martedì 31 luglio 2012

Gesuiti, padre Lombardi: siamo al servizio del Papa e della fede. Il ricordo delle domande di Benedetto XVI agli astronauti (Izzo)

GESUITI: PADRE LOMBARDI, SIAMO AL SERVIZIO DEL PAPA E DELLA FEDE


Salvatore Izzo

(AGI) - Boston, 31 lug. 


La missione della Compagnia di Gesu' come "servizio alla fede" e'  stata al centro dell'intervento che padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa della Santa Sede, del Centro Televisivo e della Radio Vaticana, tenuta al primo incontro internazionale delle scuole di istruzione secondaria dei gesuiti in corso a Boston, negli Stati Uniti. 

"Servire la fede - ha detto Lombardi - rappresenta una missione che si e' arricchita nel tempo di connotazioni nuove, come la necessita' di combattere la secolarizzazione nel mondo occidentale e di promuovere la giustizia del Regno annunciato da Cristo".
Per i gesuiti che hanno un particolare legame con la Sede Apostolica, testimoniato dal quarto voto, e' importante  ricordare le prospettive principali indicate dal Papa, che padre Lombardi ha ricordato partendo dalla nuova evangelizzazione a cui e' dedicato il prossimo Sinodo dei vescovi in programma a ottobre a Roma e l'Anno della Fede, per tornare ad annunciare il Vangelo in un mondo che non lo riconosce piu' o non lo ha ancora conosciuto. Benedetto XVI, ha continuato padre Lombardi, "parla anche di emergenza educativa e della necessita' di formare le nuove generazioni con un sano equilibrio tra liberta' e disciplina; l'educazione, inoltre, rappresenta l'arma vincente contro lo scetticismo e il relativismo imperante nella nostra cultura". 

"Una cultura - ha continuato padre Lombardi - anche fortemente interrogata dal rapporto tra Fede e Ragione: amiche e alleate, non avversarie, a patto che la ragione riconosca la necessita' della fede e non perda il senso dei limiti dell'uomo".
Infine padre Lombardi ha ripercorso la tradizione educativa della Compagnia di Gesu', con un'attenzione "a proiettarsi nel futuro della comunicazione digitale: uno strumento non da rifiutare, ma da conoscere e valorizzare, riducendone i rischi, primo tra tutti quello di confondere la mera connessione con la comunione, l'amicizia vera e la solidarieta' diffusa".



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PAPA: LOMBARDI, QUELLE DOMANDE AGLI ASTRONAUTI


Salvatore Izzo


(AGI) - Boston, 31 lug. 


Abituato a rispondere a domande che - attraverso i nunzi e i vescovi - gli arrivano da tutto il mondo, qualche mese fa Papa Ratzinger ha sperimentato l'esperienza contraria. 
Lo ha ricordato il suo portavoce, padre Federico  Lombardi, che in un intervento all'incontro dei gesuiti di tutto il mondo in corso a Boston - ripreso in serata da Radio Vaticana - ha ricordato anche uno dei momenti piu' belli vissuti accanto al Santo Padre: il colloquio con gli astronauti nella Stazione Spaziale Internazionale in orbita intorno alla Terra l'anno scorso. "Nei 15 minuti a disposizione, Benedetto XVI - ha sottolineato - non pronuncio' alcun discorso, ma fece domande su come vedevano dall'alto il pianeta, con tutte le sue guerre, le sue bellezze e le sue fragilita', sulla possibilita' della scienza di tutelare l’ambiente, di servire la pace e contribuire al bene delle future generazioni, sullo sguardo dell'uomo che si eleva verso l'immensita' dell'infinito, ammira la Bellezza e diventa preghiera". 


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Padre Lombardi a Boston: il servizio alla fede è la missione della Compagnia di Gesù


Padre Lombardi a Boston: il servizio alla fede è la missione della Compagnia di Gesù 


La missione della Compagnia di Gesù come “servizio alla fede” è al centro dell’intervento di oggi di padre Federico Lombardi, direttore della Sala Stampa vaticana, del Centro televisivo vaticano e della nostra emittente, al Colloquio internazionale sull’educazione secondaria dei Gesuiti in corso a Boston, negli Stati Uniti. Il suo intervento avviene proprio nel giorno in cui la Chiesa celebra Sant’Ignazio di Loyola, fondatore dei Gesuiti. Il servizio di Roberta Barbi: 


Servire la fede: una missione che si è arricchita nel tempo di connotazioni nuove, come la necessità di combattere la secolarizzazione nel mondo occidentale e di promuovere la giustizia del Regno annunciato da Cristo. Così, padre Federico Lombardi affronta il tema della missione della Compagnia di Gesù, che è naturalmente parte di quella della Chiesa. Fondamentale, quindi, ricordare le prospettive principali indicate dal Papa, partendo dalla nuova evangelizzazione a cui è dedicato il prossimo Sinodo dei vescovi in programma a ottobre a Roma e l’Anno della Fede, per tornare ad annunciare il Vangelo in un mondo che non lo riconosce più o non lo ha ancora conosciuto. Benedetto XVI, prosegue padre Lombardi, parla anche di emergenza educativa e della necessità di formare le nuove generazioni con un sano equilibrio tra libertà e disciplina; l’educazione, inoltre, rappresenta l’arma vincente contro lo scetticismo e il relativismo imperante nella nostra cultura. Una cultura anche fortemente interrogata dal rapporto tra Fede e Ragione: amiche e alleate, non avversarie, a patto che la ragione riconosca la necessità della fede e non perda il senso dei limiti dell’uomo. 


Padre Lombardi ricorda poi uno dei momenti più belli vissuti accanto al Santo Padre: il colloquio con gli astronauti nella Stazione Spaziale Internazionale in orbita intorno alla Terra l’anno scorso. Nei 15 minuti a disposizione, Benedetto XVI non pronunciò alcun discorso, ma fece domande su come vedevano dall’alto il pianeta, con tutte le sue guerre, le sue bellezze e le sue fragilità, sulla possibilità della scienza di tutelare l’ambiente, di servire la pace e contribuire al bene delle future generazioni, sullo sguardo dell’uomo che si eleva verso l’immensità dell’infinito, ammira la Bellezza e diventa preghiera. Infine padre Lombardi ripercorre la tradizione educativa della Compagnia di Gesù, con un’attenzione a proiettarsi nel futuro della comunicazione digitale: uno strumento non da rifiutare, ma da conoscere e valorizzare, riducendone i rischi, primo tra tutti quello di confondere la mera connessione con la comunione, l’amicizia vera e la solidarietà diffusa.


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E' morto il giornalista Raffaele Alessandrini, firma prestigiosa dell'Osservatore Romano (Izzo)

VATICANO: MORTO R. ALESSANDRINI, FIRMA PRESTIGIOSA OSSERVATORE


Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 31 lug. 



E' morto ad appena 60 anni di eta' il giornalista Raffaele Alessandrini, firma prestigiosa delle pagine culturali dell'Osservatore Romano, che, scrive il direttore, professor Giovanni Maria Vian, "perde non soltanto un giornalista appassionato, cristiano limpido e servitore esemplare della Santa Sede, ma anche parte della sua memoria storica". "Quanti lo hanno conosciuto sin dagli anni dell'adolescenza e mai hanno interrotto un legame forte e invisibile  che gia' allora oltrepassava il tempo limitato delle nostre esistenze su questa terra piangono un amico carissimo", confida Vian.
Figlio dello storico portavoce di Paolo VI, professor Federico Alessandrini, e fratello del dirigente della Rai, Ludovico, scomparso anche lui da qualche anno dopo una lunga militanza anche in altri settori della cultura italiana. Figure che certamente hanno costituito un punto di riferimento per Raffaele che nelle ultime settimane - sapendo di assentarsi per malattia - aveva lasciato in  redazione un messaggio: "quando si fa la volonta' Sua va sempre bene. Intanto combattiamo". 



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È morto Raffaele Alessandrini firma storica dell'Osservatore Romano (Vian)

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Domani, a Castel Gandolfo, riprendono le udienze generali del Papa sulla preghiera (Radio Vaticana)


Su segnalazione di Laura leggiamo:


Domani, a Castel Gandolfo, riprendono le udienze generali del Papa sulla preghiera 


Riprendono domani, a Castel Gandolfo, le tradizionali udienze generali del mercoledì, sospese dopo il 27 giugno. Benedetto XVI continua il ciclo di catechesi sulla preghiera, iniziato il 4 maggio dell’anno scorso. Ripercorriamo alcune riflessioni del Papa su questo tema nelle passate udienze generali. Il servizio di Debora Donnini: 


Giacobbe l’uomo che ha sottratto la primogenitura al fratello Esaù e strappato con l’inganno la benedizione al padre, si trova al guado del fiume Yabboq e lotta nella notte con uno sconosciuto che lo renderà zoppo e gli darà un nuovo nome: Israele. Solo quando quel “qualcuno” sarà sparito, Giacobbe potrà dire di aver lottato con Dio. In quest’episodio, spiega Benedetto XVI, la Chiesa ha sempre letto il “simbolo della preghiera come combattimento della fede e vittoria della perseveranza”: 


“Il testo biblico ci parla della lunga notte della ricerca di Dio, della lotta per conoscerne il nome e vederne il volto; è la notte della preghiera che con tenacia e perseveranza chiede a Dio la benedizione e un nome nuovo, una nuova realtà frutto di conversione e di perdono”. (Udienza generale, 25 maggio 2011)


Nel suo excursus sulla preghiera, il Papa riflette sul bisogno di pregare che ha sempre caratterizzato l’uomo e nota che nelle antiche culture praticamente sempre ci si sia rivolti a Dio. Nell’antica Grecia, rileva, si assiste ad un’evoluzione: “le preghiere, pur continuando a invocare l’aiuto divino per ottenere il favore celeste in tutte le circostanze della vita quotidiana …si orientano progressivamente verso le richieste più disinteressate, che consentono all’uomo credente di approfondire il suo rapporto con Dio”:


“L’uomo di tutti i tempi prega perché non può fare a meno di chiedersi quale sia il senso della sua esistenza, che rimane oscuro e sconfortante, se non viene messo in rapporto con il mistero di Dio e del suo disegno sul mondo. La vita umana è un intreccio di bene e male, di sofferenza immeritata e di gioia e bellezza, che spontaneamente e irresistibilmente ci spinge a chiedere a Dio quella luce e quella forza interiori che ci soccorrano sulla terra e dischiudano una speranza che vada oltre i confini della morte”. (Udienza generale, 4 maggio 2011). 


L’uomo, infatti, porta nel suo cuore “una nostalgia di eternità”, “un desiderio di amore”, “porta in sé il desiderio di Dio”, sottolinea Benedetto XVI. Per un cristiano la preghiera, aveva ricordato già all’Angelus del 4 marzo 2007, non è evasione dalla realtà ma assunzione delle responsabilità confidando nell’amore fedele di Dio. La preghiera non è “un optional, ma è questione di vita o di morte” perché solo “chi si affida a Dio con amore filiale, può entrare nella vita eterna, che è Dio stesso”. Centrale nella preghiera è, poi, l’esperienza di Dio non solo come Creatore ma anche come Padre. Ed è “lo Spirito di Cristo” che ci apre alla dimensione della paternità di Dio, una realtà fondamentale che ci viene dischiusa quando ci apriamo allo Spirito Santo “ed Egli ci fa rivolgere a Dio dicendogli Abba!, Padre”. La preghiera, dunque, ci permette di entrare nelle sofferenze con una forza diversa: 


“La risposta di Dio Padre al Figlio e alle sue forti grida e lacrime non è stata la liberazione immediata dalle sofferenze, dalla croce, dalla morte, ma era un esaudimento molto più grande, una risposta molto più profonda. Attraverso la croce e la morte, Dio ha risposto con la Risurrezione del Figlio, con la nuova vita. La preghiera animata dallo Spirito Santo porta anche noi a vivere ogni giorno il cammino della vita con le sue prove e sofferenze, nella piena speranza e fiducia in Dio che risponde come ha risposto al Figlio”. (Udienza generale, 16 maggio 2012). 


La preghiera è, dunque, possibilità di conversione, di seguire la volontà di Dio e di entrare in comunione non solo con il Padre ma con tutti i figli di Dio. E ancora di più la preghiera dischiude i confini del mondo: 


“Maria ci insegna la necessità della preghiera e ci indica come solo con un legame costante, intimo, pieno di amore con suo Figlio, possiamo uscire dalla ‘nostra casa’ con coraggio, per raggiungere i confini del mondo e annunciare ovunque il Signore Gesù, Salvatore del mondo”. (Udienza generale, 14 marzo 2012).


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Il Papa in Libano: una difficile missione di pace nel cuore del Medio Oriente (Izzo)


PAPA IN LIBANO: UNA DIFFICILE MISSIONE DI PACE NEL CUORE DEL M.O.


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 31 lug. 


"Cristiani e musulmani, tutto il popolo libanese, sono felici di poter ricevere il Santo Padre e si stanno preparando per questo grande evento. Il Santo Padre e' l'uomo-chiave che puo' dare speranza e non soltanto al popolo libanese, ma a tutte le persone del Medio Oriente". 
Mentre fervono i preparativi a Beirut per la visita di Benedetto XVI, in programma fra un mese e mezzo, dal 14 al 16 settembre l'arcivescovo maronita di Beirut, monsignor Paul Matar, anticipa il senso di questo evento lungamente atteso e preparato. "Tutti i libanesi - assicura - amano il Papa e ricordano ancora l'ultima visita di Giovanni Paolo II nel 1997, che fu un successo. Sono ora felici di ricevere il Papa, perche' hanno bisogno di essere confermati nella speranza della pace e non soltanto per il Libano, ma per tutta la regione".
"Tutti qui - spiega il presule ai microfoni della Radio Vaticana - sono in ansia per quanto sta succedendo in Medio Oriente e vorrebbero avere la speranza che possano essere trovate delle soluzioni". 
La preparazione della visita si e' articolata, spiega monsignor Matar, "a molti livelli: a livello materiale, ma anche morale e psicologico.
Il governo, insieme a tutti i libanesi, sta cercando di mantenere calma la situazione nel Paese e sta cercando di preparare un’atmosfera di riconciliazione fraterna così da poter ricevere il Papa come un popolo unito". "Stiamo poi preparando la visita del Papa - aggiunge il vescovo maronita di Beirut - anche attraverso una campagna televisiva, che partira' probabilmente a fine agosto, cosi' da preparare tutti ai diversi eventi che si terranno. Siamo sulla buona strada".
Come e' noto, occasione del viaggio del Pontefice e' la pubblicazione dell'Esortazione Apostolica alle comunita' del Medio Oriente, frutto del Sinodo Speciale celebrato a Roma. Ma nel frattempo la situazione dell'area si e' ulteriormente ingarbugliata: al conflitto israelo-palestinese e alle conseguenze della guerra in Iraq si aggiungono infatti gli effetti destabilizzanti della cosidetta "primavera araba" e in particolare la crisi della Siria, paese che da venti anni esercitava una sorta di ruolo di protezione sul Libano, garantendo di fatto un equilibrio tra le diverse componenti etnico-religiose dopo gli anni della guerra civile. 
"Aspettiamo il Papa e attendiamo cosa ci dira' riguardo al futuro, riguardo all’amicizia con i fratelli musulmani, riguardo alla pace in Medio Oriente. Aspettiamo di ricevere il messaggio del Papa", afferma monsignor Matar. Da parte nostra, garantisce a nome della comunita' cristiana locale, composta anche da ortodossi, armeni, siri, copti e latini, "siamo sicuri di essere pronti a ricevere il suo messaggio". "La maggior parte della nostra gente - conclude il vescovo di Berut - non e' fondamentalista: la gente vuole vivere in pace e in amicizia e credo che il messaggio del Papa confermera' proprio questo". 


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Congresso dell’Istituto Paolo VI a Nairobi: sempre viva l’eredità di Papa Montini in Africa


Congresso dell’Istituto Paolo VI a Nairobi: sempre viva l’eredità di Papa Montini in Africa


Si apre domani a Nairobi, in Kenya, il Congresso “Paolo VI e la Chiesa in Africa” organizzato dall’Istituto Paolo VI assieme all’Università of Eastern Africa di Nairobi. L’incontro che vede la partecipazione di numerosi porporati, presuli e studiosi africani si soffermerà, per due giorni, sull’eredità del Magistero di Papa Montini per la Chiesa africana. Sul tema dell’evento, Alessandro Gisotti ha intervistato il prof. Eugenio De Caro, coordinatore per l’Istituto Paolo VI del Congresso di Nairobi:   


R. - Abbiamo visto che qui c’è un vero e proprio culto di Papa Paolo VI, che è il “loro” Papa. E’ il primo Pontefice che ha messo piede in terra d’Africa e lo ha fatto con tanto entusiasmo, tra l’altro sulla scia di un viaggio che aveva già fatto in precedenza - e questo è meno noto - nel 1962. L’allora cardinale arcivescovo di Milano aveva visitato delle missioni e da quel momento aveva cominciato ad innamorarsi dell’Africa. Quindi è un Papa che ha visto una prospettiva di sviluppo del modo in cui viene interpretato il Vangelo e di come l’inculturazione della fede si può attuare, secondo proprio una nuova dimensione epocale. Quindi per loro Paolo VI è un inizio! 


D. - All’evento di Nairobi parteciperanno numerose personalità eminenti della Chiesa africana. Quale il contributo più forte del Magistero di Paolo VI all'Africa?


R. - Noi faremo il punto su quattro filoni che sono stati aperti dal Magistero di Papa Paolo VI: il primo è il fondamento teologico dell’attività missionaria; il secondo, l’inculturazione della fede, che Paolo VI aveva visto determinarsi e realizzarsi qui in Africa già negli anni Sessanta con uno spirito del tutto nuovo, con delle nuove forze vive e culturali che incarnavano il Vangelo; il terzo è la responsabilità della Chiesa verso la società per promuovere pace e giustizia; e il quarto è la prospettiva dell’educazione e della famiglia. 


D. - Quali frutti si potranno raccogliere da questo Congresso?


R. - Anzitutto noi abbiamo stimolato una riflessione: ci sono, infatti, delle importanti relazioni da parte dei più eminenti studiosi e rappresentanti della Chiesa e delle Conferenze episcopali africane, che hanno riflettuto su quanto ha detto Paolo VI e porteranno le loro relazioni. Ovviamente pubblicheremo degli Atti che saranno anche arricchiti da documenti e potranno avere una grande distribuzione. Questo è un punto di partenza, ma siamo anche qui a proporre degli studi di dottorato su Paolo VI, perché vengano all’Istituto Paolo VI per poter approfondire anche specificamente il Magistero di Papa Montini. Un’ultima nota: la settimana scorsa è mancato il nostro presidente - il dottor Giuseppe Camadini - e lui aveva voluto tantissimo questo Convegno, quando mi chiese di organizzarlo lo scorso autunno. Noi vorremmo che questo fosse il suo ultimo desiderio che si realizza e che pianta i germi del Vangelo anche in terra africana, portando avanti quello che è stato il messaggio di Paolo VI e del Concilio Vaticano II. 



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Domani riprendono le udienze generali. Venerdì spettacolo da Monaco Baviera, sabato concerto Regensburg


Papa/ Mercoledì riprendono udienze generali da Castel Gandolfo


Venerdì spettacolo da Monaco Baviera, sabato concerto Regensburg


Città del Vaticano, 30 lug. (TMNews) 


Il Papa riprende dopodomani, dopo una pausa durata il mese di luglio, le udienze generali del mercoledì. Benedetto XVI, che sta trascorrendo il periodo estivo a Castel Gandolfo non tornerà in Vaticano per l'occasione e pronuncerà la catechesi del mercoledì, ancorché in forma più breve del consueto, ai pellegrini che si raduneranno nel cortile del palazzo apostolico che sorge sulle pendici del lago albano.
Venerdì tre agosto, poi, sempre a Castel Gandolfo il Papa assisterà ad una manifestazione folkloristica di musica e danza offerta a Ratzinger dall'arcidiocesi di Monaco di Baviera, alla presenza di mille pellegrini provenienti dalla sua Baviera guidati dall'arcivescovo di Monaco Reinhard Marx. 
Sabato verrà poi offerto al Papa un concerto organizzato dalla Caritas di Regensburg, città bavarese nella quale vive il fratello del Papa e da dove proviene il nuovo prefetto della congregazione per la Dottrina della fede, mons. Gerhard Ludwig Mueller. Domenica, come al solito, l'angelus di mezzogiorno.


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La Pontificia Commissione "Ecclesia Dei" a firma Müller e Di Noia decreta di procedersi a nuova elezione del Superiore dell'Istituto del Buon Pastore

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Ilva di Taranto, Troina: Benedetto XVI e quel primato della vita più importante del lavoro (Sussidiario)

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Ricominciamo da Zaccheo. A colloquio con il rettore della Pontificia Università Lateranense su teoria e prassi dell'educazione (Guidi)

A colloquio con il rettore della Pontificia Università Lateranense su teoria e prassi dell'educazione


Ricominciamo da Zaccheo


di Silvia Guidi


«Oggi la cultura è così diffusa da essere quasi passata nell'atmosfera in cui un giovane respira. In lui vivono e si agitano idee filosofiche e poetiche, le ha assorbite con l'aria del suo ambiente, ma crede che siano di sua proprietà e perciò ne parla come se fossero sue. Dopo aver però restituito al suo tempo ciò che ne aveva ricevuto, si ritrova povero. È come una fonte dalla quale per un po' sgorga l'acqua che vi è stata versata e subito smette di colare non appena la riserva si esaurisce». Sono parole che descrivono, più o meno, la situazione attuale, ma risalgono a qualche secolo fa: Goethe le pronunciò il 15 aprile 1829 («era un mercoledì» precisa Raffaele Vacca nell'articolo Sulle conversazioni di Goethe in «Studium», n. 2, 2009). «In generale -- conclude il poeta -- non si impara nulla per semplice sentito dire e chi non si impegna di persona nella pratica di certe cose, le conosce solo superficialmente e a metà». Rem tene verba sequentur raccomandavano i retori latini ai loro allievi, abbi chiaro il concetto e le parole verranno da sole. Sembra facile ma non lo è: essere disponibili a farsi raggiungere dalla conoscenza di una cosa, mantenere un atteggiamento di apertura permanente verso quello che ci succede intorno non è scontato, è una conquista, soprattutto in un'epoca, la nostra, in cui «la fretta, frusta del potere» (Patricia Pagoto) ci stordisce di stimoli contraddittori fino ad anestetizzare le nostre percezioni, relegandoci nel limbo della reattività immediata e impedendoci di ascoltare le cose. Per recuperare la freschezza originale nel conoscere serve una disponibilità radicale a lasciarsi toccare, ferire se necessario, dalle circostanze e dagli incontri; è la sfida, ardua e scomoda, dell'educazione. Di teoria e prassi dell'educazione abbiamo parlato con monsignor Enrico dal Covolo, rettore della Pontificia Università Lateranense.


Quali sono le priorità irrinunciabili nel formare i formatori?


Il mondo in cui viviamo è caratterizzato da uno sfrenato pluralismo culturale. A volte cercare dei punti comuni sembra un'impresa impossibile. Ciò che i nostri Padri ci hanno consegnato è messo in discussione senza eccezioni e, non di rado, con un'aggressività, che mi pare ben sintetizzata da quell'espressione impiegata dal Papa riguardo a un «Occidente che odia se stesso». In tale cornice, gli obiettivi formativi sono obbligatori: bisogna ricuperare il significato della dignità umana, di ogni singolo uomo, superando i vari riduzionismi dell'umano che, da molte parti, fanno giungere il suono delle loro sirene; ricuperare il valore del dialogo, inteso come desiderio sincero di “ascolto dell'altro” (sia questi “l'Altro” con la a maiuscola; o siano pure “gli altri”, soprattutto i più poveri e i più bisognosi); ricuperare il valore contemplativo della vita ordinaria, ovvero la capacità di scoprire l'Assoluto in un approccio alla realtà capace di superare la tentazione imperante del nichilismo. In questa prospettiva l'Università Lateranense sta seguendo da un paio d'anni un articolato progetto formativo, centrato su quattro punti strategici: lo studio dell'emergenza educativa (eziologia, fenomenologia, terapia); la formazione dei formatori, come risposta appropriata dell'Università del Papa dinanzi alla medesima emergenza educativa; lo sviluppo della comunicazione, all'interno e all'esterno dell'Università; la promozione della pastorale universitaria, intesa globalmente come accompagnamento efficace, un vero e proprio orientamento, dei membri della comunità accademica nella loro formazione integrale, umana e cristiana.


Come è nata l'idea di Casa Zaccheo?


Con una battuta, potrei rispondere che l'idea ci è venuta dal Papa. In Germania, durante la visita apostolica dello scorso settembre, egli ha detto: «Siamo chiamati a cercare nuove vie dell'evangelizzazione. Una di queste vie potrebbe essere costituita dalle piccole comunità, dove si vivono amicizie, che sono approfondite nella frequente adorazione comunitaria di Dio. Qui ci sono persone che raccontano le loro piccole esperienze di fede nel posto di lavoro e nell'ambito della famiglia e dei conoscenti, testimoniando, in tal modo, una nuova vicinanza della Chiesa alla società». La Casa Zaccheo, situata in zona Balduina, ospiterà una dozzina di nostri studenti, e sarà caratterizzata da un generoso impegno di vita comunitaria e di discernimento vocazionale. Gli studenti saranno accompagnati da un giovane sacerdote rettore e da un'équipe di validi formatori.


La vita comunitaria ha un grande valore pedagogico, perché, in un certo senso, «costringe» alla concretezza nel cammino della vita cristiana, ma forse è l'elemento che fa più paura ai giovani, abituati a respirare un individualismo diffuso. Come reagiscono i suoi studenti a questa proposta?


I giovani mi appaiono come delle eccellenti macchine in corsa, che spesso però sono frenate da ostacoli che incontrano sul loro tragitto. Voglio dire che la sensibilità dei giovani di oggi nei confronti di relazioni autentiche e profonde è qualcosa di straordinario. Molte volte mi è capitato di sorprendermi e di commuovermi, osservando una generazione giovanile così disponibile all'incontro con l'altro. L'ho sperimentato in maniera eccezionale durante la Giornata mondiale di Madrid. Si tratta di un dono grandissimo, e di una responsabilità enorme, che la Provvidenza mette davanti a noi, più avanzati in età, e sempre tentati da forme più o meno accentuate di cinismo. Gli stessi giovani, però (come tutti noi, del resto) vivono in una cultura che continuamente li invita a primeggiare, ad apparire a ogni costo, a lasciarsi ammaliare dal successo e dal potere: tutte dinamiche che inducono a vedere l'altro come un inciampo da evitare, se non proprio da eliminare. È necessario aiutare i giovani a prendere consapevolezza di questa tensione interiore, che tutti viviamo, e a risolverla positivamente, all'interno della vita cristiana.


«Ma la fede può essere trasmessa?» scrive parlando di Abramo e del suo rapporto personale con Dio, quando non c'era ancora la Chiesa a sostenerlo nel suo dialogo con il Creatore.


In verità, il titolo proposto ai lavori dell'Assemblea sinodale del prossimo ottobre parla proprio della trasmissione della Fede cristiana. In varie occasioni mi è capitato di proporre questa domanda apparentemente provocatoria, eppure feconda: «Ma la fede può essere trasmessa?». Se la fede, come recita il Catechismo della Chiesa Cattolica, è un atto personale, questa decisione non può essere trasmessa. La fede di Abramo (tanto per fare un esempio illustre) è il suo personale atto di obbedienza alla Parola, e questo atto è solo suo. Può essere indicato come esempio, ma per essere trasmesso deve essere ripetuto da altri, che facciano propria la medesima obbedienza a Dio. Tuttavia, come sappiamo, non c'è solo questo aspetto soggettivo e personale della fede: c'è anche un aspetto oggettivo, fatto di contenuti (enunciati, riti, comportamenti), che sono oggetto, appunto, di insegnamento, e che quindi possono essere trasmessi. Alludo qui alla ben nota distinzione, di matrice agostiniana (cfr. De Trinitate 13, 2,5), tra fides quae creditur (la fede che è creduta, cioè l'aspetto oggettivo) e fides qua creditur (la fede con la quale si crede, cioè l'aspetto soggettivo dell'atto di fede). Tutto questo ci permette «di esprimere e di trasmettere la fede, di celebrarla in comunità, di assimilarla, e di viverne sempre più intensamente» (Catechismo, n. 170). Rimane il fatto che molto spesso -- e mi riferisco soprattutto alla professione del docente universitario -- rischiamo di privilegiare unilateralmente l'aspetto oggettivo della fede, con la conseguenza inevitabile di una certa intellettualizzazione della fede. Rischiamo cioè di sottovalutare la testimonianza personale della scelta di fede, magari allegando giustificazioni del tipo questo non può entrare esplicitamente nell'attività professionale. Ci dimentichiamo così che i Padri della Chiesa (coloro che ci hanno trasmesso la fede) sono anzitutto dei santi. Se non sono santi, non sono Padri. Proprio i santi sono i grandi modelli della fides qua, con la lezione più importante di tutte, quella della loro vita. Già Paolo VI avvertiva, con la lungimiranza straordinaria del suo magistero: «L'uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri, lo fa perché sono dei testimoni» (cfr. Evangelii Nuntiandi, 41). Balza così in primo piano, ai fini di una corretta trasmissione della fede, la categoria della testimonianza, che dagli anni del Concilio in poi ha trovato un'elaborazione teologica sempre più approfondita. In definitiva, la figura di chi forma alla vita educando nella fede è quella di una persona compatta e forte nella testimonianza: una persona in cui le parole sono intercambiabili con i fatti. Viene alla mente la testimonianza di Gandhi. Sir Stanley Jones gli chiese di rilasciare un messaggio per il mondo. Il Mahatma lo guardò, e gli rispose turbato: «non ho una parola da dire; la mia vita è il mio messaggio». Ebbene, per noi le cose vanno diversamente. Noi abbiamo la Parola: abbiamo il lieto messaggio di Gesù Cristo, abbiamo il Credo degli apostoli e della Chiesa, abbiamo la fede da trasmettere. Ma questo Vangelo -- stando alle parole-testamento di Gesù -- non può passare senza la testimonianza della vita dei credenti: Eritis mihi testes, continua a ripeterci il Maestro (Atti 1, 8).


Come recuperare la “categoria della testimonianza” nella fede vissuta?


Proprio la categoria della testimonianza qualifica in maniera decisiva il profilo del docente nell'Università Lateranense. Ferma restando la “laicità” della professione, della ricerca e dell'insegnamento (con i relativi requisiti di preparazione e competenza), chi insegna nell'Università del Papa non può che essere un testimone della fede, un esperto di quella sintesi teologica, a cui deve condurre il nostro insegnamento, qualunque sia la disciplina di partenza. Ma quante volte, mentre dicevo queste cose, mi è capitato di incontrare professori delusi, scoraggiati, rassegnati! Scoraggiati a tal punto, che la loro testimonianza ne esce appannata, e l'incidenza educativa pressoché nulla. Ebbene, vorrei chiedere oggi all'eventuale professore scoraggiato: Tu preghi? Gli studenti ti vedono pregare? Colgono il fatto che sei uomo di Dio, uomo della sua Parola? Come è la dimensione contemplativa della tua vita? Pratichi la carità? Sai accogliere il “povero”, il più bisognoso, il meno simpatico, quello studente che tutti mettono da parte perché dà fastidio? Sai farti prossimo? Cogli le occasioni utili per partecipare di più alla vita degli studenti, anche quando ti sembra di perdere il tempo? Servi la Chiesa, o ti servi della Chiesa? Sai vedere (anche nelle vicende di oggi, della Chiesa pellegrinante nel mondo) la «foresta di santità che cresce», ben oltre l'«albero che cade»? È vero: anche all'interno della Chiesa ci sono molti scandali, tante “sporcizie” che sono la dolorosa conseguenza del peccato dell'origine. Ma sai cogliere «il grande fiume» della santità e della grazia di Dio, per il quale la Chiesa stessa è santa? Oppure ti accodi troppo facilmente alle critiche ipocrite e senza amore di tanti rotocalchi e media?


I Padri stessi sono stati dei grandi comunicatori (Agostino componeva ritmi e canti per divulgare il suo pensiero). Come far riscoprire agli studenti questo aspetto del tesoro di letteratura, teologia e pensiero che è giunto fino a noi?


In verità, la comunicazione della fede, nella quale i nostri Padri erano maestri e pastori, non puntava anzitutto su una tecnica. Non voglio dire con questo che le tecniche della comunicazione, anche nell'ambito della fede, non abbiano la loro importanza (a cominciare dall'uso del microfono, con il quale sembra lottare la maggior parte dei nostri predicatori). Il discorso è piuttosto sulle priorità. Stando al magistero dei nostri Padri, la comunicazione della fede si colloca più sul versante della testimonianza di vita che non su quello della metodologia e delle tecniche. Può servire anche qui ciò che l'allora Joseph Ratzinger scriveva in Introduzione al cristianesimo a proposito del teologo. Chi si impegna a trasmettere la fede non può rischiare di apparire una specie di clown, che recita una parte per mestiere. Piuttosto -- per usare un'immagine cara a Origene -- egli deve essere come il discepolo innamorato, che ha poggiato il suo capo sul cuore del Maestro, e da lì ricava il suo modo di pensare e di agire. Alla fine di tutto, il discepolo innamorato è colui che trasmette la fede nel modo più credibile ed efficace.


«First international meeting of young catholics for social justice»: può spiegare ai nostri lettori di che si tratta?


Diciamolo senza mezzi termini: la situazione giovanile è drammatica. Non mi dilungo qui a riportare dati che sono ben noti all'opinione pubblica. Qualche osservatore ha parlato addirittura di «genocidio di una generazione». In questo contesto la Chiesa deve chiamare a raccolta tutte le sue energie, spirituali anzitutto, ma anche materiali, perché i giovani possano trovare in essa un porto sicuro. L'intento di questo meeting, che ospiteremo presso la nostra Università, è quello di dar voce a quei giovani che quotidianamente esprimono la loro fede in qualche forma di impegno sociale. I promotori dell'evento sono i giovani del movimento internazionale W4B: We're for Benedict, nato di recente a partire dai social network. Il Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, come quello della Giustizia e della Pace, hanno concesso il loro alto patrocinio. Il mio sogno, da figlio di un grande sognatore quale fu don Bosco, è che da questa esperienza possa nascere un organismo internazionale di giovani cattolici, impegnati in modo permanente a definire linee comuni di azione nel sociale.


(©L'Osservatore Romano 31 luglio 2012)

All'Angelus il Papa invoca una soluzione politica del conflitto in Siria e chiede pace e riconciliazione per l'Iraq (O.R.)


All'Angelus il Papa invoca una soluzione politica del conflitto in Siria e chiede pace e riconciliazione per l'Iraq


Basta con la violenza e il sangue


Tutela del diritto alla salute e al lavoro per gli operai dell'Ilva di Taranto


Il Papa invoca la fine «di ogni violenza e spargimento di sangue» in Siria e auspica un futuro di pace e di stabilità per l'Iraq. 
Il «pressante appello» di Benedetto XVI  è risuonato all'Angelus di domenica 29 luglio, recitato con i fedeli nel cortile del Palazzo Apostolico di Castel Gandolfo.
«Continuo a seguire con apprensione - ha confidato dopo la riflessione dedicata all'episodio evangelico della moltiplicazione dei pani e dei pesci - i tragici e crescenti episodi di violenza in Siria con la triste sequenza di morti e feriti, anche tra i civili, e un ingente numero di sfollati interni e di rifugiati nei Paesi limitrofi». Per loro in particolare il Pontefice ha domandato «che sia garantita la necessaria assistenza umanitaria e l'aiuto solidale», rinnovando la sua «vicinanza alla popolazione sofferente e il ricordo nella preghiera».
«Chiedo a Dio - è stata la sua preghiera - la sapienza del cuore, in particolare per quanti hanno maggiori responsabilità, perché non venga risparmiato alcuno sforzo nella ricerca della pace, anche da parte della comunità internazionale, attraverso il dialogo e la riconciliazione, in vista di un'adeguata soluzione politica del conflitto». 
Da Benedetto XVI anche un pensiero «alla cara Nazione irachena, colpita in questi ultimi giorni da numerosi e gravi attentati che hanno provocato molti morti e feriti», con la speranza che «questo grande Paese possa trovare la via della stabilità, della riconciliazione e della pace».
Dopo aver ricordato che fra un anno si celebrerà a Rio de Janeiro la ventottesima Giornata mondiale della gioventù, il Papa ha espresso la sua preoccupazione anche per la situazione dello stabilimento Ilva di Taranto. 
«Desidero manifestare la mia vicinanza  - ha detto - agli operai e alle loro famiglie, che vivono con apprensione questi difficili momenti». Assicurando la sua personale preghiera e il sostegno di tutta la Chiesa, il Pontefice ha esortato «tutti al senso di responsabilità» e ha incoraggiato «le istituzioni nazionali e locali a compiere ogni sforzo per giungere a una equa soluzione della questione, che tuteli sia il diritto alla salute, sia il diritto al lavoro, soprattutto in questi tempi di crisi economica».
Espressioni che hanno trovato immediato riscontro e apprezzamento da parte dell'arcivescovo della città pugliese, monsignor Filippo Santoro. 
«Nell'ora di una delle prove più dure per la città - ha scritto in una nota diffusa poco dopo la recita dell'Angelus - le parole del Santo Padre Benedetto XVI ci sono di grande conforto. Non siamo soli e le nostre intenzioni sono dinanzi a Dio, ora conosciute a tutto il mondo grazie al Pastore universale della Chiesa».
L'attenzione del Pontefice, afferma la nota del presule, «sollecita tutti coloro che hanno responsabilità e facoltà a trovare vie concrete, fattibili e immediate perché a nessuno venga sottratto il pane e la dignità, perché a tutti sia garantito un ambiente sano e, che la giustizia, a schiena dritta, continui il suo corso necessario». Per l'arcivescovo, dunque,  «il problema dell'Ilva è un problema di tutti», che va risolto evitando «una guerra fra vittime» e garantendo che a Taranto «si possa vivere, lavorando dignitosamente, in sicurezza, senza minacce volontarie per la salute».


(©L'Osservatore Romano 31 luglio 2012)

Fede, relativismo, conversione. Lo scambio di lettere fra due amici: Roberto Oliva (seminarista) e Martino Ciano (giornalista). La presentazione e due estratti

Cari amici con grande piacere e gratitudine porto alla vostra attenzione la presentazione del lavoro di due giovani amici, Roberto Oliva (seminarista) e Martino Ciano (giornalista), che discutono di temi quali la fede, la chiesa, i desideri dei giovani, l’amore, la vocazione, il relativismo, la conversione, la difficoltà di credere...
Seguono due estratti dal testo.
Grazie ancora per questa bella opportunita'.
R.



Presentazione progetto epistolario


Il lavoro che vogliamo presentare è una raccolta di lettere che due amici si scrivono dopo essersi conosciuti per confrontarsi su temi quali la fede, la chiesa, i desideri dei giovani, l’amore, la vocazione, il relativismo, la conversione, la difficoltà di credere . Da una parte abbiamo Roberto, giovane seminarista, dall’altra Martino, giovane giornalista e scrittore da poco rientrato nella Chiesa dopo lunghi anni di agnosticismo e successi culturali. Il progetto nasce molto spontaneamente e solo durante l’elaborazione i due amici pensano di collaborare attraverso le loro riflessioni ad una causa più grande. In realtà l’intero carteggio contiene le domande e le attese di tanti giovani e adulti di oggi, tante domande, tanti dubbi, tanta confusione su come vivere la vita. Nella sensibilità di Roberto troviamo l’immagine della Chiesa, di un ragazzo innamorato della vita, ma soprattutto sedotto dall’amore di Dio e sceglie di entrare in seminario. Nella persona di Martino vediamo l’uomo di oggi dilaniato da dubbi e alla ricerca di una Chiesa che sia autentica compagna di vita, troviamo quindi la critica ad una Chiesa che può apparire ripiegata su se stessa,   una persona che soffre le doglie del parto della verità, che oscilla fra certezze e dubbi esistenziali. I due giovani autori si propongono di aprire il loro cuore e raccontare in semplicità la fatica e la gioia di vivere, confrontarsi anche su temi complessi senza chiudere le porte, far parlare tra di loro due mondi che potrebbero sembrare incompatibili. Il progetto vuole dimostrare come anche nel piccolo sia importante costruire ponti tra le persone a prescindere dalla razza, dal credo, dalle ideologie. Dialogare chiesa e uomini, credenti e non credenti. Nell’evoluzione del progetto la personalità di Roberto rimane stabile, mentre assistiamo ad un mutamento di prospettiva da parte di Martino, il quale dopo anni di ricerca e allontanamento dalla Chiesa, rientra timidamente a far parte della comunità cattolica riscoprendo la bellezza del suo battesimo grazie all’opera di evangelizzazione dei nuovi carismi della Chiesa. Il progetto quindi nasce e si sviluppa senza pretese, però riserva anche sorprese degne dei migliori romanzi frutto della inattesa provvidenza di Dio. Il manufatto è ancora ad una fase di abbozzo, però l’intenzione degli autori è quella di contribuire al bene del loro territorio attraverso iniziative volte a stimolare il dialogo tra credenti e non credenti, tra giovani e chiesa, nell’ambito della nuova evangelizzazione e del cortile dei gentili. Attraverso questo semplice lavoro ci si propone di stimolare nei nostri paesi la nascita di un clima idoneo affinché si torni a parlare di Dio nelle piazze, nei centri culturali, negli ambienti giovanili, e ci si interroghi con nuovo fervore sulla nostra vita, sulla Chiesa, sulla fede. Creare veri e propri cenacoli dove sacerdoti, professori, giovani, atei, gente bisognosa di riposte, studenti, genitori possano confrontarsi, ascoltarsi e riflettere sul senso della vita. Lo spirito dell’epistolario è quello del cammino, della ricerca: infatti i due autori sono l’immagine dell’anima dell’uomo, che come un pellegrino cerca la verità.  Alleghiamo due estratti dal testo nella speranza di rendere l’idea. Sono quattro lettere ancora bozze, che vedono aperto il cuore di questi due giovani e raccontarsi le loro esperienze, i loro stati d’animo, i loro dissidi. Le prime due risalgono all’inizio del progetto, mentre le ultime alla fase finale. Si può notare quindi la crescita e addirittura il mutamento di prospettiva degli autori, comprendendo bene come l’opera non sia statica ma uno specchio del divenire delle varie fasi della vita, dell’apertura all’azione di Dio nella nostra storia personale. Siamo felici di accettare consigli per un eventuale titolo, coraggio!
Oliva Roberto e Ciano Martino



E' fatto divieto di riprodurre o utilizzare in qualunque modo i testi segnalati nella versione integrale o in parte.

lunedì 30 luglio 2012

La gioia dei giovani brasiliani per il saluto del Papa all'Angelus. Intervista con l'arcivescovo di Rio (Radio Vaticana)

Su segnalazione di Laura leggiamo:


La gioia dei giovani brasiliani per il saluto del Papa all'Angelus. Intervista con l'arcivescovo di Rio


Ad un anno esatto dalla Giornata Mondiale della Gioventù di Rio de Janeiro, in Brasile, ieri il Papa all’Angelus ha voluto ringraziare gli organizzatori. La Gmg, ha detto Benedetto XVI, è “una preziosa occasione di sperimentare la gioia e la bellezza di appartenere alla Chiesa e di vivere la fede”. Grande la gioia in Brasile per questo segno di vicinanza del Papa. Al microfono di Silvonei Protz, collega del programma brasiliano, mons. Orani João Tempesta, arcivescovo di Rio de Janeiro: 


R. – Siamo ormai a un anno dalla Giornata mondiale della gioventù, qui a Rio de Janeiro, e sappiamo quale momento importante sia per la Chiesa brasiliana, che sta aspettando con gioia tutti i giovani che arriveranno a Rio de Janeiro, in Brasile, per la Giornata mondiale della gioventù. C’è un gran lavoro in tutto il Paese e c’è un gran lavoro nel Comitato organizzativo locale della Giornata mondiale della gioventù. Preghiamo tutti di essere insieme a noi, di pregare insieme Dio, affinché i giovani – insieme a Cristo Gesù – possano essere quelli che annunciano un nuovo mondo nella città di Rio, nel Brasile e in tutto il mondo.


D. – Come state aspettando i giovani che arriveranno da tutte le parti del mondo?


R. – Stiamo aspettando tutti i giovani con il nostro cuore aperto, con le nostre braccia aperte come il Cristo Redentore, per vivere insieme a loro questa Giornata mondiale della gioventù.


E ieri a Rio de Janeiro si è conclusa la tre giorni di preparazione alla Gmg dal titolo: “Preparate il cammino”. Messe, testimonianze, momenti di festa hanno caratterizzato l’appuntamento che ha avuto il suo momento clou proprio nel collegamento con l’Angelus del Papa a Castel Gandolfo. Lo sottolinea al microfono di Benedetta Capelli, il collega brasiliano Silvonei Protz: 


R. – Il momento dell’Angelus è stato visto dai giovani in tutto il Brasile ed è stato vissuto con un’esplosione di gioia, ma anche di consapevolezza della responsabilità che i giovani brasiliani, insieme alla Chiesa in Brasile, hanno in questo momento in vista di questo grande incontro con i giovani provenienti da tutto il mondo. Per noi è cominciata veramente la Giornata mondiale della gioventù.


D. – A Rio si è conclusa questa iniziativa dedicata al cammino verso la Gmg: che appuntamento è stato?


R. – E’ stato un incontro molto bello, con più di 50 mila giovani, nel complesso del Maracanã, che è un po’ il simbolo del calcio in Brasile, ma anche nel mondo, e che in questo senso è stato anche il simbolo dell’inizio di questa grande corsa verso la Giornata mondiale della gioventù. Tre giorni quindi, con un momento anche molto importante e centrale – il sabato – con l’arrivo dell’Icona della Madonna del Brasile, Nostra Signora di Aparecida, che è stata portata dall’arcivescovo di Aparecida, cardinale Raymundo Damasceno Assis, che è anche il presidente della Conferenza episcopale brasiliana. Un momento che ha rappresentato anche l'affidamento alla Madonna di questo percorso che ci porterà fino alla Gmg del prossimo anno, a Rio de Janeiro. All’evento era presente anche il nunzio apostolico in Brasile, mons. Giovanni D’Aniello, che ha incontrato i rappresentanti dei giovani brasiliani e ha già fissato un altro incontro con loro per il prossimo 10 agosto. Seguendo un po’ l’orientamento dell’arcivescovo di Rio, mons. Orani João Tempesta: i giovani potranno in quell’occasione presentare al nunzio tutte le loro difficoltà, le loro sfide, ma anche le gioie. Il nunzio trasmetterà poi tutto questo al Santo Padre per testimoniare quanto i giovani aspettano Benedetto XVI a Rio.


D. – Qual è, secondo te, la particolarità che sta emergendo della religiosità brasiliana e soprattutto dei giovani?


R. – Io credo che sia quella di appartenere ad una Chiesa veramente viva. I giovani stanno vedendo che non appartengono semplicemente alla parrocchia, ma ad una Chiesa che va oltre e che il centro è la persona di Cristo. Credo che questo risveglio della fede e del ruolo dei giovani nella nostra Chiesa darà nuovi frutti anche dopo questa Giornata.


© Copyright Radio Vaticana

Viaggio in Libano. L’arcivescovo di Beirut: il Medio Oriente aspetta il Papa messaggero di pace

Viaggio in Libano. L’arcivescovo di Beirut: il Medio Oriente aspetta il Papa messaggero di pace


Fervono i preparativi a Beirut per la visita di Benedetto XVI, in programma fra un mese e mezzo, dal 14 al 16 settembre. Grande l’attesa in tutta la regione per un viaggio che ha come prima finalità la consegna da parte del Papa dell’Esortazione post-sinodale per il Medio Oriente. Particolarmente intensa è l’attesa che si vive nella diocesi di Beirut che ancora ricorda con emozione la visita di Giovanni Paolo II nel 1997. Sulle aspettative per questo viaggio apostolico, Alessandro Gisotti ha intervistato l'arcivescovo maronita di Beirut, mons. Paul Boulos Matar:   

R. – All the lebaneses, christians and muslins… 

Tutto il popolo libanese, cristiani e musulmani, è felice di poter ricevere il Santo Padre e si stanno preparando per questo grande evento. Amano il Papa e ricordano ancora l’ultima visita di Giovanni Paolo II che fu un successo! Sono ora felici di ricevere il Papa, perché hanno bisogno di essere confermati nella speranza della pace e non soltanto per il Libano, ma per tutta la regione. Tutti qui sono in ansia per quanto sta succedendo in Medio Oriente e vorrebbero avere la speranza che possano essere trovate delle soluzioni. Il Santo Padre è l’uomo-chiave che può dare questa speranza e non soltanto al popolo libanese, ma a tutte le persone del Medio Oriente.

D. – Come la sua diocesi si sta preparando a questa visita?

R.- In many levels: material preparing and moral and psychological preparing…

A molti livelli: a livello materiale, ma anche morale e psicologico. Il governo, insieme a tutti i libanesi, sta cercando di mantenere calma la situazione nel Paese e sta cercando di preparare un’atmosfera di riconciliazione fraterna così da poter ricevere il Papa come un popolo unito. Stiamo poi preparando la visita del Papa anche attraverso una campagna televisiva, che partirà probabilmente a fine agosto, così da preparare tutti ai diversi eventi che si terranno. Siamo sulla buona strada. 

D. – Questa visita è un importante segno di pace e dialogo per tutto il Medio Oriente…

R. – Absolutely. We are waiting for the Pope and what He is going to tell us about …

Assolutamente! Aspettiamo il Papa e attendiamo cosa ci dirà riguardo al futuro, riguardo all’amicizia con i fratelli musulmani, riguardo alla pace in Medio Oriente. Aspettiamo di ricevere il messaggio del Papa.

D. – Qual è la sua speranza su come questo messaggio sarà accolto dai cristiani, dai musulmani e da tutte le persone del Medio Oriente?

R. – We are sure that we are ready to receive… 

Siamo sicuri di essere pronti a ricevere il suo messaggio. La maggior parte della nostra gente non è fondamentalista: la gente vuole vivere in pace e in amicizia. Credo che il messaggio del Papa confermerà proprio questo!

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Chiesa e massoneria, tra inconciliabilità e tentativi di dialogo. Intervista a Mons. Negri (Galeazzi)

Clicca qui per leggere l'intervista.

Il Papa e la Siria (Tornielli)

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Siria. Il nunzio ai leader religiosi: riunitevi per fermare repressione e violenze


Siria. Il nunzio ai leader religiosi: riunitevi per fermare repressione e violenze


Dopo l’appello del Papa ieri all’Angelus per la fine delle violenze in Siria, oggi interviene anche il nunzio a Damasco, mons. Mario Zenari, con una accorata esortazione ai leader religiosi del Paese perché sostengano la fine della repressione e delle violenze. Ascoltiamo il presule al microfono di Sergio Centofanti:


R. – L’appello del Santo Padre affinché cessi la violenza, il suo cordoglio per le vittime, la sua vicinanza alle sofferenze della gente, sono sempre di grande conforto per i pastori, i fedeli e per tutti i siriani, i quali sono vivamente riconoscenti al Santo Padre per l’interesse e la vicinanza che porta continuamente alla Siria, per i suoi reiterati appelli. Del suo appello di ieri per esempio ne hanno parlato in maniera molto positiva anche i media locali governativi. Vorrei sottolineare l’accento che il Santo Padre ha messo sul dramma di tanti sfollati interni e rifugiati presso i Paesi limitrofi come pure la sua preghiera affinché Dio illumini la coscienza di quanti ricoprono posti di responsabilità in questi momenti così difficili. Questo mi sembra un rilievo molto importante.


D. – Qual è la situazione in Siria, pensiamo ai combattimenti ad Aleppo, Damasco e in altre città, quale atmosfera si sta respirando oggi nel Paese?


R. – Un’atmosfera molto pesante. Ci sono queste località che sono particolarmente colpite, di cui si parla continuamente, ma ormai direi che il cancro del conflitto è diffuso un po’ in tutta la Siria, e la gente è alquanto timorosa e incerta dell’avvenire. Pensavo in questi giorni al contrasto tra il clima dell’apertura in questi giorni dei giochi olimpici - a cui hanno assistito milioni di persone in tutto il mondo, che è stata la festa straordinaria della fratellanza universale dei popoli - e la situazione che si sta vivendo in Siria. Tuttavia direi che questa festa conserva anche la speranza, la fiamma della fratellanza universale, che non potrà essere spenta da venti fratricidi che soffiano qua e là in qualche parte del mondo. Dove è stata momentaneamente spenta questa fiamma della fratellanza universale, certamente sarà un giorno riaccesa con l’aiuto della solidarietà internazionale.


D. – Vuole lanciare un appello dai microfoni della Radio Vaticana?


R. – Dopo i reiterati e accorati appelli del Santo Padre, tutti ben apprezzati, ben accolti, per la cessazione della violenza in Siria e per una soluzione politica del conflitto, conoscendo per esperienza le buone relazioni interreligiose che esistono in Siria e il ruolo che la religione ha da queste parti, vorrei rivolgere un appello a tutti i responsabili religiosi musulmani, cristiani e altri: riunitevi tutti insieme e con tutto il peso della vostra autorità morale rivolgete in nome di Dio un unanime e severo monito a tutte le parti in conflitto affinché arrestino la violenza e la repressione che stanno portando il Paese alla distruzione a sofferenze indicibili e morte, rivolgete loro un pressante appello affinché abbiano il coraggio di intraprendere immediatamente e in tutta sincerità con l’assistenza della comunità internazionale il cammino per arrivare ad una adeguata soluzione politica della crisi.


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Taranto ringrazia Benedetto XVI, che ieri all'Angelus ha ricordato i lavoratori dell'Ilva (Radio Vaticana)


Taranto ringrazia Benedetto XVI, che ieri all'Angelus ha ricordato i lavoratori dell'Ilva


La situazione dell’Ilva di Taranto, a rischio di chiusura per problemi ambientali è stata affrontata, ieri, da Benedetto XVI, durante l'Angelus domenicale; una situazione che sta mettendo in pericolo il lavoro di tanti operai dell’azienda. L’appello di Benedetto XVI non è rimasto inascoltato. Il servizio è di Roberto Piermarini:   


“Taranto ringrazia Benedetto XVI per avere ricordato le sofferenze e le ansie dei lavoratori dell'Ilva e dell'intera comunità tarantina". 
Lo ha dichiarato ieri il sindaco della città, Ezio Stefano, dopo l’Angelus del Papa. Con le sue parole - ha detto ancora il primo cittadino - il Santo Padre porta all'attenzione della nazione il nostro dramma, trasformandolo in speranza per un’auspicata equa soluzione che tuteli sia il diritto alla salute sia il diritto al lavoro. 
E, in effetti, la vicenda non appare di facile soluzione: da una parte la magistratura che, a tutela della salute pubblica e, quindi, dei lavoratori stessi, ha chiesto la chiusura degli impianti siderurgici non in regola con le nome anti-inquinamento, dall’altra gli operai che chiedono tutele precise a salvaguardia del loro posto di lavoro. 
Intanto l’arcivescovo di Taranto, mons. Filippo Santoro, dopo aver ringraziato il Pontefice per le accorate parole, ha annunciato che nei prossimi giorni verrà organizzata una veglia di preghiera con gli operai. 


© Copyright Radio Vaticana

Il Papa sull'Ilva: soluzioni per tutelare sicurezza e lavoro (Fasano)

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Il Papa in Libano. Che Paese troverà (Baroncia)

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"Il Signore moltiplica ogni gesto d'amore". Il Papa prega per le tragedie in Siria ed Iraq, la GMG e la vicenda Ilva (Scolozzi)

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Pubblicazione degli Atti del Simposio contro gli abusi. Zollner: la conferma che oggi la Chiesa è in prima fila nella lotta alla pedofilia (Rizzi)

Disponibili in libreria gli Atti del Simposio sugli abusi sessuali su minori (febbraio 2012)


Su segnalazione di Elisabetta leggiamo:


Zollner: la conferma che oggi la Chiesa è in prima fila nella lotta alla pedofilia


Il gesuita tedesco, tra i tre curatori della pubblicazione: la forza della chiarezza contro ogni omertà


DI FILIPPO RIZZI


« Siamo molto contenti che il libro sia uscito in italiano in così poco tempo perché lì è possibile vedere come la Chiesa sia oggi in prima linea di fronte al triste fenomeno della pedofilia». 
È il bilancio che si sente di tracciare il gesuita tedesco Hans Zollner, preside dell’Istituto di psicologia della Pontificia Università Gregoriana di Roma e tra i curatori degli atti del Simposio svoltosi nel febbraio scorso a Roma Verso la guarigione e il rinnovamento e oggi integralmente pubblicati nel libro edito dalle Dehoniane di Bologna
«È stato molto importante che al Simposio – argomenta padre Zollner – i vescovi potessero parlarsi in uno spazio riservato, così da potersi anche confrontare sulle pratiche migliori da adottare». 
La pubblicazione, agli occhi di padre Zollner, permetterà di fare chiarezza e di aiutare soprattutto le Conferenze episcopali di tutto il mondo ad agire in modo adeguato. 
«Le Chiese locali – è la riflessione di Zollner – devono prendere nuovo slancio dagli atti di questo Simposio per difendere ancora di più i diritti delle persone più fragili e vulnerabili come i bambini e recepire le norme della Cdf (Congregazione per la dottrina della fede, ndr )  in sintonia con il Diritto canonico e le legislazioni penali e civili dei Paesi in cui accadono questi reati». E aggiunge: «Soprattutto dobbiamo renderci conto che i fenomeni di pedofilia hanno caratteristiche differenti da Paese a Paese, per rispondere in mo­do adeguato a ogni singolo caso, bisogna tenere conto delle differenti situazioni ambientali e culturali». 
Su un aspetto il gesuita Zollner sembra convinto della necessità di una svolta: «Come ha detto spesso monsignor Charles Scicluna (Promotore di giustizia dell’ex Sant’Uffizio, ndr )  “c’è ancora molto da fare”. Credo che questa ferita che ha colpito la Chiesa cattolica possa spingere tutti a non nascondere il problema o a negarlo. 
Gli interventi di Benedetto XVI, le linee guida della Congregazione per la dottrina della fede, hanno come unico obiettivo quello di fare chiarezza e di rompere le inutili derive di omertà e reticenza. Come? Attraverso il pentimento e appurando la realtà dei fatti».  
Il gesuita tedesco, classe 1966, originario di Ratisbona suggerisce anche di evitare generalizzazioni attorno a questa triste piaga: «Dobbiamo comprendere che il linguaggio, la sensibilità, le leggi stesse sono molto diverse da un Continente all’altro. Per cui ci vorrà uno sforzo ulteriore per rendere più efficace la risposta della Chiesa in tutte le parti del mondo. Non dimenticando che solo una piccolissima, seppure insopportabile, porzione di questi reati sono perpetrati da ecclesiastici e che una gran parte di tutti gli altri, il 70% circa, avviene all’interno delle famiglie». Il cammino di trasparenza sta dando frutti in Nord America come in Europa. «Ben diversa è la situazione in Africa o in Paesi come la Corea del Sud, dove questo triste fenomeno è molte volte nascosto o sottaciuto – osserva Zollner –. Si tratta di nazioni in cui a volte, come mi ha confidato un vescovo africano, è fiorente il turismo sessuale. Proprio per questo alla fine del Simposio la Gregoriana ha istituito a Monaco un centro di protezione dei minori con la collaborazione della diocesi bavarese, di quella italiana di Fermo e di varie congregazioni religiose. Lo scopo di questa struttura è quello di offrire un programma di e-learning per la prevenzione degli abusi e di tenere sempre alto il livello di sensibilità attorno a questo fenomeno. 
Non è un caso che alla struttura collaborino oggi i gesuiti delle Province dell’India e dell’Indonesia ». Le ricetta migliore, ma «anche la più faticosa », secondo padre Zollner, per uscire da questa «crisi di credibilità» è quella di «riguadagnare la fiducia perduta delle persone che hanno sofferto a causa di abusi perpetrati da persone appartenenti alla Chiesa». 


© Copyright Avvenire, 28 luglio 2012

Gmg di Rio de Janeiro. E' già boom di volontari (O.R.)


Ed è già boom di volontari


Tra i protagonisti della Gmg, i volontari sv0lgono un ruolo di primo piano nell'accoglienza dei coetanei in aeroporti, stazioni e punti d'informazione, e nell'assistenza dei pellegrini con particolari bisogni. Per questo gli organizzatori brasiliani possono gioire, visto il continuo aumento di richieste da parte di ragazzi e ragazze che desiderano fare l'esperienza del volontariato durante la prossima Gmg brasiliana. Sul sito ufficiale è possibile inviare la propria disponibilità. Tra i requisiti richiesti: la maggiore età e l'impegno a raggiungere il grande Paese latinoamericano almeno due settimane prima dell'inizio del grande raduno mondiale. Tra gli altri compiti dei volontari: la preparazione dei kit del pellegrino, il servizio d'ordine nelle celebrazioni liturgiche e negli altri appuntamenti di massa, il lavoro nelle comunicazioni e l'aggiornamento attraverso i social network. L'organizzazione della Giornata ha anche aperto le iscrizioni, che si chiuderanno a fine agosto, per la fiera delle vocazioni. Già sperimentata alla Gmg di Madrid, la fiera nella città fluminense si svolgerà nella piazza General Tibúrcio, luogo di transito per chi si reca al celebre monte Pan di Zucchero. Essa costituisce un'occasione per tutte le congregazioni, i movimenti e le comunità religiose di far conoscere la propria realtà, spiritualità e carisma. Durante i giorni della Gmg saranno disponibili anche spazi per l'adorazione del Santissimo Sacramento, altri per accostarsi alla riconciliazione, e un palco per concerti, riflessioni e momenti di preghiera.


(©L'Osservatore Romano 29 luglio 2012)

Prove generali di Gmg a Rio de Janeiro. Tra un anno l'appuntamento nella capitale carioca (O.R.)


Tra un anno l'appuntamento nella capitale carioca


Prove generali di Gmg a Rio de Janeiro


Un assaggio di Gmg: è l'obiettivo di «Preparare la strada», iniziativa di tre giorni, in corso in questo fine settimana a Rio de Janeiro, nell'arena sportiva del Maracanazinho. A un anno esatto dall'inizio della XXVIII Giornata mondiale della gioventù, in programma nella città carioca dal 23 al 28 luglio 2013, la Chiesa brasiliana sta facendo le prove generali con questo incontro, apertosi venerdì 27, con la messa celebrata dall'arcivescovo Giovanni D'Aniello, nunzio apostolico nel Paese latinoamericano.
Il raduno si conclude domenica 29 e ha in scaletta momenti di preghiera e celebrazioni, concerti dei più noti cantanti di musica cattolica e popolare brasiliana, conferenze. Preceduta, il 22 luglio, da una marcia svoltasi contemporaneamente sulle strade di 120 diocesi del Paese -- per iniziare simbolicamente il conto alla rovescia verso l'appuntamento del prossimo anno -- «Preparare la strada» viene trasmesso integralmente su internet attraverso il sito ufficiale della Gmg (www.rio2013.com) e la web tv Redentore (aovivo.redentor.tv.br).
Vi partecipano oltre cinquantamila persone: un buon banco di prova per il raduno del prossimo anno, quando giungeranno milioni di giovani da tutto il mondo. Secondo stime locali, del resto, sarà molta più gente di quanta ne arriverà in Brasile per assistere alla Coppa del mondo di calcio del 2014 e alle Olimpiadi del 2016.
«Preparando insieme il cammino, pastori della Chiesa e popolo di Dio condividono l'aspettativa per l'arrivo del Papa a Rio de Janeiro», ha detto il nunzio D'Aniello. «La preparazione -- ha aggiunto -- ha un significato di scoperta. Conoscendo il Brasile, so che quanto succederà il prossimo anno sarà molto più grande di quello che succede ora». Il presule ha inoltre rivelato di essere un debuttante sul palcoscenico delle Gmg: «Ho sempre seguito da lontano questi incontri. Se Dio vorrà, quella del 2013 sarà la mia prima Giornata». E, riferendosi alle recenti parole pronunciate da Benedetto XVI in occasione dell'Incontro mondiale delle famiglie a Milano, l'arcivescovo ha commentato: «Il Papa afferma che le famiglie sono il volto sorridente e dolce della Chiesa. Penso che anche i giovani lo sono».
Al termine della messa -- presente anche il cardinale Raymundo Damasceno Assis, arcivescovo di Aparecida e presidente della Conferenza episcopale brasiliana -- l'arcivescovo di Rio e presidente del comitato organizzatore locale, Orani João Tempesta, ha avviato ufficialmente la campagna di raccolta fondi per la Gmg 2013, che ha come slogan «Condividi la tua fede».
Intanto la Conferenza episcopale brasiliana ha pubblicato il sussidio intitolato «Camminando verso la Gmg di Rio». Preparato dalla Commissione pastorale per la gioventù, si rivolge alle nuove generazioni esortandole a vivere secondo il Vangelo ed è al contempo uno strumento per aiutare a evangelizzare altri coetanei. Il documento, realizzato anche in vista della Settimana missionaria che anticiperà il programma ufficiale della Giornata, ruota intorno ad argomenti come l'incontro personale con Cristo, la cultura e la fede del Brasile, l'attenzione ai poveri, i sacramenti della riconciliazione e dell'Eucaristia.
Tra gli altri passi compiuti nel cammino di avvicinamento a Rio 2013, c'è anche la recente composizione della preghiera ufficiale: un'invocazione a Dio Padre affinché i giovani siano «i discepoli missionari della nuova evangelizzazione, gli evangelizzatori di cui la Chiesa ha bisogno nel terzo millennio, i grandi costruttori della cultura della vita e della pace e protagonisti di un mondo nuovo». Stampata su un volantino che riporta sul retro le immagini dei cinque patroni della Gmg brasiliana, la preghiera è stata presentata il 14 luglio dall'arcivescovo Tempesta, che l'ha letta al termine di una celebrazione, distribuendone poi copia ai tanti giovani presenti.
Con i cinque patroni -- la Vergine di Aparecida, san Sebastiano (dal quale prende il nome l'arcidiocesi São Sebastião do Rio de Janeiro), sant'Antonio di Santana Galvão (il cappuccino canonizzato da Benedetto XVI a San Paolo l'11 maggio 2007), santa Teresa del Bambino Gesù e il beato Giovanni Paolo II (l'inventore delle Gmg) -- sono raffigurati anche tredici intercessori: le sante sudamericane Rosa da Lima e Teresa delle Ande, san Giorgio e i santi André Kim e compagni, i beati Laura Vicuna, José de Anchieta, Albertina Berkenbrock, Chiara Luce Badano, suor Dulce, Adílio Daronch, Pier Giorgio Frassati, Isidoro Bakanja e Federico Ozanam.
Per quanto riguarda l'inno ufficiale, sarà reso noto nella festa dell'Esaltazione della Santa Croce: ispirata al tema della Giornata scelto dal Pontefice -- «Andate e ammaestrate tutte le nazioni» (Matteo, 28, 19) -- la canzone verrà selezionata dal Comitato organizzatore in collaborazione con il Pontificio Consiglio per i Laici.


(©L'Osservatore Romano 29 luglio 2012)