sabato 26 maggio 2012

Arrestato il maggiordomo del Papa (Galeazzi)


Arrestato il maggiordomo del Papa


Paolo Gabriele è accusato di essere il Corvo che ha trafugato documenti riservati: rischia trent’anni


GIACOMO GALEAZZI


CITTÀ DEL VATICANO


Rischia trenta anni di carcere, ma potrebbe essere un capro espiatorio o almeno non l’unico «corvo». Sembra la trama di un libro di Dan Brown ma è cronaca quotidiana. L’arresto da parte della Gendarmeria del maggiordomo del Papa, Paolo Gabriele ha dato un nome al presunto artefice di «Vatileaks», al servitore infedele che secondo il Vaticano ha tradito Benedetto XVI trafugando e fornendo ai mass media le prove di intrighi di potere, corruzione e intrecci tra il governo italiano e la Chiesa. Nella sua abitazione è stata trovata un’ingente mole di documenti, però il «giallo» non è chiuso, anzi assume sempre più contorni di una vicenda senza precedenti. Le teste, anche qui con modalità e tempi mai visti, sono cominciate a cadere.
Dopo mesi di «veleni», di sotterranei scontri di potere, è arrivata una stretta improvvisa dopo la pubblicazione del libro di Gianluigi Nuzzi «Sua Santità». Ora l’indagine aperta in Vaticano contro le fughe di documenti conosce sviluppi clamorosi, e porta direttamente nell’appartamento del Papa. Ieri è stato messo in stato di arresto, perché trovato «in possesso illecito di documenti riservati», niente meno che «l’aiutante di camera» di Benedetto XVI, il maggiordomo del Papa, in assoluto una delle figure più vicine al Pontefice insieme ai segretari personali. Paolo Gabriele è sospettato di essere uno dei «corvi», coloro che hanno portato all’esterno carte segrete del Vaticano e persino lettere private di Joseph Ratzinger. Informato dell’arresto dell’aiutante di camera, Benedetto XVI è rimasto particolarmente «addolorato», sottolineando come «si tratti di vicende dolorose». Il Pontefice, «consapevole della situazione» mostra «partecipazione» e si è detto «rattristato e colpito».
Intanto le indagini vanno avanti alla ricerca di altri presunti responsabili. Tre giorni fa in un commento sugli scontri di Curia, Benedetto XVI è stato categorico: «Gli italiani, conosciamo gli italiani. Perché disturbare il Papa con queste cose di italiani?», riferendosi naturalmente ai porporati italiani apparentemente implicati. Dopo Ettore Gotti Tedeschi, il banchiere sfiduciato dalla presidenza dello Ior, Gabriele è il secondo laico a entrare nel novero dei sospettati per «Vatileaks». Gabriele è stato prima fermato dagli agenti della Gendarmeria, al comando dell’ispettore generale Domenico Giani, per il possesso del materiale riservato e quindi interrogato dal promotore di giustizia, Nicola Picardi, il pm del Vaticano, che lo fatto porre agli arresti. È trattenuto in stato di detenzione e sorvegliato e si trova ora a disposizione della magistratura vaticana per ulteriori approfondimenti. In Vaticano, comunque, circolano già dubbi sulla possibilità che Gabriele sia effettivamente il «corvo». E in ogni caso ciò che si presume è che eventualmente non sia il solo. Si fa fatica a pensare, comunque, che nella città leonina si sia voluto sacrificare come semplice «capro espiatorio» una persona così vicina al Papa, l’uomo, per dire, che gli serve il pranzo a tavola o gli prepara il letto la sera.
I reati dei quali è accusato sono molto gravi: la fattispecie è quella di violazione della corrispondenza di un Capo di Stato che equivale ad attentato alla sicurezza dello Stato. In merito, la legislazione vaticana recepisce quella italiana ed è possibile che, se condannato, debba scontarli in Italia, in quanto lo Stato della Città del Vaticano non ha un carcere. Si delinea in queste ore però un quadro che potrebbe far pensare all’azione di un esaltato e questo aprirebbe altri scenari processuali. Nel caso dell’attentato di piazza San Pietro, Agca fu consegnato alla giustizia italiana che lo processò, ma negli ultimi anni casi meno drammatici hanno visto all’opera direttamene i giudici vaticani. I Patti Lateranensi consentono, infatti, entrambe le soluzioni. Già giovedì, quando il «board» dello Ior ha sfiduciato Gotti Tedeschi, uno degli addebiti che gli venivano mossi, oltre alle carenze nella governance dell’Istituto, era di aver fatto filtrare all’esterno informazioni riservate del Vaticano. Tuttavia anche su una responsabilità dell’ormai ex presidente dello Ior circola più di un dubbio Oltretevere. E i Radicali offrono una difesa legale al maggiordomo del Papa. «Siamo preoccupati. È colpevole o incastrato?». Osserva lo storico del cristianesimo, Alberto Melloni: «Nel Papato del Novecento una vicenda del genere non si era mai vista, nel senso che non si era mai vista nelle persone vicine al Papa una tale disponibilità a tradirlo».


© Copyright La Stampa, 26 maggio 2012

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