domenica 13 maggio 2012

Il Papa nomina il vescovo per gli italo-albanesi ed i loro preti sposati (Izzo)


PAPA: NOMINA VESCOVO PER GLI ITALO-ALBANESI E I LORO PRETI SPOSATI


Salvatore Izzo


(AGI) - CdV, 12 mag. 


Benedetto XVI ha nominato il nuovo vescovo di Lungro, l'eparchia  degli Italo-Albanesi dell'Italia Continentale, una delle due diocesi italiane di rito orientale con preti sposati (l'altra e' quella di Piana degli Albanesi in Sicilia). Il precedente vescovo Ercole Lupinacci si era ritirato due anni fa per ragioni di eta' e attualmente era diretta da un amministratore apostolico. 
La scelta del Papa e' caduta sull'archimandrita Donato Oliverio, finora delegato della medesima Eparchia. Nato 56 anni fa a Cosenza, fa parte del clero non sposato dell'eparchia, come prescrive il codice di diritto orientale (i preti sposati - che in diocesi sono la maggioranza - non possono diventare vescovi ed e' arduo spostarli da una parrochhia all'altra perche' significa far cambiare scuola ai loro figli e abitudini di vita e di lavoro alle mogli) .
Monsignor Oliviero si e' formato nel Seminario San Basile di Cosenza e poi in quello di Grottaferrata e nel Pontificio Collegio Greco di S. Atanasio in Roma. Ha conseguito all'Angelicum il baccalaureato in Filosofia e Teologia, mentre al Pontificio Istituto Orientale ha ottenuto la licenza in Scienze Ecclesiastiche Orientali. Dal 2002 al 2003 e' stato moderatore della Curia e dal 2010 delegato dell'Eparchia di Lungro, nominato dall'amministratore apostolico Salvatore Nunnari, che e' l'arcivescovo di Cosenza.
Parla l'albanese e conosce il francese ed il greco. Il nuovo presule ha curato l'edizione italiana del Lezionario Apostolos ed ha pubblicato alcuni articoli di catechesi e di iconologia.
Con la nomina dell'ordinario dell'eparchia di Lungro (mentre l'eparchia di Piana degli Albanesi resta affidata a un delegato apostolico, monsignor Francesco Pio Tamburrino, arcivescovo di Foggia, dal quale dipende anche il monastero basiliano di Grottaferrata, i cui monaci sono ovviamente tenuti al celibato), il Papa ha avviato a soluzione lo spinoso problema della situazione delle comunita' di rito orientale in Italia, particolarmente delicata anche perche' ci sono oggi in Italia circa mezzo milione di immigrati cattolici di rito greco, soprattutto albanesi, rumeni e ucraini. I loro bisogni spirituali si sommano a quelli delle poche migliaia di eredi delle popolazioni albanesi che nella seconda meta' del XIV secolo, incalzate dai turchi, emigrarono in Calabria e Sicilia, dove hanno cercato di mantenere vive le proprie tradizioni all'interno delle diocesi di rito latino. Solo nel 1919, la Santa Sede ha concesso l'erezione della eparchia di Lungro, creando 15 anni dopo l'altra diocesi in Sicilia.
La lunga attesa per vedere riconosciuti i propri diritti di appartenenti al rito bizantino ha lasciato cicatrici nelle comunita' italo-albanesi e c'e' stato turbamento per il fatto che sia l'amministratore apostolico Nunnari che il delegato Tamburrino sono vescovi di rito latino. Nel 2005 il Sinodo Intereparchiale delle tre realta' bizantine italiane aveva proposto l'istituzione in Italia di un'unica prelatura per i fedeli di rito orientale in Italia, che certamente favorirebbe nuove vocazioni alla vita monastica e al sacerdozio (sia celibatario che uxorato), ma la nomina di oggi sembra escludere tale soluzione, che confliggerebbe anche con l'impostazione che ha dato la Conferenza Episcopale Italiana respingendo ad esempio la richiesta dei fedeli di rito orientale arrivati dalla Romania di farsi seguire in Itaia da clero uxorato messo a disposizione dall'episcopato rumeno. Secondo la Cei non esiste "la 'giusta e ragionevole causa' che giustifichi la concessione della dispensa" dalla legge ecclesiastica per la quale i preti sposati delle Chiese orientali non possono esercitare al di fuori del territorio storico della loro Chiesa: un limite contro cui hanno protestato anche i vescovi riuniti due anni fa in Vaticano per il Sinodo sul Medio Oriente.
"La convenienza di tutelare il celibato ecclesiastico e di prevenire il possibile sconcerto nei fedeli per l'accrescersi di presenza sacerdotali uxorate prevale infatti - ha spiegato in una lettera ai vescovi rumeni il presidente della Cei, cardinale Angelo Bagnasco - sulla pur legittima esigenza di garantire ai fedeli cattolici di rito orientale l'esercizio del culto da parte di ministri che parlino la loro lingua e provengano dai loro stessi Paesi". 


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