sabato 7 aprile 2012

Una Pasqua di Resurrezione ma anche di “liberazione” totale. Riflessione di Mons. Antonio Fallico

Riceviamo e con grande piacere e gratitudine pubblichiamo:

Oltre il senso religioso

Una Pasqua di Resurrezione ma anche di “liberazione” totale

Mons. Antonio Fallico* – La Sicilia 5 Aprile 2012

Pasqua, dall'ebraico "Pé-sah", etimologicamente significa "passaggio". Il popolo ebreo in questa festa pasquale fa memoria del passaggio dalla schiavitù d'Egitto al dono della libertà nella Terra Promessa. Il popolo cristiano, invece, con la Pasqua celebra il memoriale dell'evento redentore di Cristo che morendo in croce e risuscitando da morte conduce l'umanità verso l'amicizia con Dio e la salvezza integrale della famiglia umana. Pertanto dalla Pasqua in poi - come scrive l'apostolo Paolo alla comunità di Corinto - "se uno è in Cristo, è una nuova creatura; le cose vecchie sono passate; ecco, ne sono nate di nuove" (2Cor 5,17).
L'evento salvifico del Signore Gesù inaugura e promuove la "liberazione integrale" di ciascuno di noi, della società, della famiglia, del mondo del lavoro, della cultura, della scienza, dei comportamenti e dei rapporti umani. Come mai però gli uomini di fatto poi stentano a dare vita ad una storia di libertà, di giustizia e di pace vera?
I casi sono due: o misconoscono l'evento salvifico inaugurato da Cristo o concretamente lo rifiutano del tutto. Non sono pochi i cristiani che vivono come se Cristo non fosse mai nato, morto e risorto. Come se il Vangelo non fosse stato mai scritto. Perseguono una strana "religione di miscredenza", di fede incolore e insapore, di passività e di indifferenza irresponsabile nei confronti dei mali del mondo.
L'atteggiamento di molti credenti è talmente deludente che a Pasqua viene la voglia di dire "condoglianze" anziché "auguri". Una religione senza risurrezione personale e sociale, rischia di divenire insignificante, mistificante e alienante.
Forse è questo il motivo che anche nei comuni gesti devozionali della quotidianità si persegue più un'attenzione verso un Dio eternamente crocifisso, che rischia di rimanere eternamente cadavere, anziché verso un Dio eternamente risorto. Fa pensare la diffusione di molte croci sulle pareti, sui tavoli, nelle collanine, nei braccialetti che portiamo addosso, spesso ridotti a meri "ninnoli", e invece poche, pochissime statue di Gesù risorto come segni di religiosità libera, liberante e gioiosa.
Abbiamo una splendida pratica della Via Crucis diffusa in ogni dove; non abbiamo né nelle chiese né nelle case una vera e propria Via Resurrectionis. Un Dio crocifisso spinge giustamente a compassione e commozione, ma se non si-colloca e non si incarna nella concretezza della vita rischia di rimanere innocuo. Un Dio risorto, invece, ti appare improvvisamente da un momento all'altro, entra a porte chiuse, ti interroga, ti provoca, ti chiede coerenza, ti domanda una mano di aiuto.
La Pasqua dunque deve potere inaugurare una autentica risurrezione dentro, accanto e fuori ciascuno di noi. La vera Pasqua deve costituire un risveglio, una liberazione, un cambio di rotta personale, familiare, sociale, culturale su tutta la scala del vivere umano. La Pasqua vera inaugura:

- Una liberazione della propria persona da ogni catena che lega e schiavizza mente, volontà, cuore, carattere, sentimenti, gesti, rapporti relazionali con gli altri...

- Una liberazione della famiglia, che oggi più di ieri sta rischiando, purtroppo, di cadere miseramente in basso, priva di valori, di progetti, di capacità educativa nei confronti dei figli.

- Una liberazione dell'economia caduta nel ginepraio degli interessi di parte, dei poteri forti, della corruzione e degli scandali a catena: per cui i ricchi diventano sempre più ricchi e i poveri sempre più poveri.

- Una liberazione della società di cui facciamo parte: la convivenza civico-civile, il Comune, la Regione, le istituzioni.

Viviamo in una Sicilia ricca di risorse di ogni genere (naturali, archeologiche, artistiche) ma anchilosata, resa sterile ad opera di uomini spesso passivi, distratti, incompetenti, dormienti, per non dire corrotti. Noi siciliani potremmo vivere solo o quasi di valorizzazione di ciò che la nostra storia, la genialità dei nostri padri, e la ricchezza della nostra stessa terra ci hanno procurato e lasciato in dono.

- Una liberazione della cultura tanto densa di potenzialità, aperta alla ricerca e radicata nelle conquiste storiche. Cultura intesa non solo nel senso raffinato o accademico o universitario, ma nel senso di qualità umane e di comportamenti legati ad una rosa di valori (spirito di accoglienza, di coraggio, di capacità imprenditoriale, di valori tradizionali...tipici di noi meridionali).

- Una liberazione della libertà. Non è una cacofonia. Lo ripeto: occorre urgentemente liberare la libertà. Occorre bandire con forza e coraggio le faide mafiose che ancora allignano indisturbate nelle nostre città e nei nostri quartieri, i poteri occulti, lo spaccio della droga, la mafiosità di comportamento, il relativismo etico, le ideologie immorali sfacciatamente diffuse attraverso i mass-rnedia. Urge liberare la libertà per essere e rimanere liberi (cf Gal 5,1). La Pasqua vera deve poter risvegliare, risuscitare e liberare ciò che di buono, di bello, di onesto, di giusto e di vero c'è nel fondo di ogni cittadino credente non credente, di ogni gruppo, di ogni comunità e di ogni convivenza civico-­civile.

È vero che se Cristo non fosse risuscitato vana sarebbe la nostra fede (cf 1Cor 15,14) ma è anche vero che se non risuscitiamo noi, vana potrebbe essere la risurrezione di Cristo.
Cristo è risuscitato una volta per sempre. Tocca a noi, adesso, risorgere in Lui: noi e la nostra terra.

* Parroco di S. Maria in Ognina - Catania
Responsabile Missione Chiesa-Mondo

© Copyright La Sicilia, 5 aprile 2012

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