mercoledì 22 agosto 2012

La risposta del Bambino Gesù al desiderio manifestato dal Papa di assicurare salute ai piccoli sofferenti nel mondo (Ponzi)

La risposta del Bambino Gesù al desiderio manifestato dal Papa di assicurare salute ai piccoli sofferenti nel mondo

Un ospedale grande cinque continenti

«Per i bambini non va lesinata alcuna risorsa. La vostra collaborazione a quest'opera di alto valore umano, rappresenta anche un apostolato quanto mai efficace». Era il 30 settembre 2005 quando Benedetto XVI, compiendo la sua prima visita all'ospedale pediatrico Bambino Gesù non solo rendeva omaggio ai piccoli ricoverati ma, in un certo senso, metteva un punto fermo su quella che doveva essere l'impronta del “suo” ospedale: una struttura di servizio aperta al mondo, ovunque ci fosse un bambino da curare, una famiglia da affiancare nel cammino della sofferenza. Quelle parole sono diventate per l'ospedale un imperativo. Oggi il Bambino Gesù è in qualche modo presente in numerosi Paesi del mondo. Solo in Italia offre i suoi servizi in quattro regioni.
L'ospedale è un'eccellenza riconosciuta a livello internazionale per i risultati raggiunti nella ricerca scientifica e per l'eccezionalità di alcuni interventi, molti dei quali unici al mondo. Meno nota è invece l'attività svolta in altri Paesi, soprattutto in quelli del terzo mondo. Un'attività che il presidente Giuseppe Profiti non esita invece a definire il «fiore all'occhiello», ciò che fa guardare oggi al Bambino Gesù come ad «un ospedale grande cinque continenti». Ma «siamo già oltre -- spiega il presidente -- perché proprio grazie all'esperienza maturata nella complessità e nella varietà delle attività internazionali, stiamo cercando di esportare quello che io chiamo il “sistema Bambino Gesù”. Da poco più di cinque anni infatti abbiamo cercato di strutturare un'attività che l'ospedale già portava avanti da tempo, le note missioni umanitarie. Si trattava tuttavia di un'attività basata soprattutto sulla grande disponibilità offerta volontariamente dai nostri medici ed infermieri, i quali rispondevano generosamente e personalmente alle varie richieste di aiuto che giungevano da tante parti del mondo. Ci siamo resi conto che queste iniziative avevano generato un patrimonio da non disperdere ma da consolidare e garantire in termini di continuità e di sostenibilità. Da qui la decisione di strutturare l'attività, di organizzarla, di programmarla e misurarne i risultati con le stesse modalità e con gli stessi strumenti con i quali gestiamo tutte le attività dell'ospedale».
A sorprendere semmai è la crescita delle attività internazionali dell'ospedale e in un periodo in cui la sanità, praticamente in tutti i Paesi del mondo, è costretta a versare lacrime di sangue a causa della crisi che sta sgretolando le economie nazionali ed internazionali, mettendo soprattutto in discussione proprio il sistema socio assistenziale. «Sembrerà assurdo ma sono proprio i risultati ottenuti che ci spingono a proporre in questo momento di crisi il “sistema Bambino Gesù”». Un sistema che, spiega il presidente, anche se vive di vita autonoma rispetto all'ospedale, ne rappresenta l'anima, ciò che lo governa: dallo spirito di caritatevole solidarietà, alla gestione, all'economia, alle relazioni nazionali e internazionali. «Cerchiamo anche di proporre -- prosegue Profiti -- un modello nuovo di cooperazione con aziende e industrie italiane che intendono sviluppare la loro presenza in altri Paesi del mondo. Quale modo migliore di presentarsi se non appoggiando la realizzazione di un progetto di assistenza sanitaria ai bambini che ne hanno più necessità?».
Un'idea che è stata già sposata da diverse aziende ed industrie italiane che hanno accettato di appoggiare la realizzazione di progetti assistenziali in alcuni Paesi asiatici in collaborazione con il Bambino Gesù. «Questo ci consente -- spiega ancora il presidente -- non solo di attrezzarci per intervenire direttamente nelle realtà locali ma anche di poter garantire per esempio il trasporto aereo del piccolo che necessita di un intervento più sofisticato, e dunque realizzabile solo nella nostra struttura romana, e dei suoi genitori, grazie ad accordi con vettori internazionali».
E non c'è alcun rischio di suscitare risentimenti o sospetti di ingerenza interna anche in contesti solitamente ostici per la Chiesa cattolica. «Anzi è vero il contrario -- dice il dottor Lorenzo Borghese, responsabile delle Attività Internazionali -- dovunque siamo ben accolti. Il fatto che l'ospedale del Papa si muove per il mondo a proporre il proprio aiuto per l'assistenza all'infanzia è generalmente ben visto. Soprattutto perché il nostro modo di operare non è invasivo ma collaborativo. Il primo approccio è sempre con le autorità del luogo con le quali cerchiamo di instaurare immediatamente un rapporto di fiducia. È di fondamentale importanza. Non faticano a capire che l'unico nostro obiettivo è esportare esperienza e aiuto. E in modo completamente disinteressato e gratuito. Ci avviciniamo alle loro strutture, le aiutiamo a svilupparsi, a crescere, ad aprire nuovi orizzonti. E il più delle volte portiamo anche nuovi posti di lavoro per gli abitanti del luogo. Qualifichiamo o riqualifichiamo il personale, dotiamo le loro strutture di apparecchiature sofistiche e gli insegniamo a usarle. E quando l'intervento in certi casi clinici è particolarmente delicato ci occupiamo noi del trasferimento del piccolo paziente e della sua famiglia a Roma. E li seguiamo sino alla guarigione completa e al loro rientro in Patria. Tutto gratuitamente».
A guardare la mole di attività svolta in questi anni a livello internazionale -- e soprattutto alla luce dei tagli imposti alla sanità italiana -- viene spontaneo chiedersi da dove l'ospedale tragga i fondi necessari per sostenere una simile struttura. «Intanto -- precisa Borghese -- nonostante le apparenze non si tratta di somme ingenti da investire. E soprattutto non sono assolutamente a carico della gestione dell'ospedale. Gli stessi medici, infermieri o tecnici che offrono la loro collaborazione alla realizzazione dei nostri progetti, lo fanno a titolo completamente gratuito, animati da un reale spirito di volontariato. Da considerare poi che nella maggior parte dei casi ci inseriamo in strutture già esistenti. Certo dove non esiste nulla o dove bisogna intervenire in modo drastico per ammodernare le stesse strutture, vanno stanziati dei fondi. A ciò si provvede grazie al sostegno che da anni riceviamo da alcuni benefattori che hanno creduto e credono nel nostro progetto di portare assistenza ovunque nel mondo ci sia un bambino che soffre. Tanto per fare un esempio la Conferenza episcopale italiana è tra i nostri più continui sostenitori. Ci sono anche privati cittadini che ci seguono personalmente. Anzi di tanto in tanto fanno sopralluoghi con noi per rendersi conto da vicino dei risultati del loro e del nostro impegno e ne restano entusiasti».
Risultati recentemente raccolti e pubblicati in un elegante report curato dall'ufficio delle Attività Internazionali, che significativamente si inaugura con una citazione di Madre Teresa: «Quello che facciamo è soltanto una goccia nell'Oceano. Ma se non ci fosse quella goccia all'Oceano mancherebbe». «Non uno slogan -- assicura Profiti -- ma lo stile di servizio a sostegno della vita sulle orme di Madre Teresa e seguendo le indicazioni che Benedetto XVI non ci fa mancare». Con questa finalità sono state istituite le Attività Internazionali. Chi lavora al Bambino Gesù, ora, è consapevole di essere parte di un ospedale senza mura, perimetri o limiti. Un ospedale, come ama ripetere il presidente, grande cinque Continenti, dove la sede di lavoro potrà essere Italia, Cambogia, Tanzania, Haiti, Vietnam o Russia, ma la missione, l'idea, lo scopo sarà lo stesso ovunque. (mario ponzi)

(©L'Osservatore Romano 22 agosto 2012)

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