martedì 5 giugno 2012

Non siete fuori della Chiesa. Sulle parole del Papa ai separati e divorziati, la riflessione di don Carlino Panzeri (R.V.)


Non siete fuori della Chiesa. Sulle parole del Papa ai separati e divorziati, la riflessione di don Carlino Panzeri


Tra i messaggi più significativi lanciati da Benedetto XVI all’Incontro mondiale delle famiglie di Milano c’è sicuramente il rinnovato sostegno della Chiesa alle famiglie segnate da esperienze di fallimento e separazione. Dal Papa anche l’invito alle diocesi a realizzare iniziative di accoglienza e vicinanza. Sui frutti che si potranno raccogliere da questa esortazione del Papa, Alessandro Gisotti ha intervistato don Carlino Panzeri, responsabile della pastorale familiare della diocesi di Albano, da molti anni impegnato nell’accoglienza e vicinanza ai separati:   


R. – Più che sorpreso sono stato contento. Un momento molto bello è stato quando, rispondendo ad una coppia del Brasile, dice per questi fratelli separati, o meglio ancora divorziati e risposati, che la loro sofferenza è la sofferenza della Chiesa. Soprattutto, la coscienza che questi fedeli cattolici sono Chiesa, non sono né esclusi e né riammessi, ed è stato stupendo che il Papa l’abbia sottolineato.


D. – Ha potuto parlare con qualche persona che, magari, segue spiritualmente e che vive una situazione di sofferenza o divisione, dopo queste parole del Papa?


R. – Sento che loro seguono ed ascoltano molto, perché chi vive ciò vive un dolore ed una sofferenza, ma soprattutto vive anche una grande coscienza di essere Chiesa. Ricordo quanto sottolineava il Papa, ossia che il dolore è vero, ed è nel digiuno eucaristico. Ma il dolore sta soprattutto nella solitudine, nel giudizio e nel sospetto che, a volte, possono ancora trovarsi, nella Chiesa in particolare come anche nelle comunità cristiane. E’ stato bello ed intenso quando il Papa ha parlato molto della Chiesa locale intendendo la parrocchia, i movimenti, i gruppi e le diocesi: sono persone che chiedono di essere amate ed accettate. Soprattutto, egli indica la vicinanza della Chiesa sia come percorsi di comunità di gruppo con loro e sia, soprattutto, come percorsi personali attraverso una guida spirituale ed attraverso il sacerdote.


D. - Il Papa ha parole inequivocabili su questo tema della vicinanza e della prossimità nella vita quotidiana delle parrocchie e delle comunità ecclesiali locali...


R. – Credo che sia proprio questo il punto, il punto che c’è sempre stato anche nella coscienza e, in particolare, anche nella pastorale della Chiesa italiana: non ridurre il cammino pastorale, con questi nostri fratelli, al problema della loro ammissione o esclusione ai sacramenti. Il dolore, a volte, non è tanto nel digiuno eucaristico ma nella solitudine nella quale si trovano. Ad essere stupende, poi, sono le indicazioni che dà Benedetto XVI: la prima che riguarda direttamente la realtà dell’Eucarestia, in cui ciò che è davvero importante è entrare in comunione con il Corpo di Cristo, ed il primo Corpo di Cristo è la Chiesa. Se manca la ricezione corporale del sacramento, egli dice che si è comunque uniti a Cristo spiritualmente e si è uniti al suo Corpo. Soprattutto, indica altre vie di grazia che non riguardano soltanto il momento sacramentale dell’Eucarestia. Il momento di grazia è l’essere e sentirsi Chiesa, perché queste persone non sono né escluse e né riammesse. La via di grazia è l’ascolto della Parola di Dio, la via di grazia è la preghiera personale, soprattutto lungo tutta una vita ispirata al Vangelo ed alla carità.


D. – Ci si possono aspettare dei frutti, anche copiosi, da queste parole che, tra l’altro, lanciano una sfida alle diocesi di tutto il mondo, cui viene chiesto, dal Papa, di percorrere nuove vie ed iniziative?


R. – E’ bello quando dice che non abbiamo delle ricette, ma che prima di tutto è importante la prevenzione, ossia la preparazione, l’accompagnamento degli sposi nelle varie fasi della vita coniugale e familiare, in particolare durante i primi anni di nozze. C’è il rischio che il matrimonio, il sacramento del matrimonio diventi, anche nella Chiesa, una realtà abbastanza privata. Credo che i divorziati e risposati, anche per esperienza, non chiedano dei favori alla Chiesa e né, tantomeno, un trattamento di favore. Semplicemente, chiedono alla Chiesa di essere Chiesa.


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