martedì 14 agosto 2012

A giudizio il maggiordomo infedele del Papa e il tecnico informatico della Segreteria di Stato, ma la caccia a complici e mandanti prosegue (Galeazzi)

VATICANO LO SCANDALO DEL CORVO

Vatileaks, è l’ora del giudizio

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

«Vatileaks» non è chiusa. A giudizio il maggiordomo infedele del Papa e il tecnico informatico della Segreteria di Stato, ma la caccia a complici e mandanti prosegue. Paolo Gabriele, accusato di avere sottratto documenti riservati dall’appartamento del Pontefice, sarà processato per furto aggravato. In casa sua è stato trovato un assegno di Benedetto XVI da 100mila euro, oltre a un’Eneide del 1581 e a una pepita d’oro. L’assegno intestato a «Santidad Benedicto XVI» e datato 26 marzo 2012 è un’offerta dell’Università Cattolica San Antonio di Guadalupe. Impossibile, ovviamente, incassarlo. Nell’inchiesta spunta anche un complice: l’analista programmatore Claudio Sciarpelletti, informatico in servizio presso la Segreteria di Stato, rinviato a giudizio per il reato di favoreggiamento. Il ruolo del tecnico è stato «marginale»: era stato arrestato, senza che la notizia trapelasse, il 25 maggio e rilasciato il giorno dopo. Gabriele è stato sottoposto a perizia psichiatrica e dichiarato imputabile, afferma il giudice istruttore Piero Bonnet.
La motivazione fornita dall’ex maggiordomo papale suscita sconcerto in Curia. Oltre agli interessi personali, fra i quali quello per l’«intelligence», Gabriele riteneva che «il Sommo Pontefice non fosse correttamente informato». I magistrati vaticani hanno sottolineato nella sentenza e nella requisitoria che l’indagine continua «sia nei confronti dei due imputati che per altre persone, e per una serie di altri reati». Ulteriori nomi al momento non ne sono stati fatti, anche se compaiono diverse sigle. «Per una ragione di rispetto delle persone - ha spiegato il portavoce della Santa Sede - si è proceduto a togliere tutti i nomi, alcuni dei quali però possono essere facilmente intuiti». Piero Bonnet ha disposto «la parziale chiusura dell’istruttoria», in quanto «le indagini non hanno ancora portato piena luce su tutte le articolate e intricate vicende».
In Curia si attendono altre imputazioni per i due rinviati a giudizio e indagini su altre persone, per altri capi di imputazione (delitti contro i poteri dello Stato, vilipendio delle istituzioni dello Stato, calunnia, diffamazione, violazione dei segreti). Per quanto riguarda Gabriele e Sciarpelletti, vi sarà un unico processo penale con un Tribunale costituito da tre giudici. La data non è ancora fissata ma in ogni caso se ne parlerà non prima della fine del prossimo mese: fino al 20 settembre il Tribunale è chiuso. La pena prevista dal Codice canonico per il reato di cui Gabriele è imputato va da un minimo di uno a un massimo di sei anni.
Benedetto XVI può in ogni momento rispondere alla richiesta presentata dallo stesso ex maggiordomo con una lettera-domanda affidata alla Commissione cardinalizia che indaga sullo scandalo. Non potrà invece esserci patteggiamento. Molto meno rischia invece l’impiegato della Segreteria di Stato. Sia Gabriele sia Sciarpelletti (il primo agli arresti domiciliari il secondo in libertà provvisoria) restano in sospensione cautelare ma con il pagamento dello stipendio. Benedetto XVI vuole «chiarezza, coerenza e trasparenza, non ha paura di affrontare i problemi vengano fuori», assicura padre Lombardi. Il Papa «non si lascia mettere sotto pressione per quanto riguarda i tempi». Poi in aula le «coperture» cadranno, assicurano in Curia in risposta alle perplessità provocate dagli «omissis» contenuti negli atti della magistratura, cioè alle lettere alfabetiche (dalla «A» alla «W») che celano i nomi dei testimoni e di possibili altri complici dell’ex maggiordomo. «In tribunale, alle sigle utilizzate nella requisitoria e nella sentenza istruttoria, dovranno corrispondere delle identità precise- evidenziano al Palazzo Apostolico-. Altre responsabilità restano da chiarire, con ulteriori sviluppi della vicenda processuale. Questo è solo un primo, importante passo per arrivare alla piena verità».

A GIUDIZIO DOPO IL 20 SETTEMBRE

L’ex cameriere rischia fino a 6 anni di carcere

GIACOMO GALEAZZI

CITTA'DEL VATICANO

In aula cadranno gli «omissis» e si accenderanno i riflettori sul processo ai corvi in Vaticano. Alla sbarra Paolo Gabriele e Claudio Sciarpelletti: vi sarà un unico processo penale con un Tribunale costituito da tre giudici. La data non è ancora fissata ma in ogni caso se ne parlerà non prima della fine del prossimo mese, in quanto fino al 20 settembre il Tribunale è chiuso. La pena prevista dal Codice canonico per il reato per cui è imputato il maggiordomo del Papa va da un minimo di 1 a un massimo di 6 anni, salvo l’intervento di grazia da parte di Benedetto XVI, se rispondesse alla richiesta presentata dallo stesso Gabriele con una lettera-domanda affidata alla Commissione cardinalizia voluta dal Papa. I due imputati sono entrambi incensurati e quindi con la possibilità anche del perdono giudiziale per quanto riguarda la pena da scontare.

© Copyright La Stampa, 14 agosto 2012

2 commenti:

laura ha detto...

Prima chiede una lettera per chiedere perdono, poi dice di essere un infiltrato delo Spirito Santo. Perme. è uno più sveglio di quanto sembri, che ha sfruttato un tale ruolo per raggiungere un oscopo ben preciso, che non era certo il bene del Papa. Sono davvero nauseata

rosalia_72 ha detto...

sono curiosa di sapere (ma noi lo sapremo mai?) chi si cela dietro gli omissis...