sabato 29 settembre 2012

Si apre oggi il processo all’ex maggiordomo di Benedetto XVI (Galeazzi)


Il giorno del corvo

Il maggiordomo del Papa alla sbarra

Paolo Gabriele è accusato di furto aggravato. Rischia fino a quattro anni di carcere. Il processo al via

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

Nel giorno in cui la Chiesa celebra la festa dell’arcangelo vendicatore San Gabriele (protettore di chi porta notizie), si apre il processo all’ex maggiordomo di Benedetto XVI. Il «corvo» rischia una pena fino a quattro anni di carcere: un massimo di tre per il furto dei documenti e uno in più per l’aggravante di aver rubato in casa di chi si fidava di lui. Paolo Gabriele, che intanto si dedica alla pittura e viene descritto dagli amici come «pentito e preoccupato per i suoi tre figli», stamattina alle 9.30 comparirà nella piccola aula da trenta posti del Tribunale vaticano per l’inizio del processo a suo carico, insieme con Claudio Sciarpelletti, tecnico informatico della Segreteria di Stato, imputato di favoreggiamento, che sua volta, rischia fino a un anno di detenzione.  
 Agli arresti domiciliari in Vaticano, Gabriele appare un uomo prostrato psicologicamente, provato per la crescente consapevolezza, ora che si spalanca la porta del tribunale vaticano, di aver coinvolto la famiglia nelle conseguenze delle sue azioni. Il momento in casa Gabriele, è quanto mai difficile. A pesare è soprattutto la messa agli atti del rinvenimento dell’assegno da 100mila euro intestato al Pontefice, della pepita d’oro e di una preziosa edizione dell’Eneide del 1581. La profonda fede che lo anima aiuta «Paoletto» a sperare in un provvedimento di clemenza: voleva portare a conoscenza dell’opinione pubblica il volto oscuro del Vaticano perciò nega che il movente sia stata l’avidità. Si sentiva il difensore del Papa «sotto attacco» in Curia e fuori. A fare la differenza sarà la ricerca della prova, che in Italia col nuovo Codice avviene attraverso il contraddittorio tra le parti, mentre in Vaticano si basa sull’istruttoria formale guidata dal giudice. Nel processo, dunque, non sarà necessario ripetere in aula tutte le testimonianze raccolte durante l’istruttoria formale condotta dal giudice Bonnet, come i testimoni indicati nelle carte del rinvio a giudizio con le lettere dell’alfabeto. Lo si farà solo se ce ne sarà richiesta delle parti. Stamattina il tribunale avvierà il dibattimento che si svolgerà con la relazione del giudice. Poi le parti avranno la possibilità di svolgere tutte le loro attività difensive, quindi si passerà alla requisitoria del pm e alle arringhe difensive. Infine il tribunale si ritirerà in camera di consiglio ed emetterà la sentenza.  A presiedere la Corte sarà Giuseppe Dalla Torre, presidente del tribunale vaticano, giudici a latere Paolo Papanti-Pelletier e Venerando Marano. L’accusa sarà rappresentata da Nicola Picardi. Gabriele sarà difeso dall’avvocato Cristiana Arru, Sciarpelletti da Gianluca Benedetti. Il processo è pubblico, ma gli ingressi saranno ristretti. Vi assisterà un pool di otto giornalisti, su circa 70 che ne hanno fatto richiesta. Assolutamente vietate riprese tv, foto e registrazioni audio, mentre immagini di inizio udienza saranno fornite dal Ctv e dall’Osservatore Romano. Impossibile prevedere ora una durata del processo: non è stato ancora fissato un calendario delle udienze. La confessione già resa da Gabriele sull’appropriazione dei documenti del Papa, poi finiti sulle pagine di libri e giornali, non costituisce «prova regina», ma dovrà essere confortata dall’accertamento dei fatti. Ampi i poteri del tribunale, che può anche disporre nuovi atti istruttori, o anche inviare atti al pm se emergessero ipotesi di reato a carico di altre persone. Di sua iniziativa non può richiedere la relazione trasmessa al Pontefice dalla Commissione cardinalizia su Vatileaks, a meno che non sia lo stesso Papa a volerla far avere ai giudici. Anche in caso di condanna, resta la possibilità della grazia. 

© Copyright La Stampa, 29 settembre 2012 consultabile online anche qui.

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