sabato 26 maggio 2012

Vatileaks, in cella il maggiordomo. La Gendarmeria gli ha trovato in casa centinaia di documenti riservati


Vatileaks, in cella il maggiordomo


Gendarmeria gli ha trovato in casa centinaia di documenti riservati


L'inchiesta affidata alla Gendarmeria vaticana sulla fuga di notizie e la rivelazione di segreti d'ufficio attraverso la sottrazione di documenti riservati è arrivata ieri ad una clamorosa svolta con l'arresto di un «familiare» del Papa.


Il sospetto «corvo» è Paolo Gabriele, romano, 46 anni, detto «Paoletto», aiutante di camera, in pratica il maggiordomo, di Benedetto XVI, che l'altro pomeriggio è stato fermato dagli uomini diretti dall'ispettore generale Domenico Giani e poi interrogato ieri dal Promotore di giustizia della S. Sede, Nicola Picardi, che lo ha dichiarato in arresto. La notizia è stata confermata dal portavoce della Sala stampa vaticana, padre Federico Lombardi, che, senza mai farne il nome, ha annunciato che «l'attività di indagine avviata dalla Gendarmeria, secondo istruzioni ricevute dalla Commissione cardinalizia e sotto la direzione del Promotore di Giustizia, ha permesso di individuare una persona in possesso illecito di documenti riservati». A casa del maggiordomo del Papa, in via di Porta Angelica, dove Gabriele vive con la moglie e i tre figli, gli investigatori avrebbero trovato una mole notevole di documenti riservati. Chi conosce Gabriele, lo descrive come una persona molto devota e fidata. È entrato al servizio dell'appartamento pontificio nel 2006 dopo aver svolto le sue mansioni per il prefetto della Casa pontificia, mons. James Harwey, e dopo una selezione rigorosa. Lo staff che si occupa delle incombenze domestiche di Benedetto XVI è composto anche da quattro «memores Domini», tutte appartenenti a Comunione e liberazione. Ci sono poi il segretario particolare padre Georg Ganswein e il suo vice padre Alfred Xuereb. La posta viene «filtrata» prima dalla Prefettura della Casa pontificia e dalla Segreteria di Stato. Gli unici ad aver accesso alla scrivania del Pontefice sono i segretari e il cardinal camerlengo. La natura dei documenti trovati a casa di Gabriele non è stata specificata. Tuttavia sono in molti ora a chiedersi se si tratti veramente del «corvo» o di un semplice capro espiatorio. Ipotesi francamente suggestiva, visto il ruolo ricoperto e l'estrema vicinanza con il Papa. Al quale è presumibile siano state presentate prove inoppugnabili. Quello che ancora non è chiaro è il movente che avrebbe spinto il presunto «corvo» ad agire (e se abbia fatto tutto da solo). Il giornalista Gianluigi Nuzzi che ha dato il via a quella che ormai è conosciuta come «Vatileaks» ha sostenuto in passato che la sua fonte ha agito per un (malinteso) senso di giustizia. Ipotesi più maliziose danno fiato a presunti complotti, a una vera e propria guerra di Curia tra cardinali che punterebbe a mostrare il Papa debole, isolato e non in grado di controllare il Sacro Collegio. Grandi manovre in vista di un possibile conclave con le porpore impegnate più a screditarsi tra loro che a governare la Chiesa. Al contrario, un'analisi meno frettolosa e suggestiva porta ad un'altra conclusione. Gettare fango addosso al Papa, chiunque egli sia, è sempre stato uno sport più o meno praticato. I fatti dicono che Benedetto XVI sa guidare la barca di Pietro in mezzo alle onde tempestose che la scuotono. Basti pensare all'accelerazione che ha impresso nella lotta alla pedofilia. In questo caso, l'istituzione della commissione cardinalizia e i primi risultati concreti delle indagini sono lì a dimostrarlo. La reazione dopo le prime fughe di notizie è stata rapida e decisa. Il sostituto della Segreteria di Stato, monsignor Angelo Becciu, spiegò, in un'intervista all'Osservatore romano dello scorso 16 marzo, che la Segreteria di Stato aveva disposto un'accurata indagine che riguardava tutti gli organismi del Vaticano. Il 25 aprile, la S. Sede precisò che dopo la divulgazione di documenti coperti dal segreto d'ufficio «il S. Padre ha disposto la costituzione di una Commissione Cardinalizia, per un'indagine autorevole che faccia piena luce su tali episodi». A presiederla il cardinal Julian Herranz, presidente emerito del Pontificio consiglio per i testi legislativi, che si avvale della collaborazione dei cardinali Jozef Tomko e Salvatore De Giorgi. Nei giorni scorsi, dopo la pubblicazione del discusso libro di Nuzzi, la S. Sede aveva parlato di «violazione della privacy e della dignità del Santo Padre» annunciando azioni legali. Posizione che lo stesso Nuzzi ieri ha definito oscurantista. Appreso dell'arresto, il Papa si è detto «addolorato e colpito».


© Copyright Il Tempo, 26 maggio 2012 consultabile online anche qui.

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