domenica 8 aprile 2012

Benedizione "Urbi et Orbi". Il Papa: Cristo risorto spezza gli intrecci del male. Pace per Medio Oriente e Africa

Benedizione "Urbi et Orbi". Il Papa: Cristo risorto spezza gli intrecci del male. Pace per Medio Oriente e Africa

Con la sua Risurrezione, Gesù ha attraversato l’“intreccio mortale” di violenza, menzogna e invidia che esistono nel mondo per salvare l’uomo e donargli una nuova “speranza”. Lo ha affermato questa mattina Benedetto XVI in un passaggio del suo Messaggio Urbi et Orbi di Pasqua, pronunciato dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro e concluso con il consueto saluto di Pasqua in 65 lingue. In precedenza, il Pontefice aveva presieduto la Messa pasquale presieduta sul sagrato della Basilica davanti a circa 80 mila persone. La cronaca nel servizio di Alessandro De Carolis:

Gli angoli bui di un mondo e di un’epoca che, specie dal Medio Oriente all’Africa, festeggia la Pasqua contando le violenze e morti in dozzine di conflitti regionali vengono squarciati ancora oggi dalla luce di un’esclamazione di un’altra, straordinaria Pasqua: “Ho visto il Signore!”. Maria Maddalena annuncia “con il cuore in gola” agli Apostoli una Risurrezione tanto più meravigliosa quanto tragica e “insopportabile” era stata l’ora che l’aveva preceduta, quella che aveva visto “la Bontà in persona sottoposta alla cattiveria umana, la Verità derisa dalla menzogna, la Misericordia ingiuriata dalla vendetta”. Benedetto XVI apre con questa immagine e queste considerazioni il suo Messaggio pasquale Urbi et Orbi, ribadendo che chi incontra Cristo ha la vita divisa in un prima e un dopo:

“E’ un incontro che cambia la vita: l’incontro con un Uomo unico, che ci fa sperimentare tutta la bontà e la verità di Dio, che ci libera dal male non in modo superficiale, momentaneo, ma ce ne libera radicalmente, ci guarisce del tutto e ci restituisce la nostra dignità”.

In fondo, non sono solo questioni politiche, o gli odi razziali, o le mire economiche a creare quelle paludi nelle quali pace e stabilità finiscono per affogare a tutto vantaggio di chi fomenta il loro opposto. Il problema nasce dal cuore dell’uomo e Benedetto XVI lo dice chiaramente:

“La speranza, in questo mondo, non può non fare i conti con la durezza del male. Non è soltanto il muro della morte a ostacolarla, ma più ancora sono le punte acuminate dell’invidia e dell’orgoglio, della menzogna e della violenza. Gesù è passato attraverso questo intreccio mortale, per aprirci il passaggio verso il Regno della vita”.

Come da tradizione, Benedetto XVI parla dalla Loggia centrale della Basilica di San Pietro, al termine della Messa presieduta in precedenza sul sagrato. In circa ottantamila lo ascoltano dalla Piazza, ornata con la consueta maestria dai fioristi olandesi che quest’anno hanno creato nei pressi dell’altare un gioco di semicurve giallo-verdi, quasi a ottenere, con la grazia dei 42 mila fiori e piante utilizzati, un effetto di onde. Onde come quelle che portano lontano la voce del Pontefice fino a quelle terre, come il Medio Oriente dove – è il suo auspicio – “tutte le componenti etniche, culturali e religiose” della regione si impegnino a collaborare “per il bene comune ed il rispetto dei diritti umani”:

“In Siria, in particolare, cessi lo spargimento di sangue e si intraprenda senza indugio la via del rispetto, del dialogo e della riconciliazione, come è auspicato pure dalla comunità internazionale. I numerosi profughi, provenienti da quel Paese e bisognosi di assistenza umanitaria, trovino l’accoglienza e la solidarietà che possano alleviare le loro penose sofferenze”.

Benedetto XVI ha parole di sostegno anche per il popolo iracheno, che ha necessità di “stabilità e sviluppo”, e per israeliani e palestinesi perché, è la speranza, “riprendano con coraggio il processo di pace”. Poi lo sguardo si sposta all’Africa. La solidarietà del Papa va alle comunità cristiane del continente per poi estendersi alle popolazioni sofferenti del Corno d’Africa e dei Grandi Laghi, giù fino a lambire le tensioni tra Sudan e Sud Sudan, perché Gesù risorto doni “ai rispettivi abitanti la forza del perdono”:

“Al Mali, che attraversa un delicato momento politico, Cristo Glorioso conceda pace e stabilità. Alla Nigeria, che in questi ultimi tempi è stata teatro di sanguinosi attacchi terroristici, la gioia pasquale infonda le energie necessarie per riprendere a costruire una società pacifica e rispettosa della libertà religiosa dei suoi cittadini”.

E sulle “onde” dei fiori si diffondono gli attesi auguri finali di Pasqua di Benedetto XVI, pronunciati in 65 lingue e ritmati da scrosci di applausi. Dozzine si sfumature linguistiche per un invito identico per chiunque lo voglia ascoltare:

“Custodite nel cuore l’irradiazione di pace e di gioia proveniente dalla Risurrezione di Cristo che dà forza e significato ad ogni attesa ed ogni progetto di bene. Buona Pasqua a tutti!”.

Decine di migliaia, dunque, i fedeli di molte nazionalità accorsi questa mattina a San Pietro per partecipare alla Messa pasquale e ricevere la Benedizione Urbi et Orbi di Benedetto XVI. Al termine della celebrazione, Michele Raviart, ha ascoltato la loro testimonianza in questa giornata di festa, ricordando l’appello rivolto dal Papa alle famiglie durante il Venerdì Santo:

“Abbiamo sentito il bisogno di venire a sentire la messa qui, come è giusto che faccia un buon cristiano, perché la nostra fede comunque si basa sulla Passione, morte e Risurrezione di Cristo e quindi è stato doveroso. E’ una bella emozione essere qui. La speranza ce la può dare solo Cristo. Noi, come famiglia, possiamo metterci alla sua sequela, cercando di imitarlo in tutti i modi”.

“Le difficoltà della famiglia sono evidenti. Se si crede nella famiglia queste difficoltà si superano. La fede aiuta a superare tutto, se uno ci crede veramente”.

“Noi veniamo qui perché da genitori cerchiamo di trasmettere al nostra religione, la nostra fede, la nostra morale, alle nostre bambine. Assieme a mia moglie, cerchiamo di portare avanti tutti i giorni, quotidianamente, la nostra famiglia. E’ il nucleo, è da dove parte tutto e da dove si può risolvere tutto: io assolutamente credo nelle parole del Papa.

“Io dico che la famiglia è in crisi ed è in crisi proprio perché si è persa la fede. Bisogna ripartire dalla famiglia. Questo è il mio pensiero”.

“La fede ci aiuta a poter comprendere quelle cose che a volte sono talmente così al di sopra delle nostre capacità che almeno abbiamo la forza per superare quegli ostacoli. Anche quando non vediamo o non capiamo, la fede è quella spinta che ci permette di poter raggiungere certi obiettivi, anche se poi non li comprendiamo al momento”.

“Questa è una giornata bellissima, stupenda! Il Signore è risorto e noi risorgeremo con Lui”.

“E’ un momento difficile per tante ragioni e quindi se uno ha la possibilità di aggrapparsi anche alla fede, questo è un aiuto di speranza in più per un cambiamento. Forse, è un momento dove ci si ritrova più nei valori veri. Parte tutto dai valori della famiglia, che è la base della società. D’altronde, una solida famiglia sarà una solida società del domani. La fede è speranza, è una simbiosi: non si può non sperare se non si ha fede”.

“Io credo in Dio, nel Signore, nella Risurrezione. Io già che vedo il Papa sono felicissima. Per me la fede è bella!”

“Dentro ognuno di noi c’è Cristo, non è solo qualcosa che è stato 2000 anni fa, ma è presente sempre. Credere in Cristo cambia la vita. Un anno e mezzo fa l’ho incontrato e quando dice una vita migliore, una vita felice, una vita serena, quando credi nel suo messaggio, quando credi in quello che Lui ha insegnato, facendo il suo cammino, allora capisci che, sì, è vero.”

© Copyright Radio Vaticana

Nessun commento: