mercoledì 26 settembre 2012

A confronto con le culture contemporanee. Intervista a suor Nicla Spezzati, direttore del nuovo Studium del Dicastero per i religiosi (Gori)

Intervista a suor Nicla Spezzati, direttore del nuovo Studium del Dicastero per i religiosi

A confronto con le culture contemporanee

di Nicola Gori

Ritorno al Vangelo, riscoperta del carisma originario e adesione al magistero della Chiesa con l'assunzione delle proprie responsabilità apostoliche e missionarie. Sono alcune delle indicazioni che il concilio Vaticano II raccomandava ai religiosi e che la Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica ripropone in questi giorni con una edizione ampiamente aggiornata e riformata dello Studium. A cinquant'anni di distanza dall'inizio del concilio, infatti, viene ampliata la proposta formativa, con la fondazione del corso di studi del magistero ecclesiale, di quella che agli esordi era chiamata scuola pratica del dicastero e che adesso si è trasformata in Studium: Scuola interdisciplinare per la formazione al magistero ecclesiale e alla normativa canonica sulla vita consacrata nella Chiesa, dedicata a Benedetto XVI. Ne parla in questa intervista al nostro giornale, suor Nicla Spezzati che, insieme all'altro sotto-segretario del dicastero, padre Sebastiano Paciolla, dirige lo Studium.

Quali sono le principali novità portate dallo Studium?

L'attuale proposta della Scuola interdisciplinare è innanzitutto espressione ferma del nostro dicastero nel voler accompagnare la vita consacrata nelle culture contemporanee affinché maturi nella fede la sua cifra evangelica ed ecclesiale, così da saper vivere la propria vocazione e missione in modo adeguato, persuasivo ed efficace nel nostro tempo. Le novità presentate dallo Studium sono innanzitutto riferite a una ricezione più strutturata della «storia degli effetti» del concilio Vaticano II sulla vita consacrata, a cinquant'anni dalla sua indizione. Si deve sottolineare in particolare la metodologia interdisciplinare della scuola, la quale in tal modo intende coniugare efficacemente ricerca e prassi; inoltre si intende relazionare la Traditio della Chiesa, con tutta la sua immensa ricchezza di esperienza di santità vissuta, al flusso potente, a volte anche impetuoso, delle istanze culturali contemporanee, introducendo a vivere, con percorsi mirati, l'ecclesiologia di comunione. Tale ecclesiologia infatti è la chiave e il paradigma fondamentale per rileggere l'intera vita consacrata e la sua missione. Essa non rappresenta solo un tema tra altri ma in qualche modo costituisce l'orizzonte che il nostro dicastero intende organicamente proporre.

Gli obiettivi formativi della scuola interdisciplinare non potrebbero essere inseriti nella formazione ordinaria degli aspiranti alla vita consacrata di ogni famiglia religiosa semplificando così le proposte formative?

È vero che molti istituti di vita consacrata, come anche organismi nazionali e regionali offrono ausili validi per la formazione iniziale. Nei decenni successivi al concilio molte realtà di vita consacrata hanno dato origine a percorsi interessanti sia dal punto di vista pratico che teorico. Gli obiettivi dello Studium così ripensato dopo oltre sessant'anni di esperienza costituiscono indubbiamente una sintesi significativa a cui si deve poter guardare, trovando in essa un punto di riferimento chiaro e sicuro. Non si deve dimenticare che nel periodo successivo al concilio Vaticano II nelle iniziative lodevoli che sono state messe in atto dai vari istituti e organismi c'è stato anche un certo carattere ad experimentum, dato dal fatto che il rinnovamento conciliare e le mutate condizioni della vita, imponevano una ricerca di moduli nuovi. Insieme alla ricchezza che questo ha suscitato, si è introdotta anche una certa dispersione nei diversi programmi. Soprattutto è molto difficile trovare equilibri sapienti tra le diverse istanze che la vita consacrata deve fronteggiare in questo inizio del terzo millennio. Se è indubbiamente vero che nell'ambito della ricerca teologica e delle scienze di formazione si deve continuare a scrutare quanto continuamente emerge di nuovo all'orizzonte, dal punto di vista culturale e antropologico per saper trovare risposte adeguate, dal punto di vista del percorso per coloro che aspirano alla vita consacrata occorre preoccuparsi di comunicare loro innanzitutto gli elementi costitutivi. In tal modo, posti i punti di riferimento sostanziali intorno alla Parola di Dio, alla Tradizione viva della Chiesa e del Magistero sulla sequela di Cristo in castità, povertà e obbedienza, le persone saranno in grado di affrontare in modo consapevole anche le tappe successive della formazione. In tal senso l'auspicio è che gli obiettivi formativi evidenziati dalla Scuola interdisciplinare aiutino a comprendere quali siano gli elementi essenziali di fronte ai quali gli aspiranti devono essere posti per la verità della propria verifica e del proprio discernimento. La semplificazione degli obiettivi formativi, senza voler cancellare la complessità del tempo che stiamo attraversando, può in effetti facilitare anche la libertà degli aspiranti nella sincera adesione al cammino proposto.

Con tanti perfezionamenti teorici a cui attendere, non si corre il rischio che la vita consacrata diventi complicata, formalmente perfetta e fatichi, in realtà, a praticare nella vita quotidiana l'essenziale, ossia la fedeltà agli impegni propri della sequela?

È proprio del nostro tempo correre questo rischio, il rischio della complessità. Non è difficile comprendere la situazione in cui si trova la vita consacrata oggi se pensiamo al cambiamenti epocali che stiamo vivendo negli ultimi decenni, dal punto di vista sociale, culturale, economico, politico e religioso. Inoltre una certa interazione delle diverse discipline nella ricerca è oggi un dato di fatto; anche se questo può comportare una certa fluttuazione delle epistemologie proprie di ogni disciplina. Da una parte, pertanto, occorre accettare la sfida della complessità nella formazione alla vita consacrata, ma è fondamentale che questa complessità trovi sempre la sua reductio ad unum. In questo senso è vero che l'essenza della vita consacrata è semplice e come tale va proposta e vissuta. Tuttavia occorre che questa semplicità sia in grado di rispondere alle domande che la cultura di oggi solleva nei confronti delle forme di radicalismo evangelico, che poi sono ancora le domande che i giovani si portano dentro quando chiedono di iniziare un percorso di consacrazione totale in cui sia evidente il primato di Dio nella vita. Ciò che bisogna evitare è la inutile dispersione nelle cose secondarie e in sofismi che rendono astratta la percezione della vocazione. Bisogna saper indicare sempre il percorso che riporta tutte le cose all'essenziale, che è e rimane sempre il mistero della vocazione a seguire il Cristo nello stile radicale del Vangelo.

L'anniversario del concilio Vaticano II interpella la vita consacrata a riflettere sull'aggiornamento e sul rinnovamento. È stato fatto e completato quanto raccomandato dal concilio?

Si deve ricordare innanzitutto il contributo fondamentale del sesto capitolo della Lumen gentium e il decreto sul rinnovamento della vita religiosa Perfectae caritatis. Sinteticamente possiamo dire che le indicazioni conciliari furono le seguenti: il necessario ritorno alle fonti evangeliche: ossia alla radicale «sequela di Cristo», riprendendo la regola fondamentale del Vangelo; il vitale ricupero dell'ispirazione carismatica originaria, e delle sane tradizioni di ogni singolo istituto; una adesione affettiva ed effettiva alla Chiesa con l'assunzione in essa delle proprie responsabilità apostoliche e missionarie; un rinnovato dialogo con il mondo e le condizioni reali in cui vivono e soffrono gli uomini così da dare risposte concrete di evangelizzazione; una più limpida testimonianza di adesione a Cristo per mezzo dei consigli evangelici, partendo dalla conversione del cuore; uno stile di vita capace di riprodurre lo stesso modo di vivere che Gesù ha scelto per sé e per la Madre sua. Al richiamo di questi elementi il concilio aggiunse insieme l'invito deciso circa l'adattamento delle forme di vita religiosa alle mutate situazioni. Si deve riconoscere che l'indicazione di un deciso ritorno al carisma originario e al contempo di una apertura alle situazioni del mondo contemporaneo, fin dall'inizio rappresentava un compito non facile. Soprattutto perché le condizioni sociali dalla conclusione del concilio in avanti non si sono stabilizzate, ma hanno piuttosto conosciuto continui cambiamenti ed evoluzioni. È nota a tutti l'esperienza della “accelerazione del tempo” che caratterizza gli ultimi decenni soprattutto in occidente a causa delle continue scoperte scientifiche e alla diffusione degli strumenti della comunicazione di massa.

Si guarda con fiducia al rinnovamento conciliare della vita consacrata o, invece, è a questo rinnovamento che si attribuisce l'origine della crisi registrata tra gli istituti sia maschili che femminili?

Occorre ricordare che, se vi fu una primissima fase di grande entusiasmo nell'immediato post-concilio, successivamente la vita consacrata ha dovuto affrontare fatiche notevoli nel saper temperare in modo equilibrato tutti i fattori in gioco. Ci si deve riferire in particolare alle spinte tese a ricuperare le forme originarie del carisma, alle quali si contrapponevano tentativi di aggiornamento alle nuove situazioni. Tuttavia attraverso un cammino paziente, non privo di tensioni a volte dolorose, si deve riconoscere un grande passo di tutta la vita consacrata nel rendere feconde le indicazioni conciliari. Molte realtà decisive sono state messe in atto: dallo studio effettivo delle proprie fonti carismatiche e della storia del proprio istituto fino alla revisione completa dei codici fondamentali, come ad esempio le costituzioni e gli statuti. Con ciò non si può certo dire che la ricezione del concilio per la vita consacrata si sia esaurita. Questo per due motivi: da una parte l'eredità conciliare si deve paragonare con alcune situazioni nuove, non previste al tempo dell'assise vaticana, come ad esempio i processi di globalizzazione, delle nuove ondate di migrazioni, nuove forme di secolarizzazione che si incontrano con l'emergere di una nuova domanda di spiritualità, insieme a un calo di vocazioni che in alcune parti del mondo rimane assai preoccupante. Inoltre, a ciò si unisce il problema relativo alle due interpretazioni fondamentali sul concilio: quelle che Benedetto XVI ha chiamato l'ermeneutica della rottura ed ermeneutica della riforma e della continuità (Discorso alla Curia Romana, 22 dicembre 2005). Esse valgono allo stesso modo applicandole alla vita consacrata. All'interno delle realtà di vita consacrata dove è prevalsa una ermeneutica della rottura si sono avuti i problemi più gravi di rapporto tra le generazioni e di effettiva identità della propria realtà carismatica. Là dove invece si è avuta una ermeneutica imperniata sulla riforma e continuità si sono avuti i frutti migliori. Probabilmente in futuro, se sarà effettuata una migliore ermeneutica della riforma, la ricezione del concilio potrà dare frutti ulteriori e assai significativi. Un aiuto decisivo a questo proposito rimane il documento post-sinodale Vita consacrata frutto del sinodo del 1994 sulla vita consacrata, ma pure i puntuali interventi successivi del magistero.

Quali sono i punti fondamentali dell'ecclesialità della vita consacrata?

L'ecclesialità della vita consacrata è una delle sue dimensioni costitutive che coloro i quali sono chiamati alla sequela di Cristo nella forma dei consigli evangelici sono invitati ad approfondire. Esiste un rapporto fondamentale della vita consacrata con la vita battesimale. Qui si gioca l'ecclesialità nel suo punto sacramentale sorgivo. Del resto il Vaticano II ha riproposto con forza e determinazione la riscoperta della vocazione battesimale come vocazione alla santità (Lumen gentium, 5). In questo senso la vita consacrata è chiamata a vivere con autenticità la propria forma di vita in relazione al battesimo che accomuna tutti i membri della Chiesa. La costituzione dogmatica sulla Chiesa a questo proposito ha affermato che la vita consacrata come tale è un dono dato per portare più frutti dalla grazia battesimale (Lumen gentium, 44). È bene evitare due rischi: quello di separare troppo la vocazione battesimale da quella specifica dei consacrati, che li rende in qualche modo appartati rispetto alla vita della Chiesa nella sua quotidianità; quello di intendere la vocazione alla sequela di Cristo, casto povero e obbediente, come una sorta di variabile facoltativa della vocazione battesimale, perdendo così il suo carattere peculiare e dunque il suo contributo specifico alla vita della Chiesa. In tal senso lo stesso concilio ha affermato la cosa essenziale al numero 44 della Lumen gentium per cui la stessa vocazione dei consacrati deve essere sempre considerata come un carisma fondamentale che aiuta la Chiesa a vivere con più autenticità la sua missione santificatrice. L'ecclesialità della vita consacrata, altresì, esige la capacità di relazionarsi con gli altri stati di vita del cristiano, sacerdotale e laicale. Una adeguata ecclesiologia di comunione in relazione con la missione fondamentale della Chiesa non postula il superamento della diversità delle vocazioni, ma esige la reciprocità nella consapevolezza che ogni forma vocazionale nella Chiesa esprime un valore essenziale per l'altra.

Una scuola che si rinnova a cinquant'anni dal Vaticano II

La Scuola pratica della Congregazione per gli Istituti di vita consacrata e le Società di vita apostolica, si rinnova e diventa Studium, Scuola interdisciplinare per la formazione al magistero ecclesiale e alla normativa canonica sulla vita consacrata nella Chiesa. La novità arriva dopo più di sessant'anni di attività e coincide con il cinquantesimo anniversario del Vaticano II. Nelle intenzioni di suor Nicla Spezzati e padre Sebastiano Paciolla, sottosegretari del dicastero, coordinati dal prefetto, il cardinale João Braz de Aviz, e dal segretario, l'arcivescovo Joseph W. Tobin, la scuola apre la proposta formativa al magistero ecclesiale. In questo senso, la dedicazione a Benedetto XVI dello Studium, si inserisce in un contesto di maggior attenzione all'insegnamento dei Papi e all'apertura all'universalità della Chiesa. Dopo il concilio sorse l'esigenza di approfondire sempre più, non solo gli aspetti strettamente giuridici, ma anche temi teologici che riguardavano i problemi della vita consacrata, alla luce dei documenti pontifici, conciliari e del dicastero. Proseguendo su questa linea, dal programma di studi 2012-2013 si è voluto rinnovare la riflessione sull'identità della vita consacrata a cinquant'anni dal concilio e accompagnarla nelle culture contemporanee, perché cresca nella fede e manifesti la sua natura evangelica ed ecclesiale. Si è cercato così di rispondere all'appello di Benedetto XVI lanciato durante la Giornata mondiale della vita consacrata del 2 febbraio 2012, quando invitò i consacrati a «verificare e rivitalizzare» la loro presenza e forma di apostolato all'interno del popolo di Dio. Su questa linea, il piano di studi della scuola vuole far acquisire agli studenti una visione identitaria integrata-ecclesiale della vocazione alla vita consacrata. La metodologia interdisciplinare della scuola, per mezzo di ricerca e di riflessione della Traditio della Chiesa in dialogo con la cultura contemporanea, tende a guidare lo studente verso una comprensione ampia dell'ecclesiologia di comunione. Scopo fondamentale dello Studium, infatti, è quello di sentire in Ecclesia e cum Ecclesia per vivere la Chiesa come «scuola di comunione», per riscoprire l'identità universale della vita consacrata e la sua relazione con le altre vocazioni all'interno della Chiesa. Lo Studium si articola in due sezioni complementari: interdisciplinare e pratica. La durata dei corsi è biennale. Sono previste 200 ore di lezioni per la sezione interdisciplinare e 120 ore per la sezione pratica tra seminari e laboratori. Le lezioni si terranno presso la Pontificia Università Urbaniana di Roma. La scuola rilascia il diploma di perito in magistero ecclesiale e normativa canonica della vita consacrata. Per conseguire il diploma, oltre al superamento degli esami delle discipline della sezione interdisciplinare e la frequenza ai seminari della sezione pratica, gli iscritti dovranno elaborare una tesi in materia didattica o pratica.

(©L'Osservatore Romano 26 settembre 2012)

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