venerdì 6 aprile 2012

Padre Cantalamessa: solo il dolore dei bambini è simile alla Croce di Gesù. Il "buon ladrone" fece una appropriazione indebita (Izzo)

VATICANO: CANTALAMESSA, SOLO DOLORE BAMBINI SIMILE A CROCE GESU'

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 6 apr.

"Solo il dolore dei bambini innocenti somiglia a quello di Dio e per questo esso e' cosi' misterioso e cosi' sacro".
Lo ha affermato il predicatore della Casa Pontificia, padre Raniero Cantalamessa, che ha dedicato alla figura del Buon Ladrone l'omelia pronunciata questa sera in San Pietro in occasione del rito dell'adorazione della Croce.
Quell'uomo corcifisso insieme a Gesu', ha ricordato il religioso parlanda davanti al Papa e all'intera Curia Romana, "fa una completa confessione di peccato; dice al suo compagno che insulta Gesu': 'Neanche tu hai timore di Dio che sei condannato alla stessa pena? Noi giustamente perché riceviamo il giusto per le nostre azioni, egli invece non ha fatto nulla di male'".
Secondo padre Cantalamessa, "il Buon Ladrone si mostra qui un eccellente teologo. Solo Dio infatti, se soffre, soffre assolutamente da innocente; ogni altro essere che soffre deve dire: 'Io soffro giustamente', perche', anche se non e' responsabile dell'azione che gli viene imputata, non e; mai del tutto senza colpa". Come lo era invece Gesu' sulla Croce e come lo sono i bambini che soffrono per malattie, poverta' o per la violenza e gli abusi degli adulti.

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VATICANO: CANTALAMESSA, BUON LADRONE FECE APPROPRIAZIONE INDEBITA

Salvatore Izzo

(AGI) - CdV, 6 apr.

Per esortare cardinali e prelati della Curia Romana - oggi in veste di semplici penitenti - ad un serio esame di coscienza in vista della confessione pasquale, il predicatore della Casa Pontificia ha utilizzato oggi alcune immagini molto emblematiche, cominciando dal paragonare la salvezza ottenuta dal Buon Ladrone - che si e' pentito solo nell'ultimo momento utile, cioe' prima di morire crocifisso insieme a Cristo sul Calvario - con "l'appropriazione indebita".
"Una cosa comune purtroppo nella societa' in cui viviamo, ma con Gesu' - ha spiegato - essa non solo non e' vietata, ma e' sommamente raccomandata".
"Indebita - infatti - qui significa che non ci e' dovuta, che non l'abbiamo meritata noi, ma ci e' data gratuitamente, per fede". In merito a questo aspetto, il religioso cappuccino ha evocato poi un'altra immagine evangelica molto attuale, quella dei vagabondi ammessi alla mensa del Signore perche' gli invitati non si erano presentati. "A Roma - ha osservato - come purtroppo in ogni grande citta', ci sono tanti senza tetto.
Esiste un nome per essi in tutte le lingue: homeless, clochards, barboni: persone umane che non posseggono che i pochi stracci che portano addosso e qualche oggetto che si portano dietro in borse in plastica". "Immaginiamo - ha suggerito parlando in presenza del Papa ai curiali - che un giorno si diffonde questa voce: in Via Condotti (e tutti sanno cosa rappresenta a Roma Via Condotti) c'e' la proprietaria di una boutique di lusso che, per qualche sconosciuta ragione, di interesse o di generosita', invita tutti i barboni della Stazione Termini a venire nel suo negozio; li invita a deporre i loro stracci sudici, a farsi una bella doccia e poi scegliere il vestito che desiderano tra quelli esposti e portarselo via, cosi', gratuitamente".
Infine, padre Raniero ha paragonato il cammino di fede all'esperienza dei tifosi che "partecipano" alle vittorie sposrtive pur senza pagare il prezzo di sofferenza e fatica che costano agli atleti. "Alcuni Padri della Chiesa - ha ricordato - hanno racchiuso l'intero mistero della Redenzione nell'immagine di un'epica lotta nello stadio. Un valoroso ha affrontato il crudele tiranno che teneva schiava la citta' e, con immane fatica e sofferenza, lo ha vinto. Tu eri sugli spalti, non hai combattuto, non hai ne' faticato né riportato ferite. Ma se ammiri il valoroso, se ti rallegri con lui per la sua vittoria, se gli intrecci corone, provochi e scuoti per lui l’assemblea, se ti inchini con gioia al trionfatore, gli baci il capo e gli stringi la destra; insomma, se tanto deliri per lui, da considerare come tua la sua vittoria, io ti dico che tu avrai certamente parte al premio del vincitore".
"Ma - ha spiegato ancora il religioso accostando il sacrificio di Cristo all'impegno agonistico dello sportivo - c'e' di piu': supponi che il vincitore non abbia alcun bisogno per se' del premio che ha conquistato, ma desideri, piu' di ogni altra cosa, vedere onorato il suo fautore e consideri quale premio del suo combattimento l’incoronazione dell'amico, in tal caso quell'uomo non otterra' forse la corona, anche se non ha ne' faticato ne' riportato ferite?".
"Certo - che l'otterra'", ha concluso Cantalamessa, pronunciando infone le parole di san Giovanni Crisostomo: "le nostra spade non sono insanguinate, non siamo stati nell’agone, non abbiamo riportato ferite, la battaglia non l'abbiamo neppure vista, ed ecco che otteniamo la vittoria. Sua e' stata la lotta, nostra la corona. E poiche' siamo stati anche noi a vincere, imitiamo quello che fanno i soldati in questi casi: con voci di gioia esaltiamo la vittoria, intoniamo inni di lode al Signore".

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