martedì 14 febbraio 2012

"Famiglia e parrocchia, lì è nata la mia vocazione": un commento al Messaggio di Benedetto XVI

"Famiglia e parrocchia, lì è nata la mia vocazione": un commento al Messaggio di Benedetto XVI

"Le vocazioni dono della Carità di Dio" è il tema della XLIX Giornata mondiale di preghiera per le vocazioni, che sarà celebrata il prossimo 29 aprile. Nel suo Messaggio, Benedetto XVI ha esortato a “riannunciare, specialmente alle nuove generazioni, la bellezza invitante” dell’amore divino. Il Papa ha tra l’altro sottolineato il ruolo ricoperto dalle Chiese locali e dalle famiglie, che possono aiutare “a scoprire la bellezza e l’importanza del sacerdozio e della vita consacrata”. Giada Aquilino ha raccolto la testimonianza del camerunense, padre Emile Martin Dibongue, sacerdote dal 2005, vicerettore del Pontificio Collegio Urbano di Propaganda Fide:

R. – Quella bellezza l’ho incontrata prima di tutto nella mia famiglia, che mi ha insegnato il rapporto con Cristo, la bellezza di essere con Cristo. La mia famiglia mi ha portato a ricevere i Sacramenti dell’iniziazione cristiana, soprattutto l’Eucaristia. E’ lì che ho fatto per la prima volta questa bellissima esperienza dell’incontro con Cristo. In seguito, quest’incontro si è rinnovato all’interno dei movimenti giovanili della parrocchia dove sono cresciuto, quelli della "Jeunesse étudiante chrétienne".

D. – Qual è stata la sua esperienza in famiglia ed in parrocchia?

R. – Mi ricordo che una volta ero nel mio villaggio a Badjob, in campagna, con mia mamma e il prete era venuto per la Messa domenicale. Lui arrivò il venerdì e facemmo la preparazione con le confessioni. La Domenica, però, non feci la Comunione. Mia madre mi chiese perché non avevo ricevuto questo Sacramento e il giorno seguente mi rimandò in parrocchia per partecipare alla Messa e fare la Comunione. Questo avvenimento mi fece capire l’importanza dell’incontro con Cristo nel Sacramento dell’Eucaristia. In parrocchia, poi, ricordo di aver fatto il chierichetto e, durante le celebrazioni della Messa, il prete ci ricordava sempre che specialmente l’Eucaristia è un Sacramento fondamentale, perché riassume tutta la vita di Dio e tutto il suo amore verso gli uomini.

D. – Il Papa ha ricordato che nell’apertura all’amore di Dio e come frutto di questo amore “nascono e crescono tutte le vocazioni”. Quando ha sentito nascere questa vocazione, come l’ha sentita crescere? Cosa l’ha spinta a diventare sacerdote?

R. – Attraverso quest’aspetto fondamentale dell’amore. Mi ripetevo e mi dicevo: “Cristo mi ha amato, ha dato tutto per me ed anch’io devo fare la stessa cosa, devo rispondere a quest’amore che mi è stato manifestato sulla Croce, offrendomi e dedicandomi agli altri”.

D. – L’amore verso Dio e l’amore verso il prossimo sono due "pilastri" della vocazione…

R. – Prima di tutto, ho cercato di essere un modello all’interno dell’ambiente in cui vivevo: in famiglia, nella parrocchia e poi a scuola, nella città di Eseka.

D. – Benedetto XVI ha sollecitato tutti coloro che sono impegnati nel campo dell’educazione delle nuove generazioni a porsi “in attento ascolto di quanti avvertono il manifestarsi” di una chiamata al sacerdozio o ad una speciale consacrazione. Lei è un formatore: come riesce a cogliere questi segnali?

R. - Qui al Collegio Urbano, chi arriva ha già alle spalle un certo cammino di discernimento. E’ vero che quel cammino non si conclude mai: il criterio fondamentale, quello più importante, è proprio la risposta all’amore di Dio. Noi osserviamo come i seminaristi si relazionano, come mettono in pratica e come rispondono alle annotazioni che facciamo: se colgono, insomma, nella nostra presenza, un aiuto per scoprire l’esperienza cristiana dell’amore di Dio che si dona.

D. – In una società secolarizzata come quella contemporanea, in cui spesso si parla di un calo di vocazioni, qual è il suo auspicio per le vocazioni future?

R. – Il mio augurio è dare noi per primi – in quanto operatori pastorali, sacerdoti, formatori, religiosi e religiose – una testimonianza che aiuti i giovani a capire la bellezza di quello che abbiamo scelto. Se l’esperienza del nostro incontro con Cristo è veramente autentica, allora coinvolgerà certamente i giovani e li aiuterà a capire che è davvero molto bello dedicare la propria vita a Cristo. Se una persona, con la propria vita, riesce a dimostrare di aver seguito la strada migliore, di conseguenza può convincere gli altri a seguire quella stessa strada. (vv)

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