domenica 8 luglio 2012

È nel mese di giugno che Papa Ratzinger ha rimesso mano alla Curia romana sparigliando le carte nel nome di una piccola rivoluzione (Rodari)

Il Papa rivoluziona la Chiesa 
Tutto il potere va ai parroci


di Paolo Rodari


Le nuove nomine in Curia premiano monsignor Paglia, ex sacerdote a Trastevere, e il vescovo Roche, ex curato di Leeds. Ma non è l’unica sorpresa. Alla faccia delle critiche.
È nel mese di giugno che Papa Ratzinger ha rimesso mano alla Curia romana sparigliando le carte nel nome di una piccola rivoluzione che in molti si augurano possa aiutare il Vaticano a uscire fuori dalle secche che prendono il nome di Vatileaks, il furto e la fuga di documenti riservati dalle mura leonine verso l’esterno. Le nomine estive del Papa, infatti, sono un segnale importante. Oltre il Tevere si fanno largo i pastori, i vescovi cioè impegnati da tempo sul campo. E si fanno largo nonostante non tutti oltre il Tevere siano contenti del loro arrivo. Ma il Papa sembra voler guardare oltre, volare più alto, e affidarsi esclusivamente al proprio intuito. La scelta è per vescovi di popolo, a poco contano le differenti sensibilità teologiche a cui essi fanno riferimento. Ratzinger, come ha dimostrato di voler fare nel reintegro degli anglicani e nel tentato reintegro dei lefebvriani, anche sulle nomina pesca a sinistra e a destra, scompaginando le aspettative di chi gli sta attorno.
Alla guida della Dottrina della fede, al posto dell’americano William Jospeh Levada, è arrivato un amico fedele del Papa. Gerhard Ludwig Müller, infatti, era fino a ieri vescovo di Ratisbona. Amico anche del fratello del Papa, Georg Ratzinger, lo si vedeva spesso a Roma, sovente anche a Castel Gandolfo, intimo del Pontefice grazie soprattutto all'incarico di curatore della sua «Opera omnia». Müller nel 2007 non avrebbe disdegnato la nomina a vescovo di Monaco e Frisinga, anzi. Il Papa, però, gli preferì Reinhard Marx. Ma non per questo si dimenticò di lui. E, infatti, nonostante qualche dubbio interno alla curia romana circa una sua vicinanza alla teologia della liberazione e al suo fondatore, il prete peruviano domenicano Gustavo Gutiérrez, l'ha chiamato a Roma in quello che forse è l'incarico più delicato: custode della dottrina. La sua nomina ricorda molto quella del 2006 di Tarcisio Bertone come segretario di Stato. Anche questa fu una nomina tutta papale, un fulmine a ciel sereno per le da tempo radicate sensibilità presenti in curia. A Roma tutti si aspettavano lo spostamento di Giovanni Battista Re dai Vescovi alla Dottrina. E, invece, Ratzinger pescò da fuori, prese Bertone da Genova, per anni suo primo collaboratore all'ex Sant'Uffizio.
Dopo Müller la nomina più significativa di questi giorni è quella del vescovo di Terni, Narni e Amelia, nonché «padre spirituale» di Sant'Egidio, Vincenzo Paglia, alla guida del Pontificio consiglio per la famiglia. Incarico che porta alla berretta cardinalizia e che, dunque, concederà in futuro al vescovo (e a Sant'Egidio) la possibilità di entrare in conclave. Sant'Egidio gode oggi di un legame stretto con la segreteria di Stato e in particolare con Bertone. Questi ha come suo fedele interlocutore all'interno del governo Monti il leader storico della piccola ma prestigiosa comunità trasteverina: Andrea Ricardi, ministro per la cooperazione internazionale e l'integrazione con delega alla famiglia. Perché il Papa ha scelto Paglia? Se c'è un tratto che lo contraddistingue è la pastoralità, un altro ex parroco (anni addietro nel popolare quartiere di Trastevere, a Roma) e poi vescovo chiamato in un ruolo di comando della curia romana.
Sulla carta meno di rilievo, ma non per questo meno chiacchierata, è la nomina di un altro vescovo, questa volta di lingua inglese, in curia romana come segretario della Congregazione per la liturgia. L'incarico è stato concesso al vescovo Arthur Roche. Secondo molti Roche aveva un profilo troppo «progressista». Si diceva, infatti, si fosse speso contro il Motu Proprio Summorum Pontificum col quale il Papa nel 2007 ha deciso di liberalizzare il rito antico. In realtà Roche, seppure vicino al cardinale emerito di Westminster, il tutt'altro che tradizionalista Cormac Murphy O'Connor, da presidente dell'International Commission on English in the Liturgy ha difeso la nuova traduzione del messale in lingua inglese che è stata effettuata, non senza critiche da parte dei settori più progressisti del mondo cattolico anglofobo, in conformità al testo latino. Anche qui, se c'è una caratteristica che non manca al curriculum di Roche è il fatto d'essere stato per anni «pastore». Vescovo di Leeds, per sei anni ha lavorato come vicario parrocchiale della cattedrale, per poi diventare parroco della parrocchia Saint Wilfrid. Durante la sua permanenza a Leeds ha ricevuto diverse critiche dal mondo cattolico conservatore. Critiche che evidentemente il Papa ha rimandato con la nomina indietro, direttamente al mittente.


© Copyright Il Giornale, 8 luglio 2012 consultabile online anche qui.

4 commenti:

Anonimo ha detto...

" Si diceva, infatti, si fosse speso contro il Motu Proprio Summorum Pontificum col quale il Papa nel 2007 ha deciso di liberalizzare il rito antico. "

Si fosse speso contro? Si fosse? Il vescovo Roche si È speso contro il Motu Proprio e ha pubblicato una lettera con norme applicativa restrittive:
http://wdtprs.com/blog/2007/10/bp-roche-leeds-uk-head-of-icel-statement-to-priests-on-mp-10-sept/

Se poi Benedetto XVI nomina come segretario al Culto Divino un vescovo che non solo pensa ma che indica ai suoi preti norme che limitano i suoi, di Benedetto XVI, motu proprio, la scelta è sua.

Sinceramente mi sono riavvicinato alla Chiesa grazie all`azione e al magistero di Benedetto XVI di recupero della tradizione, dell`ortodossia sia nella morale che nella prassi cristiana liturgica e no, ma le ultime nomine, di vescovi non molto vicini a questo suo sentire, mi lasciano molto perplesso.
O al Papa non vengono fornite tutte le informazioni nella scelta o non lo comprendo: perché promuovere persone che NON hanno a cuore la sua visione della liturgia?

raffaele ibba ha detto...

Anonimo, Benedetto XVI ama lasciar passare lo Spirito e fare in modo che sia Lui ad operare. Dato che Dio Padre ci ama nelle nostre diversità, Benedetto opera nelle diversità, purché siano diversità di relazioni d'amore, cioè pastorali e non intellettuali.
Tanto ci pensa lo Spirito (la realtà, se vuoi) a mettere a posto estremismi e radicalizzazioni.
Ha ragione Rodari.
Il papa si fida poco della Curia e la sta ridisegnando cercando le sue fonti ed i suoi collaboratori altrove .. sopratutto altrove dalla differenza "progressisti-tradizionalisti" che è una distinzione incomprensibile a DIo.
ciao r

Frank ha detto...

Molto semplicemente io penso che, nonostante quello che alcuni vogliono ostinarsi a credere, Benedetto XVI NON consideri il Motu proprio Summorum Pontificum il documento più importante del suo pontificato, né tanto meno l'unico e solo sulla base del quale verificare la fedeltà dei Vescovi a lui e alla Chiesa (come invece è diventata abitudine di certi siti tradizionalisti che, per il resto, si permettono regolarmente di ignorare e irridere i suoi insegnamenti ogni volta che parla del Concilio Vaticano II, come nel caso del Motu proprio Porta fidei), ma semplicemente una mano tesa di riavvicinamento ad una minoranza che manifesta una determinata sensibilità liturgica.

Andrea ha detto...

Ci sono delle discussioni molto sincere e utili su queste nomine sul blog "Fidesetforma"