lunedì 15 ottobre 2012

I volti del crocifisso. L'Anno della fede aperto a Baghdad: il Nunzio sui cristiani dei Paesi in conflitto (Sir)


I volti del crocifisso

L'Anno della fede aperto a Baghdad: il Nunzio sui cristiani dei Paesi in conflitto

Con una messa, nella cattedrale di san Giuseppe, si è aperto, il 12 ottobre, a Baghdad, l’Anno della fede. La liturgia è stata presieduta da mons. Jacques Isaac, ausiliare patriarcale caldeo e da mons. Yousif Abba, vescovo siro cattolico di Baghdad, alla presenza, tra gli altri, di mons. Giorgio Lingua, nunzio apostolico in Giordania ed Iraq che ha pronunciato l’omelia, di mons. Jean B. Sleiman, vescovo latino di Baghdad, di mons. Emmanuel Dabbaghian, vescovo armeno cattolico dell’Iraq, e di rappresentanti di altre chiese. Data l’importanza, l’evento, cui ha partecipato anche Raad Kachaci, presidente dell’ufficio governativo per i cristiani e le altre religioni, è stato trasmesso in diretta dal canale televisivo iracheno Al Sumaria. Oltre alla messa si è tenuto anche un incontro nel corso del quale padre Albert Hisham ha riassunto ai fedeli il significato e le tappe principali dell’Anno della fede attraverso la proiezione di alcune diapositive. 

Voglia di restare. Secondo il sito Baghdadhope che riporta diffusamente la notizia, “la cerimonia, ed il calore con il quale i fedeli iracheni hanno risposto all’appello a partecipare all’Anno della fede rappresentano un ennesimo segno di resistenza e vitalità di una comunità che ha molto sofferto ma che non vuole abbandonare il proprio paese né dimenticare le proprie radici religiose. E questo nonostante i pericoli che ancora oggi si corrono a vivere in Iraq e le tragedie che lì si sono vissute e che proprio in questi giorni tornano alla memoria di ognuno”. Infatti, esattamente il 12 ottobre di sei anni fa, a Baghdad, si svolsero i funerali di padre Paul Iskander, il sacerdote siro ortodosso rapito ed ucciso a Mosul dopo essere stato barbaramente mutilato. Il rapimento e l’omicidio di padre Iskander segnarono l’inizio di un periodo particolarmente difficile per la chiesa in Iraq che subì rapimenti di altri sacerdoti e l’uccisione di padre Ragheed Ganni e dell’arcivescovo caldeo di Mosul, mons. Faraj P. Raho. Episodi che sembravano essere terminati nel 2007 ma che si ripresentarono in tutta la loro crudeltà di nuovo nel 2010 quando un commando attaccò la chiesa siro cattolica di Nostra Signora della Salvezza nel centro di Baghdad uccidendo decine di fedeli e due sacerdoti: padre Thair Sad-alla Abd-al e padre Waseem Sabeeh Al-Kas Butrous. 

I cristiani di Baghdad. Ed è proprio alla luce di queste storie che le parole di mons. Giorgio Lingua, all’omelia, hanno assunto un significato ancora più profondo: “Ammiro i cristiani di Baghdad, di Mosul, della Siria, della Palestina, che quotidianamente sono a contatto con il volto del Crocifisso e continuano a sperare e a lavorare per la pace perché sanno che è Risorto!”. Il nunzio ha riferito di alcune storie di rifugiati siriani in Giordania ascoltate recentemente e si è detto “sconvolto”. “So - ha aggiunto - che molti di voi hanno conosciuto e sperimentato simili atrocità. E mi domandavo: dov’è l’amore di Dio in tutto questo? Dov’è l’amore di Dio nel dolore degli innocenti, nei carcerati torturati, nel dramma degli orfani, nelle sofferenze dei malati, nelle paure dei perseguitati, nel pianto dei disperati, nella solitudine degli anziani abbandonati, nei poveri disprezzati, nella precarietà di chi non trova lavoro, nell’angoscia dei tanti che muoiono di fame in mezzo all’indifferenza del mondo? Ma non dobbiamo dimenticare che il Risorto è il Crocifisso!”. Da qui l’appello di mons. Lingua ad abbandonarsi “alla volontà di Dio, non nella rassegnazione di chi pensa: ‘le cose dovrebbero andare meglio, purtroppo vanno così, sia fatta la Sua volontà!’” ma nella consapevolezza che “possiamo compiere la sua volontà”. 

La forza della fede. È la fede, dunque, ad illuminare la “dura realtà quotidiana” e a fornire la forza per affrontarla: “nel suo recente viaggio in Libano, Benedetto XVI ha auspicato che i cristiani non abbandonino queste terre che hanno visto i primi passi della storia d’amore tra Dio e l’umanità ed ha detto che dobbiamo fare di tutto per aiutarli a rimanere. È facile chiedere di rimanere, ma come convincere coloro che incontrano enormi difficoltà ogni giorno? Credo - ha ribadito mons. Lingua - che solo questa fede, solo vedendo il volto del Crocifisso nelle contrarietà della vita, nelle difficoltà di ogni giorno, può dare la forza di rimanere, di non fuggire. Solo chi ama veramente Gesù crocifisso e abbandonato può trovare la forza e il senso nelle difficoltà e superare le prove”.

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