mercoledì 2 maggio 2012

Benedetto XVI in visita domani all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma


Benedetto XVI in visita domani all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma


Fervono i preparativi all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Roma per accogliere domani mattina il Papa, in visita all’Ateneo in occasione del 50° anniversario della nascita della Facoltà di Medicina e Chirurgia intitolata al suo fondatore “Agostino Gemelli”. Per la quinta volta Benedetto XVI ritorna ad incontrare la comunità della Cattolica, in concomitanza con la Giornata per la Ricerca, promossa dalla Facoltà di Medicina e Chirurgia sul tema “Una vita per la ricerca, la Ricerca per la vita”. L’arrivo del Santo Padre è previsto alle 10.45 all’eliporto del Policlinico “A. Gemelli”, dove sarà accolto dal cardinale vicario Agostino Vallini, dal ministro per i Beni e le Attività Culturali Lorenzo Ornaghi insieme ad autorità ecclesiali ed accademiche. Poi alle 11.05 l’incontro, nel piazzale antistante l’Auditorium del Policlinico, con la comunità dell’Università, cui rivolgerà il suo discorso dopo i saluti del cardinale Angelo Scola, presidente dell’Istituto Toniolo e del prof Franco Anelli, pro-rettore dell’Università. Quindi alle 12 la partenza per il rientro in Vaticano alle 12.20. Luca Collodi ha intervistato la storica Maria Bocci, sulla figura di padre Gemelli: 


R. - Fondare la Facoltà di Medicina dell’Università Cattolica di Roma era “Il sogno dell’anima sua”, come diceva lui spessissimo. Ma come mai questo fascino per la medicina? Gemelli è un laureato in medicina, bisogna ricordarlo, ed è cresciuto a Pavia, all’Università della città, alla scuola di un medico e scienziato molto famoso, premio Nobel della medicina, che si chiamava Camillo Golgi. Nel suo percorso esistenziale, oltre a questo fascino per il progresso della medicina contemporanea, come lui dice spesso, rivolgendosi ai medici cattolici: “c’è il ruolo molto importante che ha rivesto la pratica medica”.


D. - Padre Gemelli ebbe un primo contatto con la medicina da un punto di vista di sanità militare..


R. - Sanità militare e anche all’Ospedale Maggiore di Milano, dove ha fatto il suo tirocinio. Quindi, io vedo un notevolissimo salto nella sua esperienza, dal laboratorio alla corsia di ospedale, perché è stato qui che si è accorto che non esiste tanto la malattia, ma esiste l’uomo malato. E qui salta fuori, secondo me, proprio la sua idea di medicina. Ma cosa vuol dire che l’esercizio della medicina è anche un sacerdozio? Il problema è che Gemelli attraverso l’incontro con questi malati, è passato appunto dal considerare la malattia astrattamente, al considerare gli uomini malati in carne ed ossa. E si è accorto grazie a questo incontro, che il malato, come poi lo chiamerà lui, è un uomo globale fatto di tanti bisogni, di tante esigenze incolmabili, per cui curare solo il corpo e non tener conto delle esigenze dell’anima, come dirà poi lui ad un certo punto, è controproducente persino dal punto di vista terapeutico. Tra l’altro, Gemelli diventa poi anche psicologo. Quindi è sempre portato a concepire la medicina, la malattia, e soprattutto l’uomo malato, come un insieme di esigenze materiali, psichiche, organiche, spirituali di cui il medico deve sempre tener conto.


D. - Come padre Gemelli risolse il problema del diritto alla salute e alla distribuzione delle risorse, oggi diremmo dei costi della sanità..


R. - Credo che non si possa parlare tanto per Gemelli di diritto alla salute, però invece, credo che si possa parlare moltissimo di dovere della società civile di tenere conto della necessità dei suoi membri. E quindi, così come la società civile ha il dovere, dice lui spessissimo, di occuparsi di rendere più giusti i rapporti sociali, di fare in modo di riformare i rapporti economici, perché non rispondono solo al principio del tornaconto individuale, allo stesso modo la società civile, lo Stato, ha il compito di interessarsi del benessere e della salute dei cittadini.


D. - Padre Gemelli volle fortemente una Facoltà di Medicina, di cui oggi si celebrano i 50 anni..


Certamente sì. La volle fortemente ed io credo tra l’altro, che la volle da subito, da quando si è convertito nel 1903, ben capendo la valenza della pratica medica non solo per la salute, ma anche - direi - per la salvezza delle persone. Ci sono delle pagine molto belle dove Gemelli descrive quale dovrebbe essere il clima che si respira in una facoltà o in un policlinico cattolico. Professori, studenti, assistenti che vivono quotidianamente insieme, per i quali ogni problema scientifico, ogni problema umano, ogni malato è occasione di riflessione. Così come è occasione di riflessione, dice lui ad un certo punto, l’analisi di un cadavere. Non si può analizzare un cadavere come se fosse semplicemente un corpo, perché in quel corpo, è stata effusa l’anima. Quel corpo ha un destino eterno e bisogna trattarlo come tale.

© Copyright  Radio Vaticana

Nessun commento: