domenica 30 settembre 2012

Chiamato a deporre Carlo Maria Polvani, il nipote del nunzio Viganò all'origine di Vatileaks (Calabrò)



Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

Il retroscena 
Tutto partì dal trasferimento di Viganò negli Stati Uniti

Chiamato a deporre il nipote del nunzio all'origine di Vatileaks

Maria Antonietta Calabrò

Il processo all'informatico Claudio Sciarpelletti è stato stralciato ma la lista dei testimoni che saranno ascoltati nel suo caso con i nomi in chiaro è stata già fornita. 
Tra essi spicca il nome di monsignor Carlo Maria Polvani, responsabile del Centro documentazione della Segreteria di Stato, incaricato di tenere i contatti tra la Segreteria di Stato e i media vaticani, Osservatore Romano e Radio Vaticana e CTV, il capo dell'ufficio di Sciarpelletti (e che sarà sentito proprio per questo durante il dibattimento).
Un incarico non di primissimo piano nella nomenclatura vaticana, sicuramente sconosciuto all'opinione pubblica, ma strategico.
Un nome che tuttavia negli anni scorsi è venuto alla ribalta in quanto nipote dell'attuale nunzio apostolico negli Stati Uniti, Carlo Maria Viganò, l'ex numero due del Governatorato della Città del Vaticano, il cui trasferimento a Washington ha dato fuoco alle polveri dello scandalo di Vatileaks, all'inizio di quest'anno.
Zio e nipote sono saliti agli onori della cronaca all'inizio del 2009, quando un attacco micidiale contro monsignor Viganò era arrivato dalla Francia. Il serissimo e documentatissimo quindicinale cattolico «L'Homme Nouveau» aveva ospitato un'inchiesta in due puntate dell'abbé Claude Barthe, nella quale questo sacerdote conosciuto e stimato da Benedetto XVI aveva inserito Viganò e suo nipote, monsignor Polvani appunto, nella lista di presunti «frondisti» di Curia accusati di remare contro il Papa e il cardinale segretario di Stato Tarcisio Bertone.
«Y a-t-il une opposition romaine au Pape?». 
Questo era il titolo — retorico nell'uso del punto interrogativo — del periodico, la cui casa editrice distribuisce Oltralpe l'edizione francese de L'Osservatore Romano.
Secondo l'articolo sarebbe esistita «une couronne sacrée», «una specie di segreteria di Stato interna alla segreteria di Stato» che avrebbe agito «con vedute divergenti dal Papa e dal segretario di Stato Tarcisio Bertone». Ne avrebbero fatto parte tra gli altri — secondo Barthe — Viganò, che a quel tempo era ancora in Segreteria di Stato, dove occupava la casella importantissima di «Capo del personale» e suo nipote Polvani, accusato da Barthe di essere anche un «ammiratore rétro di Che Guevara». Di lì a qualche mese, nel luglio del 2009, tuttavia, Viganò venne promosso a segretario (cioè numero due) del Governatorato, l'organismo che amministra lo Stato della Città del Vaticano. 
Nel 2010 una nuova campagna, a base di e-mail inviate a cardinali e a nunzi pontifici era tuttavia tornata a bersagliare Viganò con l'accusa di favorire la carriera del nipote.
Il 5 febbraio dell'anno scorso (2011) infine era uscito un articolo in cui, senza che se ne facesse il nome, Viganò era accusato di volersi intromettere in delicate questioni attinenti alla sicurezza, occupandosi di sistemi di sorveglianza ed intelligence. A maggio, dopo l'arresto di Gabriele, nel cassetto di Sciarpelletti in segreteria di Stato è stata trovata una busta con il contenuto di un capitolo del libro «Sua Santità», molto polemico nei confronti del capo della Gendarmeria, Domenico Giani, soprannominato «Napoleone in Vaticano». Una risposta a quelle vecchie accuse? Alla fine, Viganò ha dovuto lasciare il Governatorato, sia pure per il prestigiosissimo incarico di Nunzio negli Usa. Due sue lettere scritte (4 aprile e 7 luglio 2011) direttamente al Papa per protestare (scavalcando il cardinal Bertone), furono mostrate in tv nella trasmissione Gli Intoccabili, il 25 gennaio 2012. Era l'inizio di Vatileaks, e delle indagini che hanno portato all'arresto dell'ex maggiordomo del Pontefice.

© Copyright Corriere della sera, 30 settembre 2012

1 commento:

Anonimo ha detto...

Dunque, secondo questo articolo, spunta Polvani, che controllava i media vaticani (anche il sito vatican.va?), come uno che "remava contro" e, secondo l'abbé Barthe, è un «ammiratore rétro di Che Guevara».

Ohibò, se tutto questo fosse vero si spiegherebbero diverse cose, anche divertenti, su vatican.va.