mercoledì 4 luglio 2012

In margine alle parole del Pontefice sugli operatori sanitari all'Angelus di domenica scorsa (Adelfio Elio Cardinale)

In margine alle parole del Pontefice sugli operatori sanitari all'Angelus di domenica scorsa

Per il ritorno a una medicina più umana

di Adelfio Elio Cardinale*


La Bibbia, nel libro del Siracide, afferma: «Onora il medico... la scienza del medico lo fa procedere a testa alta, egli è ammirato anche tra i grandi».
Benedetto XVI durante l'Angelus di domenica scorsa, 1 luglio, parlando proprio dei medici, e più in generale degli operatori sanitari, ha posto l'accento su una questione fondamentale, definendo il medico, e tutti gli operatori sanitari, «riserve d'amore» per gli ammalati. E ha fatto cenno alla necessità di provvedere, oltre alla fondamentale formazione professionale, anche una speciale formazione del cuore.
Viene d'obbligo porsi la domanda se gli attuali metodi di formazione del medico, rappresentino sempre un progresso. E anche se i corsi di studio risvegliano -- specie nelle nuove generazioni -- l'attenzione verso il mondo della sofferenza, costruendo un medico sapiente e generoso, sensibile alla sofferenza altrui in forza di una reciproca plurimillenaria alleanza con il malato, attraverso il dialogo e l'ascolto.
La notazione del Papa appare effettivamente di estrema attualità soprattutto in un momento, come l'attuale, in cui si accentua il divario tra una mentalità sempre più tecnologica ed economico-finanziaria piuttosto che attenta alla dimensione umana della medicina. Il risultato è quello di rappresentare una medicina gelida, scostante e distante con una forma di anonimato del paziente, che spesso ha la sensazione di essere considerato un numero o una cosa.
Negli ultimi decenni la medicina e le scienze della vita hanno compiuto progressi straordinari, rendendo possibili cose un tempo impensabili. Ma l'alternativa tra le due concezioni del corpo umano che percorre tutta la storia -- merce o valore, oggetto o soggetto di rispetto -- resiste.
Il malato è una persona la cui dignità e libertà vanno costantemente rispettate e amate. La medicina contemporanea, quasi sempre intesa e praticata come professione veloce e intensa, finisce troppo spesso per essere inquadrata nell'ottica del business, considerata in una visione piuttosto mercantilistica. La salute entra nel paradigma del profitto. Dunque una medicina senz'anima.
Ha ragione il Papa quando afferma che «serve il cuore» e reclama nuovi metodi e contenuti formativi, per i quali occorrono equilibrio e sintesi tra esigenze diverse.
In questo contesto svolge una funzione sempre più importante il mondo delle opere sanitarie e sociali cattoliche. Un modello di pluralità sociale attiva e dedicata -- con forti basi di volontariato -- al bene comune e all'umanizzazione della sanità. Questo servizio deve essere sostenuto. Uno storico, concreto e reale esempio di sussidiarietà, coerente nell'esortazione di Benedetto XVI il quale invoca «una prassi di vita caratterizzata dall'attenzione premurosa ai poveri e ai sofferenti».
In questa ottica si potrebbe pensare a un processo formativo medico-chirurgico che prevedesse l'inserimento -- consapevole e non formale -- delle scienze umane nel curriculum di studi, quelle che gli anglosassoni chiamano «Medical Humanities». Una scintilla per la scienza moderna, per evitare il naufragio nelle lande desolate della tecnocrazia.
Ricordiamo il profondo e sapiente ammonimento di Jacques Maritain, capace di rappresentare la bussola perenne nell'arte medica e nel rapporto con il paziente, debole, sofferente, indifeso. L'uomo -- affermava il filosofo -- non è soltanto un mezzo, ma è ben più un fine. La dignità della persona umana non vuol dire nulla se non significa che, per legge naturale, la persona umana ha il diritto di essere rispettata, è soggetto di diritto e possiede diritti. Vi sono cose che sono dovute all'uomo per il fatto stesso che è uomo.
A questo progetto etico, scientifico e professionale stanno lavorando un gruppo di accademici italiani, studiosi ed esperti anche attivamente impegnati nella politica, per prospettare un «patto per la salute», con una sinergia tra buona politica e buona sanità. Nel quadro della sostenibilità finanziaria, bisogna chiaramente indicare che al centro del sistema sanitario non c'è il pareggio del bilancio, ma la produzione di salute per l'uomo. Pertanto è necessario l'impegno inteso come virtù etica, scientifica, professionale, sociale.
Un vero e proprio manifesto per la buona medicina, che si ritrova pienamente nelle parole del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura: «Sta crescendo la consapevolezza che la malattia e il dolore sono un tema globale e simbolico, non soltanto fisiologico. L'accompagnamento umano, psicologico, affettivo e spirituale è tutt'altro che secondario. C'è bisogno di tornare a una concezione umanistica della medicina».

*Sottosegretario al ministero della Salute del Governo italiano


(©L'Osservatore Romano 4 luglio 2012)

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