martedì 14 febbraio 2012

Archiviazione del "caso" Murphy. La conclusione di un'amara vicenda non ha avuto la stessa risonanza del suo inizio

La conclusione di un'amara vicenda non ha avuto la stessa risonanza del suo inizio

È passata quasi sotto silenzio, infatti, la notizia dell'archiviazione del processo intentato negli Stati Uniti contro il Papa Benedetto XVI e la Santa Sede, coinvolti nel caso degli abusi di cui fu accusato padre Lawrence Murphy.

Venerdì scorso l'avvocato Jeff Anderson ha depositato presso la Corte distrettuale del Wisconsin una notifica di archiviazione relativa all'azione legale denominata «John Doe 16 v. Holy See». Si tratta del caso di un ragazzo disabile abusato dal sacerdote in una scuola per bambini sordomuti di Milwaukee.
Nell'istituto numerosi altri ragazzi subirono abusi da parte dallo stesso prete. Secondo le leggi statunitensi, la presentazione di tale notifica comporta l'archiviazione immediata della causa, senza che sia necessaria una sentenza in merito emanata dalla Corte. A dare l'annuncio dell'archiviazione è stato l'avvocato della Santa Sede Jeffrey Lena attraverso il sito della Radio Vaticana. La denuncia, oltre a Benedetto XVI, tirava in ballo anche il segretario di Stato card. Tarcisio Bertone e il decano del Sacro Collegio card. Angelo Sodano. La richiesta di archiviazione di fatto rappresenta un escamotage da parte dei denuncianti «al fine di evitare - spiega l'avv. Lena - l'obbligo di presentare alla Corte la risposta dovuta alle difese sollevate dalla S. Sede per chiedere l'archiviazione del caso». In altre parole, una sorta di remissione di querela una volta capito la piega che stava prendendo il procedimento, avviato ad una sentenza favorevole al Vaticano che avrebbe fatto giurisprudenza.
In ogni caso, secondo l'avv. Lena, ha trionfato la verità: «Una causa come questa, intentata contro la Santa Sede e tenuta insieme solo da una rete mendace di accuse infondate di complotti internazionali, in verità non è altro che una strumentalizzazione del sistema giudiziario ed uno spreco di risorse. A dispetto di quanto viene falsamente affermato in merito alla Chiesa Cattolica, la Santa Sede non è responsabile della supervisione degli oltre 400.000 sacerdoti sparsi per il mondo. Quando hanno intentato la causa, gli avvocati della controparte sapevano benissimo che la vigilanza di tutti i sacerdoti spetta ai rispettivi vescovi o superiori religiosi, e non alla Santa Sede. È proprio questa consapevolezza che ha reso abusivo il loro uso del sistema giudiziario». Il caso era scoppiato con una enorme risonanza internazionale, come ricorda lo stesso Lena. Il 22 aprile 2010 l'avvocato Anderson «ha orchestrato per la stampa un evento dai toni drammatici e ricco di "colpi di scena", che mirava a provocare nei mass media un'attenzione smodata e frenetica per la questione. In quel momento di frenesia giornalistica, l'avvocato della parte attrice ha annunciato enfaticamente di essere in possesso di informazioni che avrebbero dimostrato l'esistenza di un'"azione congiunta a livello mondiale" collegata ad abusi sessuali e diretta dalla Santa Sede. Su una teoria tanto datata quanto smentita, è stata creata appositamente per i mass media una sequenza di eventi che ha trasformato un fatto gravissimo – la violenza sessuale perpetrata ai danni di un minore – in uno strumento di affermazioni mendaci circa presunte responsabilità della Santa Sede».
I legali del ragazzo vittima di abusi fecero riferimento ad un documento del 1922, il «Crimen sollicitationis», per addurre la fantasiosa teoria di uno strumento «giuridico-canonico con il quale la Santa Sede avrebbe tenuto sotto silenzio tutti i casi del genere e "ordinato" all'intera gerarchia ecclesiastica di nascondere questi fatti come pure di non denunciarli alle autorità civili». In realtà, ricorda l'avv. Lena, «è stato il diritto canonico e non quello civile a istituire per primo l'obbligo di denuncia» proprio con il «Crimen», che inoltre trattava solo di obblighi canonici e non proibiva la denuncia di abusi sessuali alle autorità civili. «Quello che non dobbiamo dimenticare – conclude Lena – è il fatto che molti anni fa "John Doe 16", un ragazzo solo e afflitto da disabilità, è stato oggetto di terribili abusi. Come Papa Benedetto XVI ha ripetutamente affermato, ogni abuso – sia esso perpetrato in istituzioni pubbliche o private, da qualunque persona, di qualunque credo o affiliazione religiosa – è un peccato e un crimine». Padre Murphy fu cappellano alla «St John's School» per bambini sordomuti dal 1950 al 1974 e avrebbe abusato di centinaia di ragazzi. Fu poi trasferito da Milwaukee alla diocesi di Superior, dove rimase sostanzialmente ritirato senza ulteriori accuse di abusi. Solo nel 1996, pochi mesi prima della sua morte, l'arcivescovo di Milwaukee investì del caso la Congregazione della Dottrina della Fede, all'epoca retta dal card. Ratzinger.

© Copyright Il Tempo, 14 febbraio 2012 consultabile online anche qui.

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