venerdì 4 maggio 2012

Origini e storia della Penitenzieria Apostolica. Dai primi secoli al medioevo il passaggio dalla confessione pubblica a quella privata (Sergio Pagano)


Origini e storia della Penitenzieria Apostolica


Nel magma delle colpe

Dai primi secoli al medioevo il passaggio dalla confessione pubblica a quella privata

di Sergio Pagano

Gli autori dei nostri disegni storici sulla Penitenza, o se si preferisce sulla storia della Penitenza, pur partendo dall'epoca carolingia e giungendo fino al XIII secolo, sono ben coscienti di trattare una materia magmatica, per nulla lineare, anzi non omogenea, per la quale si fatica a trovare un filo unificante nello sviluppo del sacramento. Questa era del resto la situazione originaria dell'età apostolica e sub apostolica, fino almeno al vi secolo.
È noto infatti che la penitenza ecclesiastica normalizzata era del tutto sconosciuta alla Chiesa primitiva; la Chiesa antica invitava -- come Gesù -- alla conversione unica e decisiva e accordava a chi si pentiva il perdono dei peccati in un atto unico e irripetibile: il battesimo. Ben si conosce, al riguardo della ripetizione della penitenza, la rigida posizione di Tertulliano e dei Montanisti. Bisogna subito riconoscere che la Chiesa, nella lunga istituzione della penitenza reiterata (e in antico almeno per la cosiddetta penitentia secunda), ha agito in conformità con un'esatta comprensione del mandato del Signore, decidendo la possibilità di una penitenza post-battesimale e la sua forma sacramentale, superando così dubbi e opponendosi alle diverse forme di rigorismo.
Gesù infatti aveva insegnato ai suoi discepoli che avevano ricevuto il perdono da Dio non per se stessi, o per rifiutarlo ad altri, ma per perdonare come Dio perdona, senza limiti e senza condizione che il solo pentimento e la conversione. Questo messaggio si è poi imposto malgrado tutti i dubbi nell'ordine penitenziale della Chiesa.
Ma si trattò di un vicenda lunga, discussa, anche accesa: aveva o non aveva la Chiesa il potere di perdonare il peccato dopo il battesimo? (qui le grandi persecuzioni della metà del terzo secolo imposero di sciogliere il problema relativo ai lapsi, come sappiamo). E ancora: chi deteneva il potere penitenziale?
La penitenza pubblica, reiterabile una sola volta (penitentia secunda), comportava la partecipazione della comunità cristiana solo in certe occasioni (Origene ci dice che la confessione dei peccati era compiuta davanti a una sola persona, il vescovo o un suo delegato); perciò Leone Magno parlerà in questo caso di confessio secreta. Non si tratta ancora di una vera e propria penitenza privata, quanto di una penitenza semi-pubblica, conosciuta da Agostino.
Insomma vediamo bene che la prassi penitenziale antica era forse adatta a una Chiesa modesta del ii e III secolo, non ancora legata alla vita ufficiale e pubblica, ma si sarebbe rivelata inadeguata nel iv secolo e ancor più dopo, nel mondo in fermento del v e vi secolo. E questo tanto più in quanto la penitenza, invece di alleggerirsi, si era ancor più appesantita.
Colui che in Occidente si sottometteva alla penitenza ecclesiastica pubblica doveva rinunciare al matrimonio o a continuare la sua vita coniugale e perdeva più o meno i suoi diritti sociali, economici e giuridici. Si imponeva perciò alla Chiesa un processo di alleggerimento della prassi penitenziale, pena lo scoraggiamento e l'allontanamento dei fedeli dalla comunità.
E mentre il concilio di Agda nel 506 sconsigliava di ammettere i giovani alla penitenza, propter aetatem fragilitatem, e parimenti un grande pastore d'anime quale fu Cesario di Arles esortava a prepararsi alla penitenza prima dell'età avanzata, generalmente i cristiani tendevano a rinviare la prassi penitenziale verso la fine della vita per ovvie ragioni. Questi processi preludevano ormai alla nascita della penitenza privata, originatasi -- come sappiamo -- nell'Irlanda monastica alle soglie del VII secolo e giunta con i missionari nel continente e presto accolta e radicata.
È a questo punto che si inseriscono i saggi del nostro volume, finalizzati a seguire, illustrare e comprendere la nascita della penitenza privata o tariffata durante l'epoca longobarda, carolingia, ottoniana e imperiale, su su fino al XII secolo, epoca della celebre rinascita della filosofia e della teologia.
Se mi sono attardato finora a dire qualche parola sulle problematiche della penitenza antica e tardo antica, è perché quegli stessi nodi cruciali delle origini li vediamo o irrisolti anche nel medioevo (basterà pensare al rapporto tra penitenza, Eucaristia e remissione dei peccati) oppure risolti nella nuova prassi della confessione privata, ma con cangianti atteggiamenti da parte dei pastori e dei teologi e con risvolti pastorali non sempre e non tutti positivi, fino a giungere alla Riforma e anche oltre.
Il saggio introduttivo del volume, curato da Rainer Berndt, traccia la situazione della società e delle Chiese europee tra primo e secondo Millennio, a cavallo dell'epoca fortunata della rinascenza del XII secolo; segue un ampio contributo di Renata Salvarani incentrato sulle prassi penitenziali e l'organizzazione della Chiesa nelle città e nelle campagne dell'Europa medievale, in quella che fu definita la societas christiana. Sempre con lo sguardo alle diverse pratiche penitenziali, l'autrice ripercorre le disposizioni ecclesiastiche su tale sacramento a partire dall'epoca carolingia, con i concili di Arles e di Chalon-sur-Saône dell'813.
Il contributo del medievista vicentino Giorgio Cracco conta 80 pagine ma da solo, a mio parere, vale una monografia, tanto che è impossibile per me trarne qui una ragionata sintesi. A me sono sembrati particolarmente interessanti i paragrafi dedicati dall'autore all'assolutismo teocratico di Gregorio VII e alla relazione da lui rinforzata fra eucarestia-penitenza-remissione dei peccati; è noto che in ciò Gregorio VII si rifaceva -- ma a suo modo, con una forte connotazione realistica del mysterium altaris -- a sant'Ambrogio e a san Gregorio Magno. Secondo il Papa di Soana e la sua teologia -- che ha buoni agganci, se non erro, addirittura con Eusebio di Cesarea -- era il sacrificio dell'Eucaristia a mondare il peccatore, a rimettere tutte le sue colpe e a renderlo degno di partecipare al corpo e al sangue di Cristo, purché veramente pentito dei suoi peccati e deciso a cambiar vita.

(©L'Osservatore Romano 4 maggio 2012)

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