domenica 5 febbraio 2012

«Ci vuole un Papa missionario» disse Ratti a Roncalli (Guasco). Tra Milano e Roma (Ravasi)

Su segnalazione di Laura leggiamo:

A Desio un convegno per celebrare i novant’anni dall’elezione di Pio XI

«Ci vuole un Papa missionario» disse Ratti a Roncalli

Alberto Guasco

A novant’anni di distanza dalla sua elezione al soglio di Pietro, molto lavoro storiografico è stato compiuto sulla figura di Achille Ratti. Quel lavoro, di maggiore o minor valore, ha conosciuto tempi differenti e differenti intensità. Nell’orgia di trionfalismo seguita, nel 1929, alla stipula dei Patti del Laterano, a leggere bene la stampa del tempo molti temi peculiari del pontificato rattiano venivano già chiaramente delineati.
Il 6 giugno 1929, ad esempio, la rivista «Gioventù Italica» dedicava ad Achille Ratti un fascicolo omaggio che presentava il Pontefice come il Papa dell’Azione cattolica, dei giovani, dei Patti del Laterano, degli studi, dell’unità delle Chiese, dell’Oriente, del pensiero sociale, delle missioni, delle encicliche.
Dieci anni dopo, all’indomani della morte del Pontefice, con l’agilità del giornalista e lo spessore dello storico, Luigi Salvatorelli riprendeva quelle costole d’indagine nel volume Pio XI e la sua eredità pontificale (Torino, Einaudi, 1939). Lo stesso — certo con un differente respiro ecclesiale — fece il nunzio Roncalli, nell’omelia funebre pronunciata in memoria di Papa Ratti il 19 febbraio 1939 nella basilica del Santo Spirito a Istanbul, ricordando il Pontefice defunto con quattro attributi: il signum sanctitatis (il fervore religioso di Ratti); la gloria honoris, ovvero la ricerca della libertà della Chiesa a livello giuridico (i concordati), magisteriale (la cultura e le encicliche) e apostolico (Azione Cattolica e attività missionaria); l’opus virtutis: (la fede di Ratti); e infine l’ammirazione del mondo (nel rapporto con le folle).
A vent’anni dalla morte di Pio XI molti, se non tutti, di questi temi ritornano nei discorsi pubblici in cui, tra il 1958 e il 1963, Giovanni XXIII fa riferimento al proprio predecessore, anche se in tono diverso rispetto ai canoni del tempo. Diverso, va da sé, dai canoni dell’anticlericalismo che segnano Il manganello e l’aspersorio, pamphlet polemico firmato nel 1957 da Ernesto Rossi, che — spiace dirlo di un uomo di levatura intellettuale e morale — fa torto all’intelligenza del suo autore.
Chi è dunque il Ratti del Roncalli Papa? Ratti è in primo luogo l’uomo di cultura, il dottore e il prefetto dell’Ambrosiana conosciuto dal chierico Angelo Roncalli fin da giovane sacerdote, quando «si trovava assai spesso con D. Achille Ratti all’Ambrosiana, per studi e ricerche d’archivio»; è l’erudito al quale don Roncalli — che lo ricorderà in due discorsi del 1960 e del 1961 — inviò i propri lavori, La Misericordia Maggiore di Bergamo e le altre istituzioni e Atti della Visita Apostolica di San Carlo.
Ratti è poi il Papa dell’azione religiosa, anzi dell’Azione cattolica: Roncalli lo chiama «il Patriarca» e «il restauratore» dell’Ac, alludendo naturalmente alla riforma associativa del 1923 e rievocando più volte nei propri discorsi il suo ruolo di «precorritore delle rinnovate esigenze dei tempi», il suo impegno «per la cristiana formazione della gioventù» e la sua concezione di Azione cattolica quale «cooperazione dei laici all’apostolato gerarchico», secondo un’impostazione «missionaria» e «apostolica».
Conseguenza diretta, per Roncalli Ratti è il Papa delle missioni. Dopo la già citata omelia funebre del 1939, per almeno altre tre volte nei suoi discorsi ufficiali Giovanni XXIII riporta la confidenza fattagli da Ratti alla vigilia del conclave 1922: della necessità di un Papa missionario — così in un discorso del 3 aprile 1960 «ebbe modo di parlarne al Cardinale Ratti alla vigilia del Conclave, (...) auspicando un Papa particolarmente dedito alle moltiplicate iniziative per diffondere il Vangelo in tutte le latitudini».
Il 23 maggio 1961 ribadì che «mentre lo accompagnava dalla residenza romana al Conclave avevano convenuto circa la necessità di pregare perché il Signore desse alla Chiesa un Papa missionario come lo esigevano i tempi. Il Cardinale Ratti diceva che era impossibile che un Papa non fosse sollecito particolarmente per le missioni e le opere di pace (...) E Pio XI si dedicò alle Missioni immediatamente e con fervido entusiasmo; cosa straordinaria per molti che vedevano in lui il bibliotecario, dedito alle vecchie carte». E nuovamente accennò a tale particolare il 25 novembre 1962.

(©L'Osservatore Romano 5 febbraio 2012)

Tra Milano e Roma

Gianfranco Ravasi

«Pio XI e il suo tempo» è il titolo del convegno che il 4 febbraio apre a Desio le celebrazioni per il novantesimo anniversario dell’elezione di Papa Ratti. Il programma prevede anche, sabato 11 febbraio, l’apertura della mostra «Schegge del Pontificato di Pio XI» che sarà inaugurata dal cardinale Tarcisio Bertone, segretario di Stato, e, in serata, un concerto nella basilica dei Santi Siro e Materno. Il giorno successivo, domenica 12, oltre all’apertura di uno sportello postale della sede di Desio con annullo speciale emesso per l’occasione, il cardinale Bertone presiederà un solenne pontificale in basilica. Qui pubblichiamo quasi integralmente il saluto inviato dal cardinale presidente del Pontificio Consiglio della Cultura e, a destra, stralci di una delle relazioni del convegno.

La Brianza — sempre amata non solo perché suo suolo natio ma anche per la vitalità della gente, per la capacità di godere del lavoro e di mettercela sempre tutta in ogni circostanza, come ha lasciato scritto il cardinale Confalonieri, a lungo segretario particolare di Papa Pio XI — è terra testimone dei primi passi di Achille Ratti verso il sacerdozio e nella formazione culturale, che culminarono con l’ordinazione sacerdotale, a Roma nel 1879, e quindi la laurea in teologia alla Sapienza nel 1882, in Diritto canonico all’Università Gregoriana e in Filosofia presso l’Accademia San Tommaso.
Vorrei, allora, adottare la forma del dittico per offrire qualche pennellata sulla figura di Achille Ratti a partire dalle due città, Milano e Roma, che lo hanno visto, nella prima, giungere fino alla carica di arcivescovo e, nella seconda, addirittura al soglio di Pietro.
Prima tavola del dittico è segnata dalla presenza di Achille Ratti a Milano. Per ragioni che a voi non sfuggono, mi è caro evocare, tra le sue tante attività, l’impegno nella Biblioteca Ambrosiana, prima come dottore, dando prova di ricercatore fine e determinato, cimentandosi in studi intensi e propriamente scientifici — oltre settanta scritti, dalle ricerche di storia dell’arte e della letteratura alla Guida della Biblioteca Ambrosiana — e poi come prefetto dall’8 marzo 1907 al 26 settembre 1914.
Da tutti i suoi scritti emerge l’ottima conoscenza delle lingue e della paleografia, una vastissima cultura storica e filosofica, la sua notevole erudizione sempre valorizzata in ampia prospettiva storiografica e orientata a produrre sintesi essenziali e puntuali, che lo portavano a considerare la storia come una entità complessa, difficilmente riconducibile a giudizi emotivi e apocalittici.
Inoltre, sono di questo periodo i numerosi riconoscimenti di paleografi e bibliotecari non ecclesiastici che mettono in luce l’esemplarità del suo lavoro di custode e anima dell’Ambrosiana, mansione che lo portò a visitare le più importanti raccolte europee. Come è noto, del capoluogo lombardo fu anche arcivescovo, dall’8 settembre 1921 fino al conclave del 2 febbraio 1922, periodo che, seppur breve (Raptim transit recitava, quasi profetico, il suo motto episcopale), gli consentì di partecipare alla solenne inaugurazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore.
La seconda tavola del mio dittico ideale è dominata dalla presenza a Roma. Ritornò nell’Urbe, dopo la permanenza durante il periodo degli studi, per decisione papale, nel novembre 1911, come vice prefetto della Biblioteca Apostolica Vaticana, con diritto di succedere al bavarese padre Francesco Ehrle che si ritirerà il 1° settembre 1914.
A partire da quella data, monsignor Ratti, divenuto nel frattempo anche socio ordinario dell’Accademia Romana di Archeologia e aggregato al capitolo canonicale di San Pietro, si impegnò a sviluppare e a modernizzare la Biblioteca e le annesse raccolte sulle linee tracciate dal predecessore, cercando, invano, di ottenere l’antica Biblioteca Chigiana.
Il 6 febbraio 1922, al quattordicesimo scrutinio, viene eletto Papa con il nome di Pio XI, lasciando definitivamente la diocesi di Milano. Così, l’antico bibliotecario dell’Ambrosiana e della Vaticana si troverà ad affrontare uno dei periodi più complessi e tormentati del secolo scorso: un difficile dopoguerra, quattro dittatori, la grande crisi finanziaria del 1929, le guerre coloniali, la situazione del Messico, il conflitto in terra di Spagna, le leggi razziali tedesche e italiane, i prodromi inquietanti del secondo conflitto mondiale.
Tra le tante iniziative messe in atto da Pio XI, durante i 17 anni di guida della Chiesa universale, per il particolare compito che il Santo Padre mi ha affidato, non posso non ricordare che s’impegnò molto in favore dell’integrazione con le culture locali invece dell’imposizione di una cultura occidentale; trasferì la sede della Specola Vaticana a Castelgandolfo nel 1935 e fondò, nel 1936 con il motu proprio Multis solaciis, la Pontificia Accademia delle Scienze con sede presso la Casina Pio iv nei giardini vaticani; avviò la Radio Vaticana e istituì la Pontificia Facoltà teologica della Sardegna, a Cuglieri, con la costituzione apostolica Nostrarum partem del 5 agosto 1927, prima facoltà teologica italiana extra urbem.
Emerge, dunque, la sollecitudine pastorale di Papa Ratti che si coniuga efficacemente con una propensione culturale e un’indiscussa attenzione verso la modernità. Emblematica in tal senso appare l’enciclica “Rerum Ecclesiae” (1926), che manifesta attenzione verso i mutamenti sociali, orientando la sua opera, sul piano internazionale, alla promozione del clero e degli episcopati indigeni in terris missionum, con un rinnovato impulso alle missioni e al radicamento cattolico al di fuori dell’Europa, in particolare verso la Russia e l’Oriente cristiano, grazie a un’audace Ostpolitik ante litteram.
Auspico, perciò, che questi appuntamenti di studio e di approfondimento, supportati da una considerevole documentazione disponibile dotata di grande valore storiografico, contribuiscano ad aprire numerosi altri cantieri di ricerca che aiuteranno a ricostruire ulteriormente il vero volto di Papa Ratti, pastore della Chiesa e uomo di raffinata sensibilità culturale.

(©L'Osservatore Romano 5 febbraio 2012)

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