lunedì 9 luglio 2012

Il Papa visita la casa dei Verbiti a Nemi dove soggiornò durante il Concilio: il Vangelo è dinamismo e gioia (R.V.)


Il Papa visita la casa dei Verbiti a Nemi dove soggiornò durante il Concilio: il Vangelo è dinamismo e gioia


Mezz’ora per ritornare sui luoghi nei quali visse un’esperienza d’eccezione al tempo del Vaticano II e ricordare che l'amore di Dio va annunciato con dinamismo e gioia. Con questa intenzione, Benedetto XVI ha lasciato nella tarda mattinata di oggi la residenza estiva di Castel Gandolfo per compiere una breve visita privata alla comunità dei Padri Verbiti, situata nella vicina località di Nemi. Dopo l’incontro con i vertici della Congregazione religiosa e un rapido scambio di saluti, il Pontefice ha fatto rientro in auto a Castel Gandolfo. Il servizio di Alessandro De Carolis:


Avrebbe compiuto 38 anni di lì a poco, Joseph Ratzinger, una tra le menti giovani e brillanti convocate a Roma nei primi mesi del 1965 per contribuire alla stesura delle ultime pagine del Vaticano II. Quelle, in particolare, del Decreto Ad Gentes, che alla fine di quello stesso anno avrebbe messo nero su bianco i nuovi principi dell’attività missionaria della Chiesa. Diventato il Papa che tra pochi mesi darà massima solennità alle celebrazioni per 50 anni dall’inizio del Concilio, Benedetto XVI ha voluto rivedere brevemente il luogo in cui per una settimana – dal 29 marzo al 3 aprile 1965 – assieme a quattro vescovi e cinque colleghi teologi soggiornò per stendere la bozza di uno dei quei testi-cardine con i quali la Chiesa stava ridisegnando se stessa e il proprio futuro.


Di fronte al folto gruppo di religiosi della Società del Verbo Divino, guidata dal superiore generale padre Antonio Pernia e dal suo successore, padre Heinz Kulüke, da poco eletto dal capitolo generale in corso e del procuratore generale, padre Giancarlo Girardi – il Papa ha rievocato parlando a braccio quei giorni di 47 anni fa: dal contrasto esterno tra il silenzio nel verde di Nemi e la frenesia di Roma a quello interno al suo gruppo di lavoro, dominato dalla controversia “che io – ha ricordato con una certa simpatia il Pontefice – non ho mai realmente capito tra la scuola di Lovanio e di Münster (ovvero, ha spiegato, “scopo principale della missione è la implantatio Ecclesiae o l’annunzio Evangelii?)”. Aneddoti e frammenti di ricordi che Benedetto XVI ha collocato come tessere di sfondo attorno al centro del quadro: l’opportunità di aver collaborato – pur essendo “un teologo senza grande importanza, molto giovane, invitato non so perché”, si è schermito non senza simpatia – a “un incarico così importante e bello”. L’elaborazione di un testo “quasi accettato unanimemente da tutti i Padri conciliari”:


“Tutto convergeva in un unico dinamismo della necessità di portare la luce della Parola di Dio, la luce dell’amore di Dio nel mondo e di dare una nuova gioia per questo annuncio (...) Il bene che ha la necessità in sé di comunicarsi, di darsi: non può stare in se stesso, la cosa buona, la bontà stessa essenzialmente è communicatio. E questo già appare nel Mistero Trinitario, all’interno di Dio, e si diffonde nella storia della salvezza e nella nostra necessità di dare ad altri il bene che abbiamo ricevuto. Chiaramente il dinamismo missionario vive, e vive solo se c’è la gioia del vangelo, se stiamo nell’esperienza del bene che viene da Dio e che deve e vuol comunicarsi”. 
In precedenza, Benedetto XVI si era soffermato in preghiera davanti al Santissimo Sacramento nella cappella della casa dei Verbiti, dove lo attendevano i 150 partecipanti al Capitolo generale, assieme ai membri della Curia generalizia di Roma. 


Quindi il congedo, al termine di un momento che, pur nella sua stringatezza, ha lasciato nei religiosi, ancora una volta, un’impressione di calore e di genuina amicizia da parte del Papa, come conferma ai nostri microfoni il superiore generale dei Verbiti, padre Antonio Pernia, contattato subito dopo la partenza del Papa:


R. - Ho salutato il Papa, ringraziandolo per la visita specialmente perché si è trattato di una visita molto amichevole, come una visita di famiglia. Tutti i membri del Capitolo, tutta la gente che era qui era emozionata e impressionata anche dalla semplicità e dalla spontaneità mostrate dal Santo Padre.


D. - Fin dall’inizio del Pontificato, Benedetto XVI ha sempre dichiarato la sua totale adesione al Vaticano II e anche un avvenimento all’apparenza piccolo come quello di questa mattina è un segno di questa sintonia del Papa con il Concilio...


R. - Sì, certo. Io non ho dubbi che il Papa si senta in sintonia con lo spirito del Concilio Vaticano II. Nel camminare e conversare informalmente con il Santo Padre, che ha voluto vedere il Lago di Nemi, egli ha espresso la speranza che questo spirito missionario, che il Concilio Vaticano II ha mostrato, continui nella nostra Congregazione e anche nella Chiesa.


D. - Il vostro Istituto è da oltre due settimane riunito in capitolo generale. Quali temi vi stanno guidando e quali scenari pastorali stanno emergendo?


R. - Abbiamo scelto come tema del capitolo un versetto del libro dell’Apocalisse, “Da ogni popolo, lingua e nazione: condividere la vita e la missione interculturali”. Cioè, in questo Capitolo abbiamo deciso di concentrarci sulla questione della nostra interculturalità - come Congregazione - ma anche sulla multiculturalità del mondo di oggi. Su quali siano quindi le necessità missionarie che un mondo multiculturale pone a una Congregazione che è multiculturale essa stessa.


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