venerdì 12 ottobre 2012

Benedetto XVI apre l’Anno della Fede con una solenne concelebrazione in piazza San Pietro



Per la nuova evangelizzazione torniamo ai testi del Concilio

Benedetto XVI apre l’Anno della Fede con una solenne concelebrazione in piazza San Pietro

Un monito, con lo sguardo rivolto al secolo dei totalitarismi. Quando si è inverata l’esperienza di un «mondo senza Dio», in quel XX secolo con le sue «pagine tragiche della storia», la dittatura nazista e quella sovietica.
Un’esperienza che rimbalza fino a oggi: «La vediamo ogni giorno intorno a noi» a grazie alla «desertificazione spirituale» del mondo degli ultimi decenni. Papa Benedetto XVI lo ricorda durante l’omelia della messa di apertura dell’Anno della Fede in piazza San Pietro, che cade nel 50esimo anniversario della cerimonia di apertura del Concilio Vaticano II. 
«In questi decenni - ha detto - è avanzata una “desertificazione” spirituale. Che cosa significasse una vita, un mondo senza Dio, ai tempi del Concilio lo si poteva già sapere da alcune pagine tragiche della storia, ma ora purtroppo lo vediamo ogni giorno intorno a noi. è il vuoto che si è diffuso». Tuttavia, ha proseguito il Successore di Pietro di fronte a circa 20mila persone, durante una messa concelebrata insieme a circa 400 vescovi - tra cui 80 cardinali, 15 padri conciliari, 8 patriarchi delle Chiese orientali, 191 arcivescovi e vescovi sinodali e 104 presidenti di Conferenze episcopali di tutto il mondo «è proprio a partire dall’esperienza di questo deserto, da questo vuoto che possiamo nuovamente scoprire la gioia di credere, la sua importanza vitale per noi uomini e donne. Nel deserto si riscopre il valore di ciò che è essenziale per vivere; così nel mondo contemporaneo sono innumerevoli i segni, spesso espressi in forma implicita o negativa, della sete di Dio, del senso ultimo della vita». 
«E nel deserto - ha aggiunto - c’è bisogno soprattutto di persone di fede che, con la loro stessa vita, indicano la via verso la Terra promessa e così tengono desta la speranza. La fede vissuta apre il cuore alla Grazia di Dio che libera dal pessimismo. Oggi più che mai evangelizzare vuol dire testimoniare una vita nuova, trasformata da Dio, e così indicare la strada». I duemila vescovi di tutto il mondo che parteciparono mezzo secolo fa al Concilio Vaticano II «volevano ripresentare la fede in modo efficace» e «e si aprirono con fiducia al dialogo con il mondo moderno proprio perché erano sicuri della loro fede, della salda roccia su cui poggiavano». 
«Invece - ha ricordato Papa Ratzinger - negli anni seguenti, molti hanno accolto senza discernimento la mentalità dominante, mettendo in discussione le basi stesse del depositum fidei, che purtroppo non sentivano più come proprie nella loro verità». Per tornare ad evangelizzare il mondo contemporaneo la Chiesa deve tornare alla «lettera» dei documenti del Concilio Vaticano II, perché lì risiede «l’autentico spirito» e la «vera eredità» della grande assise che ha rinnovato la Chiesa mezzo secolo fa. 
E «affinché questa spinta interiore alla nuova evangelizzazione non rimanga soltanto ideale e non pecchi di confusione - ha detto il Pontefice, che partecipò al Concilio da giovane teologo al servizio dell'arcivescovo di Colonia -, occorre che essa si appoggi ad una base concreta e precisa, e questa base sono i documenti del Concilio Vaticano II, nei quali essa ha trovato espressione». 
«Per questo - ha ribadito Ratzinger - ho più volte insistito sulla necessità di ritornare, per così dire, alla lettera del Concilio - cioé ai suoi testi - per trovarne anche l’autentico spirito, e ho ripetuto che la vera eredità del Vaticano II si trova in essi. Il riferimento ai documenti mette al riparo dagli estremi di nostalgie anacronistiche e di corse in avanti, e consente di cogliere la novità nella continuità. Il Concilio non ha escogitato nulla di nuovo come materia di fede, né ha voluto sostituire quanto è antico». 
«Piuttosto - ha concluso - si è preoccupato di far sì che la medesima fede continui ad essere vissuta nell’oggi, continui ad essere una fede viva in un mondo in cambiamento». Ecco allora il cuore del messaggio di Benedetto XVI: la nuova evangelizzazione deve guardare alla lezione di 50 anni fa. Alla “lettera” dei documenti del Concilio Vaticano II, perché lì risiedono l’autentico spirito e la vera eredità della grande assise che ha rinnovato la Chiesa mezzo secolo fa. 
Il Concilio ecumenico vaticano II in pillole
Il Concilio ecumenico Vaticano II, del quale celebriamo il 50esimo anniversario, è stato il ventunesimo e ultimo concilio ecumenico. Si è trattato di una riunione di tutti i vescovi del mondo per discutere di argomenti riguardanti la vita della Chiesa cattolica. Si svolse in quattro sessioni, dal 1962 al 1965, sotto i pontificati di Giovanni XXIII e Paolo VI. L’annuncio della indizione fu dato da Giovanni XXIII il 25 gennaio 1959, ad appena tre mesi dalla sua elezione al soglio pontificio, nella basilica di San Paolo («Venerabili Fratelli e Diletti Figli Nostri! Pronunciamo innanzi a voi, certo tremando un poco di commozione, ma insieme con umile risolutezza di proposito, il nome e la proposta della duplice celebrazione: di un Sinodo Diocesano per l’Urbe, e di un Concilio ecumenico per la Chiesa universale»). 
Il Concilio fu aperto ufficialmente l’11 ottobre 1962 da papa Giovanni XXIII nella basilica di San Pietro in Vaticano con una cerimonia solenne. In tale occasione il Papa pronunciò il celebre discorso “Gaudet Mater Ecclesia”, seguito, la sera stessa, dal “Discorso della luna”. L’assise raccolse quasi 2500 fra cardinali, patriarchi e vescovi cattolici da tutto il mondo. Fu la prima vera occasione per conoscere realtà ecclesiali fino a quel momento rimaste ai margini della Chiesa.

© Copyright La Discussione, 12 ottobre 2012 consultabile online anche qui.

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