domenica 19 febbraio 2012

Don Georg, l’eminenza grigia che protegge Benedetto XVI. Il segretario del Papa sempre più mediatore tra i poteri vaticani (Galeazzi)

Don Georg, l’eminenza grigia che protegge Benedetto XVI

Il segretario del Papa sempre più mediatore tra i poteri vaticani

GIACOMO GALEAZZI

CITTÀ DEL VATICANO

Vocazione adulta Carriera folgorante Ha 56 anni ed è il segretario particolare di Joseph Ratzinger da dieci anni. Figlio di un fabbro della Foresta Nera, grande fan dei Pink Floyd, si è laureato in diritto canonico
Sin dal momento dell’elezione di Joseph Ratzinger persino il sito di Avvenire, il quotidiano della Cei, nel descrivere il suo segretario particolare ne metteva in evidenza più che altro l’aspetto aitante: «Biondo, sul metro e 80, fisico sportivo e decisamente un bell’uomo». A lungo è stato solo il sacerdote in talare nera che teneva l’agenda di Benedetto XVI. Più di un maggiordomo, meno di uno «spin doctor». Da quando in Vaticano è scoppiata la «guerra di dossier» tra la vecchia guardia vicina al decano Angelo Sodano e l’attuale dirigenza legata al Segretario di Stato, Tarcisio Bertone, la musica è cambiata.
Don Georg Gaenswein è divenuto, come il suo predecessore don Stanislao Dziwisz nell’ultima parte del pontificato wojtyliano, il baricentro e il mediatore degli equilibri di una Curia in cui, tra veline e veleni, volano corvi e scavano talpe. Cinquantenne atletico, fascino brizzolato alla Hugh Grant, figlio di un fabbro della Foresta Nera, vocazione adulta, ex postino e fan dei Pink Floyd. Litigava in famiglia per il taglio dei capelli, poi la passione per la borsa, infine l’amore definitivo: la teologia. Si è laureato in diritto canonico a Monaco ed è approdato in Vaticano alla Congregazione per il culto divino, per passare l’anno successivo a quella per la Dottrina della Fede. Da un decennio, dedizione totale a Joseph Ratzinger. Il segretario papale non è più solo l’«angelo custode» dell’appartamento pontificio ma il «dominus» di quei Sacri Palazzi che appena arrivato descriveva ai mass media tedeschi con un misto di timore e distanza: «Il Vaticano è anche una corte e ci sono chiacchiere e pettegolezzi da corte. Ma ci sono anche frecce che vengono scagliate in maniera consapevole e mirata. All’inizio ho dovuto imparare a conviverci». Poi una confidenza che suona quasi come in una profezia nell’atmosfera resa incandescente negli ultimi giorni dalle lettere riservate dell’ex numero due del Governatorato, Viganò (con le accuse di corruzione mosse alla Segreteria di Stato), dall’appunto confidenziale sullo Ior e dal memorandum su un presunto attentato ai danni del Pontefice: «Un punto debole sono sicuramente le indiscrezioni. Purtroppo ci sono sempre fughe di notizie sulle nomine, sull’elaborazione di documenti o sulle misure disciplinari. Non è solo spiacevole, c’è anche il pericolo che venga esercitata un’influenza dall’esterno che porta con sé irritazioni». Di casa alla Santa Croce, l’ateneo dell’Opus Dei, da principio apparve l’antitesi dell’influentissimo Dziwisz, oggi cardinale di Cracovia.
Sulle mille decisioni di governo ordinario della Chiesa che Giovanni Paolo II trascurava, il suo braccio destro aveva voce in capitolo. Wojtyla regnava, lui governava. A tavola e nei colloqui non mancava mai. Al contrario, appena salito Ratzinger al Soglio di Pietro, don George, quasi timido, compariva e pesava di meno. Il Papa tedesco parlava sempre a quattr’occhi con qualunque interlocutore. Adesso, invece, don George è dietro a molte decisioni, smussa gli angoli. Un anticipo del «battesimo del fuoco» da «governante ombra» è arrivato tra anni fa con il caso Boffo: sua, dietro le quinte, la pacificazione quando lo scontro nel Sacro Collegio contrappose Bertone e Ruini. Si avvicina sempre più al «modello» Stanislao, l’uomo più influente del Vaticano per la sua vicinanza al Pontefice. Allo scrittore suo connazionale, Peter Seewald confida nel 2007 di «ricevere talvolta lettere d’amore» e di aver sperimentato l’«invidia clericale». Quindi descrive il passaggio di testimone: «Non esiste una scuola di “etichetta papale”. Ho solo avuto un colloquio a quattr’occhi con il mio predecessore». È stato circa due settimane dopo l’elezione e l’ingresso nell’appartamento. «Don Stanislao mi ha messo in mano una busta in cui c’erano alcune carte e la chiave di una cassaforte, una cassaforte molto vecchia fabbricata in Germania; poi mi ha detto solo: tu adesso hai un compito molto importante e molto bello, ma molto molto difficile. L’unica cosa che ti posso dire è che il Papa non deve essere schiacciato da niente e da nessuno, come fare lo devi capire da solo». Top secret il contenuto della busta: «Sono cose che si tramandano da un segretario del Papa ad un altro». Discrezione utile nella Curia indocile. Stanislao docet.

© Copyright La Stampa, 19 febbraio 2012

2 commenti:

Elio ha detto...

Se è don Georg a proteggere il Papa siam messi bene...
Povera la mia Chiesa come sei ridotta...Mi chiedo quale demone abbia scatenato Giovanni XXIII e Paolo VI a provocare tutto questo sconquasso.
Loro e solo loro ci hanno portato a questo.
La gloriosa Chiesa cattolica rispettata persino da Bismarck e Napoleone!

Anonimo ha detto...

'Sti vaticanisti sembrano fatti con lo stampino. Adesso è il momento dell'esaltazione di don Georg. Il Papa non mi sembra affatto persona influenzabile, certamente ascolterè le varie campane, ma penso che a decidere sia lui e ragion veduta. Comunque, un buon "mediatore" è sempre utile, basta eviti di uniformarsi agli "insegnamenti" di don Stanislao.
Alessia