giovedì 6 settembre 2012

Il cardinale del dialogo. Certo, ok. Ma con chi e come? Martini è stato sopraffatto, in questi giorni, da panegirici acritici, eccessivi ed interessati (Morra)


Martini è stato sopraffatto, in questi giorni, da panegirici acritici, eccessivi ed interessati

Il cardinale del dialogo. Certo, ok. Ma con chi e come?

di Gianfranco Morra* 

*già ordinario di sociologia all'università di Bologna 

La morte ha colto il cardinal Martini nella vasta casa dei Gesuiti a Gallarate. Che ogni anno ospitava il raduno dei filosofi cristiani (allora ce n'erano) e dove, nel 1961, lo conobbi (eravamo relatori sul tema dell'ateismo). Da allora, ho sempre ammirato lo studioso della Bibbia e ne ho seguito le attività, anche sui mass-media, gli studi e i trionfi, dovuti ad una intelligenza insolita e ad una programmata moderazione. Era una sirena del laicismo, i suoi interlocutori erano per lo più i non cristiani, molti di loro sono divenuti «atei devoti». «Vedete, diceva loro, io accetto molto di quanto dite, perché anche voi, sotto sotto, siete cristiani».
I giornali hanno intitolato con le banalità di occasione: «Amava i milanesi», «Ruppe le barriere», «Il vescovo liberal», «Il gigante di Milano». È prevalso il titolo: «Cardinale del dialogo». Che è giustissimo. E preoccupante. Che un cristiano debba dialogare, è sin troppo ovvio. Ma dialogare con chi? e, soprattutto, come? I
l dialogo è un mezzo, non un fine, non è la verità, ma un suo strumento. Martini ha avuto il merito di realizzare, nel modo più efficace, il dialogo sbagliato del cristiano. Ha fondato la «Cattedra dei non credenti» (titolo opportunistico, ma non solo). In ciò è stato un grande maestro, capace di unire uno stile di vita di rigida e autentica moralità con un integralismo camuffato da dialogo.
E ciò nella piena tradizione del suo ordine, (quello dei gesuiti, ndr) la cui strategia, che gli storici collegano al machiavellismo, è stata sempre quella di accettare al massimo tutte le tendenze vincenti nella società e di aggiungervi poi un «supplemento di anima» nella speranza di rendere ancora accettabile una religione ormai così dimenticata, da non essere più neppure rifiutata. E con la conseguenza di spogliare il cristianesimo della sua scandalosa originalità, per farne un optional di un mondo scristianizzato. In ciò, la rubrica da lui tenuta sul giornale della borghesia laica, con le sue risposte, patetiche e tranquillizzanti, alle lettere di lettori, è stata davvero esemplare.
In curia il «mite» Martini era inflessibile e coerente. Era nato per essere un leader. Il suo disegno di accantonamento della tradizione era perseguito con un pugno di ferro, attraverso la scelta di uomini formatisi nella dissoluzione postconciliare e disposti ad adattare la fede a buonismo, la morale a intenzione, la teologia a relativismo. Le tendenze tradizionaliste gli erano indigeste, ad esempio quella di «Comunione e liberazione», nei cui confronti non fu mai tenero. Anche sul piano politico la tecnica era collaudata: mostrarsi del tutto distaccato dalle scelte dei partiti, ma anche combattere quelle tendenze che si opponevano all'establishment postconciliare, cioè cattocomunista.
Da qui nel 2004, quando scese in campo Berlusconi, la sua decisa campagna contro di lui. Non mancò di appoggiare silenziosamente i gruppi cristiani che si schieravano dall'altra parte. Ma la cosa non deve stupire e gli fa onore: da sempre i gesuiti hanno fatto politica senza fare politica. 
Così, nel rapporto col Papa: è noto che i gesuiti hanno un quarto voto, l'obbedienza al Pontefice. Con nonchalance, Martini lo ha sempre dimenticato: di Giovanni Paolo II, che pur nel 1979 lo aveva chiamato alla cattedra di Milano, fu considerato il contraltare; con Benedetto XVI non guerreggiò in Conclave (nonostante la favola inventata dai progressisti che si sarebbe generosamente ritirato; in realtà ebbe, sin dall'inizio, pochissimi voti), ma si oppose più volte alle sue decisioni: quando ha liberalizzato (non imposto) la messa latina, Martini lo ha decisamente criticato sul «Sole-24 ore».
I due papi erano troppo lontani dalle sue aperture dialogiche e dai suoi opportunismi dialettici. Con i quali egli ha sempre aperto alle esigenze attuali del mondo, riscoprendo un'altra tattica, propria della Compagnia di Gesù, la casistica, che impone la fedeltà ai principii, ma anche la considerazione delle esigenze dell'epoca: «todo modo para buscar la voluntad de Dios», (S. Ignazio) (ogni modo per cercare la volontà di Dio ndr). Da ciò le aperture ai gay, alle adozioni da parte dei single, alle coppie di fatto, al profilattico, alla bioetica, al matrimonio dei preti, ai divorziati, per i quali in una intervista su «Repubblica» aveva chiesto un apposito Concilio: in quasi totale sincronia con ciò che i papi affermavano in senso opposto, ma sempre rivendicando la sua fedeltà alla Cattedra di Pietro. Con la nota acutezza Giuliano Ferrara, nel necrologio sul «Foglio», ha riassunto la positiva novità del suo episcopato con le parole «indifferenza e relativismo». Il cardinal Martini, che ha servito Dio sempre in buona fede e spesso anche in fede buona, ha ricevuto da tutti un omaggio entusiasta, in Duomo, a Milano. Anche da parte di chi condivide quelle scelte del mondo, che papa Ratzinger chiama relativismo, nichilismo, anarchismo morale, ben difficilmente accordabili con la fede cristiana. 
Il mondo ha sempre combattuto la Chiesa, quando contava; e l'ha assorbita quando aveva perso ogni identità. Ratzinger ci insegna che dobbiamo dubitare di quei cristiani che sono esaltati da tutti. Come ci aveva detto Gesù: «Beati voi quando vi insulteranno, vi metteranno al bando e vi perseguiteranno per causa mia» (Discorso della Montagna).

© Copyright Italia Oggi, 6 settembre 2012 consultabile online anche qui.

5 commenti:

Anonimo ha detto...

però su questo blog non ho visto le immagini dell'ultimo incontro fra il papa e martini.

Raffaella ha detto...

Credo che siamo stati i soli a segnalare il bel servizio di Brunelli andato in onda lunedi' sera al Tg2:

http://paparatzinger5blograffaella.blogspot.it/2012/09/le-immagini-inedite-dellultimo-incontro.html

Ignoro la ragione per cui il Corriere abbia pubblicato le immagini solo ieri ma di sicuro non possiamo essere accusati di non avere segnalato il servizio.


Anonimo ha detto...

Sul Foglio di oggi Francesco Agnoli ha scritto un articolo molto duro ma, ahimè, anche molto veritiero
In morte del cardinale Martini,
che combatté una vita intera per
snaturare la sua chiesa.
Alessia

Anonimo ha detto...

"Martini ha avuto il merito di realizzare, nel modo più efficace, il dialogo sbagliato del cristiano"

L'ossimoro la dice tutta. Morra è una delle menti più lucide del cattolicesimo contemporaneo.
Martini sarà dimenticato, come altri cardinali "sbagliati" (Lercaro et similia...)

Anonimo ha detto...

Martini fu un grande biblista storico ma un cardinale scardinato...fuori da ogni regola.Se fosse ststo coerente con se stesso si sarebbe dimesso da quella porpora di una chiesa arretrata(sic!) di duecento anni ma si sa il piatto cardinalizio fa gola...tenere il piede in due staffe ancora di più.
Un vero peccato perché una mente brillante come la sua sarebbe stato di grande aiuto alla Chiesa e ai papi invece ha lasciato solo macerie e confusione.
Come gesuita figlio di Ignazio son certo amava il papa ma ha lasciato trasparire il contrario e nella civiltà odierna dell'hic et nunc il suo messaggio è stato devastante. Preghiamo per lui...che Iddio lo perdoni.