Stato vaticano, intervenendo il 16 ottobre al Sinodo dei vescovi sulla nuova evangelizzazione (Vaticano, 7-28 ottobre). “Convinti che la soluzione della crisi non può essere che politica e pensando alle immani sofferenze della popolazione, alla sorte degli sfollati nonché al futuro di quella nazione, alcuni di noi - ha detto il card. Bertone - hanno suggerito che la nostra assemblea sinodale possa esprimere la sua solidarietà. Il Santo Padre ha così disposto che una delegazione si rechi nei prossimi giorni a Damasco con lo scopo di esprimere, a nome Suo e di tutti noi: la nostra fraterna solidarietà a tutta la popolazione, con un’offerta personale dei Padri Sinodali, oltre che della Santa Sede; la nostra vicinanza spirituale ai nostri fratelli e sorelle cristiani; i nostri incoraggiamenti a quanti sono impegnati nella ricerca di un accordo rispettoso dei diritti e dei doveri di tutti, con una particolare attenzione a quanto previsto dal diritto umanitario”. Della delegazione fanno parte: il card. Laurent Mosengwo Pasinya, arcivescovo di Kinshasa; il card. Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso; il card. Timothy Dolan, arcivescovo di New York; mons. Fabio Suescun Mutis, ordinario militare in Colombia; mons. Joseph Nguyen Nang, vescovo di Phat Diem; mons. Dominique Mamberti, segretario per i Rapporti con gli Stati della Segreteria di Stato; mons. Alberto Ortega, officiale della Segreteria di Stato. Si presume che esperite le formalità necessarie con il nunzio apostolico e con le autorità locali, la delegazione si recherà a Damasco la settimana prossima. Su questa notizia Daniele Rocchi, per il Sir, ha raccolto le dichiarazioni di mons. Jean-Clement Jeanbart, arcivescovo greco-melkita di Aleppo, città martire al centro, da settimane, di intensi scontri tra forze governative e di opposizione. Solo 5 giorni fa bombardamenti e razzi delle forze armate dell’opposizione e dei ribelli hanno provocato danni all’arcivescovado e il ferimento grave di un sacerdote, trasferito in Libano per le cure necessarie. Mentre l’arcivescovo parla al telefono, si sentono nitidamente i colpi e le deflagrazioni degli scontri.

Eccellenza, che significato assume l’arrivo di una delegazione apostolica di alto profilo in Siria, in questo momento?

“Si tratta di una bellissima notizia che ci procura gioia e consolazione. Ma il suo significato non è solo pastorale ma anche sociale e politico. I componenti della delegazione, infatti, potranno rendersi conto di quanto veramente sta accadendo in Siria e che i media non riportano sempre correttamente. Le forze armate del Governo si sono macchiate certamente di abusi, violenze e di comportamenti dittatoriali, non tanto quanto i ribelli e i terroristi appartenenti a movimenti fondamentalisti. Sono più numerosi i combattenti stranieri che quelli siriani dell’esercito siriano libero. Sono centinaia i gruppi combattenti mercenari arrivati dall’estero”.

Può essere un’occasione utile anche per portare avanti una “missione di pace”?

“È quello che tutti speriamo. L’auspicio è che la delegazione del Papa, di alto profilo visti i nomi che la compongono, possa incoraggiare governo e opposizione ad accettare il dialogo arrivando anche a un compromesso. Sarebbe importante per porre fine alle violenze. Solo cinque giorni fa il nostro arcivescovado è stato bombardato dai ribelli con razzi katiuscia. Io e il mio vicario generale ci siamo salvati per miracolo, mentre un mio sacerdote è rimasto gravemente ferito e ora si trova in Libano per le cure del caso. La paura cresce ogni giorno di più. Non credo sia questo il modo di liberare un Paese, per me è terrorismo”.

Qualcosa però sembra muoversi: il governo siriano sarebbe pronto a valutare l’eventualità di una tregua militare per la festa del sacrificio, che inizia il 26 ottobre. Cosa ne pensa?

“Una cosa molto importante, purché non sia l’occasione per l’opposizione di riorganizzarsi e armarsi. L’intenzione del governo di valutare un simile atto è positiva. Spero si faccia. La situazione è delicata, mi auguro che l’opposizione possa rendersi conto di questo e trovare un accordo”.

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